amaro petrolio

dal blog di Vito L’Erario: 

AMARO PETROLIO

Schulumberger SpA, è la società che dal 1999 bucherella la Val d’Agri per conto dell’ENI. Registrata nelle Antille Olandesi, viene definita dal Boston Globe una sorta di camaleonte in affari e in “silenzio” con tutti, in particolar modo con l’Iran dove vi esporta materiali proibiti, contravvenendo in questo modo alle leggi che regolano l’export. Utilizza trivelle radioattive: l’americio 241; il litio e il berillio (altamenete tossico e cangerogeno), anche in Val d’Agri, luogo in cui niente e nessuno limita “perforazioni radioattive”.
Le perforazioni dei pozzi in Val d’Agri ha comportato e comporta tutt’oggi la produzione di fanghi e fluidi perforanti da composizione chimica segreta, fanghi di natura tossica (mercurio, cadmio e bario), difficili e costosi da smaltire. Perforazioni atomiche che creano esplosioni (blasting), danni all’edilizia, microterremoti e dissesti dei suoli.

In un articolo-dossier di Fabio Amendolara del Il Quotidiano della Basilicata datato al 18 luglio 2008, emergono fatti inquietanti in merito a un traffico illecito di fanghi industriali stoccati presso la ex Liquichimica di Tito Scalo. L’articolo, documenta fatti di cui la stessa Procura di Potenza si è occupata, in particolar modo sulla pericolosità dell’area oggetto di questo traffico di rifiuti industriali. Tra le righe si legge che un carabiniere del NOE (Nucleo Operativo Ecologico) sia stato colto da un malore dopo il rivenimento di fosfongesso che, come un telo ricopre ancor oggi fanghi di origine industriale.

Antonio Pace scrive su La Gazzetta di Basilicata del 4 gennaio 2009 che in merito al “Progetto Frusci” dell’ENI – che prevede ricerca di petrolio in una area di 272 kmq e che interessa 10 comuni (Potenza, Avigliano, Bella, Pignola, Baragiano, San Fele, Atella, Pietragalla, Filiano e Ruoti) – “bene le royalty, ma prima l’ambiente” facendo emergere un parere artefatto dei cittadini. I cittadini che hanno espresso il loro parere sono quattro: Giovanni Samela, presidente dell’associazione 100 comuni, G. C. della frazione Frusci, M. C. di Stagliuozzo, e la signora D. F. di Avigliano. Per Pace, de La Gazzetta del Mezzogiorno, le comunità si sono gia espresse in maniera possibilista mentre il Sindaco di Avigliano, Domenico Tripaldi, continua il suo silenzio-assenso senza che convochi un consiglio comunale aperto in via straordinaria.

Petrolio in Basilicata, Disastri umani e ambientali. Era il titolo del convegno organizzato dal Comitato No Oil Lucania a Villa d’Agri (Pz) con la presenza della Prof.ssa Maria Rita D’Orsogna, California State University at Northridge Los Angeles, CA (USA).
Una ventata di informazioni importanti di cui ne facciamo tesoro, noi lucani popolo polvere, dicono sempre quelli dell’ENI. Loro continuano ad estrarre, a richiedere permessi come quello di “Frusci” governato dal Sindaco petroliere Tripaldi. Nel frattempo in Val d’Agri le estrazioni continuano il loro corso, con il trasporto, con gli oleodotti corrosi dallo zolfo (vita media delle tubature progettata per durare 100 anni, se esposto all’H2S: 10 anni!), con le perdite, logorii, sigillature imperfette. Emissioni e esplosioni, pardon, sfiammate come quelle del Centro Oli di Viggiano e dei pozzi che continuano ad emettere composti organici volatili, IPA, Benzene, Taluene, Xylene, H2S, SO2, Ethylbenzene, PM e CO2, scoppi accidentali.
Nel 1994 a Trecate (Novara), per tre lunghi giorni vi furono eruzioni initerrotte: 100 Kmq di terreni agricoli risultarono impraticabili, è uno degli incidenti più gravi accaduti nel nostro stivale puzzolente di uova marce.
Uova di colombo, di gallina o di struzzo come pensa di fare il Sindaco di Avigliano mettendo la testa sotto la sabbia. Pane e petrolio amaro, Sindaco, un petrolio di bassa qualità dove forse nemmeno la benzina si riesce a ricavare. Un petrolio melmoso, viscoso, non fluido, heavy, soure crude (pesante, amaro), corrosivo, difficile da trasportare, danneggia oleodotti, quelli che ENI intenderà realizzare per veicolare l’amaro petrolio da Frusci al Centro Oli? Puo darsi. Un petrolio ricco di zolfo del diavolo, da raffinare: eliminarlo, trasformare l’H2S in zolfo puro: Process Claus. Ma non tutto l’H2S viene eliminato: il processo Claus elimina solo il 95-97 % dell’H2S, il resto viene immesso in aria da un inceneritore a fiammella costante, da dove “vomitano” settanta inquinanti tra cui: benzene, formaldehyde, polyciclic aromatics hydrocarbons, (PAHs, incluso naphthelene), acentaldehyde, propylene, toluene, xylene, ethyl benzene e hexane. L’idrogeno solforato è impossibile da smaltire totalmente, mentre si rilasciano ancora brevetti per innalzare la soglia di recupero dell’H2S.

L’idrogeno solforato, o H2S, un gas incolore, facilmente infiammabile con una tossicità paragonabile al cianuro. Impedisce all’ossigeno di arrivare alle cellule, puzza di uova marce, quelle che stendono gli estinti mammut. E’ un forte inquinante mai monitorato in Val d’Agri e se monitorato i dati sono in qualche archivio segreto dell’ENI.
I cittadini lucani, e di Avigliano, dovrebbero sapere che l’H2S viene metabolizzato dal corpo umano, nel fegato e nel sangue, quello succhiato dagli spolpatori. Esposizioni prolungate nel tempo provocano problemi alla respirazione, all’epidermide, alla vista, al sitema nervoso. A lungo andare i danni diventano permanenti. Sono maggiormente esposti: persone con problemi asmatici, gli anziani, le donne incinte (l’H2S nell’atmosfera innalza i rischi di aborti spontanei), i bambini (respirano maggiori volumi di aria e più in fretta rispetto a noi adulti, hanno un fisico più vulnerabile, sono più sensibili ai danni, subiscono problemi di apprendimento e riducono lo svilluppo intellettivo).
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda limiti di 0,005 ppm (parti per milioni) di H2S; negli USA il governo federale consiglia 0,001 pppm (ciascuno stato decide per se), nel Massachussets i limiti sono 0,0006 ppm, mentre in Oklahoma 0,2 ppm.
In Italia, il paese di pulcinella, il D.M. 12 luglio 1990 inerente le linee guida per il contenimento delle emissioni degli inquinanti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione, fissa per l’industria non petrolifera 5 ppm, per l’industria petrolifera 30 ppm. Incredibile ma vero!
Nel nostro Pease, sempre di pulcinella, il rilascio di H2S è 6000 volte in più di cio che raccomanda l’OMS. Tutto questo è semplicemente legalizzato mentre la molecola della vita, il DNA si ritrova con coppie sbagliate, riceve segnali sbagliati alle sue cellule, giungono agenti genotossici, le cellule diventano cancerogene, nascono i tumori. La gente si ammala di cancro.
Secondo il rapporto annuale 2008 AIRTUM, nell’UE si sono avuti 140 casi per milione di tumuri infantili, in Italia 270 casi per milione.
“Queste osservazioni mettono in evidenza il possibile ruolo dell’idrogeno solforato come insulto ambientale che, data una predisposizione genetica, può causare l’instabilità del genoma o mutazioni caratteristiche del cancro colorettale”. Scrive la Prof.ssa D’Orsogna.

Se l’uomo è parte integrate della diversità biologica, anche gli animali e i vegetali lo sono.
– Fughe di H2S, provacano danni agli animali, al bestiame. Sempre a Trecate1994, vi furono gravi perdite di bestiame.
– I pesci e i crostacei, anch’essi se sottoposti al pericoloso inquinante, muoiono per bioaccumulo (morte in massa). L’H2S e l’SO2 entrano nel ciclo vegetativo attraverso processi di fotosintesi: matabolizzati e fissati.
– Le falde acquifere vengono contaminate da solfiti dai pozzi, dal greggio, dalle acque o gas di risulta, dalle tubature dai pozzi dismessi convertiti a discarica. Nel Mingo Coustrt, USA, esce acqua giallastra dai rubinetti dal sapore di zolfo (15 ppm).
Inoltre l’H2S dopo 3/40 giorni (a seconda delle condizioni climatiche) diventa SO2, quindi si verificano piogge acide.

Negli Stati Uniti vige il divieto assuluto di trivellare parchi, grandi laghi, a 160 Km dalle coste, sull’85% del territorio. In Norvegia a 50 Km dalla costa.
In Basilicata circa il 70% del territorio è interessato da permessi estrattivi, comprese aree protette (vedi Parco della Val d’Agri) e non contenti quelli dell’ENI fanno anche calendari sulle “mani del lavoro lucano” e ci chiamano “comunità in polvere”.

Voglio chiudere questo post lungo, a pillole, dal sapor sarcarcastico, con una citazione estrapolata dalle slide della Prof.ssa Maria Rita D’Orsogna.

“Puoi pensare che le tue azioni siano insignificanti ed inutili, ma questa non è una scusa valida: devi impegnarti lo stesso”.
Mahatma Gandhi

Vito L’Erario

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palestina

La vostra indifferenza

di Mustafa Barghouti*


Quanti altri morti, per sentirvi cittadini di Gaza?

Ramallah, 27 dicembre 2008

E leggerò domani, sui vostri giornali, che a Gaza è finita la tregua. Non era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento falciato dalla fame e dalla sete. E da cosa dipende la differenza tra la pace e la guerra? Dalla ragioneria dei morti? E i bambini consumati dalla malnutrizione, a quale conto si addebitano? Muore di guerra o di pace, chi muore perché manca l’elettricità in sala operatoria? Si chiama pace quando mancano i missili – ma come si chiama, quando manca tutto il resto?

E leggerò sui vostri giornali, domani, che tutto questo è solo un attacco preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa. La quarta potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi di latta, e cartapesta e disperazione. E mi sarà precisato naturalmente, che no, questo non è un attacco contro i civili – e d’altra parte, ma come potrebbe mai esserlo, se tre uomini che chiacchierano di Palestina, qui all’angolo della strada, sono per le leggi israeliane un nucleo di resistenza, e dunque un gruppo illegale, una forza combattente? – se nei documenti ufficiali siamo marchiati come entità nemica, e senza più il minimo argine etico, il cancro di Israele? Se l’obiettivo è sradicare Hamas – tutto questo rafforza Hamas.
Arrivate a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia, a bordo dei caccia tornate poi a strangolare l’esercizio della democrazia – ma quale altra opzione rimane? Non lasciate che vi esploda addosso improvvisa. Non è il fondamentalismo, a essere bombardato in questo momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello che a questa ferocia indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidità di ragionare il coraggio di disertare – non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l’altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra la complicità di Fatah e la miopia di Hamas. Stava per assassinarmi per autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa – la racconteranno così, un giorno i sopravvissuti.

E leggerò sui vostri giornali, domani, che è impossibile qualsiasi processo di pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui parlare. E effettivamente – e ma come potrebbero mai averlo, trincerati dietro otto metri di cemento di Muro? E soprattutto – perché mai dovrebbero averlo, se la Road Map è solo l’ennesima arma di distrazione di massa per l’opinione pubblica internazionale? Quattro pagine in cui a noi per esempio, si chiede di fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si dice, Israele non intraprenderà alcuna azione che possa minare la fiducia tra le parti, come – testuale – gli attacchi contro i civili.
Assassinare civili non mina la fiducia, mina il diritto, è un crimine di guerra non una questione di cortesia. E se Annapolis è un processo di pace, mentre l’unica mappa che procede sono qui intanto le terre confiscate, gli ulivi spianati le case demolite, gli insediamenti allargati – perché allora non è processo di pace la proposta saudita? La fine dell’occupazione, in cambio del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere se non altro un segno di reazione? Qualcuno, lì, per caso ascolta, dall’altro lato del Muro?

Ma sto qui a raccontarvi vento. Perché leggerò solo un rigo domani, sui vostri giornali e solo domani, poi leggerò solo, ancora, l’indifferenza. Ed è solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano la mia solitudine, verso centinaia di danni collaterali che io conosco nome a nome, vita a vita – solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento.
Europei, americani e anche gli arabi – perché dove è finita la sovranità egiziana, al varco di Rafah, la morale egiziana, al sigillo di Rafah? – siamo semplicemente soli. Sfilate qui, delegazione dopo delegazione – e parlando, avrebbe detto Garcia Lorca, le parole restano nell’aria, come sugheri sull’acqua. Offrite aiuti umanitari, ma non siamo mendicanti, vogliamo dignità libertà, frontiere aperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate, indignati e partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola? Una clinica forse? Delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi – no, non la generosa solidarietà, insegnava Bobbio, solo la severa giustizia – sanzioni, sanzioni contro Israele.
Ma rispondete – e neutrali ogni volta, e dunque partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori – no, sarebbe antisemita. Ma chi è più antisemita, chi ha viziato Israele passo a passo per sessant’anni, fino a sfigurarlo nel paese più pericoloso al mondo per gli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da entrambi i lati? Rileggere Hannah Arendt è forse antisemita, oggi che siamo noi palestinesi la sua schiuma della terra, è antisemita tornare a illuminare le sue pagine sul potere e la violenza, sull’ultima razza soggetta al colonialismo britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi stessi? No, non è antisemitismo, ma l’esatto opposto, sostenere i tanti israeliani che tentano di scampare a una nakbah chiamata sionismo.
Perché non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l’altro Israele, terzo e diverso, mentre schiva il pensiero unico stretto tra la complicità della sinistra e la miopia della destra.

So quello che leggerò, domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa, nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid – e genocidio. Perché non importa che le politiche israeliane, tecnicamente, calzino oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate dal diritto internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa oggettività non sono che l’ennesimo collateralismo, qui, che asseconda e moltiplica la forza dei vincitori.
La benzina di questi aerei è la vostra neutralità, è il vostro silenzio, il suono di queste esplosioni. Qualcuno si sentì berlinese, davanti a un altro Muro. Quanti altri morti, per sentirvi cittadini di Gaza?

(testo raccolto da Francesca Borri)

* Ex ministro dell’informazione del governo di unità nazionale palestinese

Articolo pubblicato su PeaceReporter

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migranti spostati come merce

 come molti sanno non sempre siamo d’accordo con pietro simonetti ed anzi siamo critici sulle sue posizioni riguardo al petrolio, ma condividiamo e sottoscriviamo pienamente quanto scrive sui cittadini nostri fratelli richiedenti asilo ospitati fino a poche ore fa al centro di policoro

nicola magnella 

PIETRO SIMONETTI (CRM): MIGRANTI SPOSTATI COME MERCE

 
30/12/2008 18.11.54
[Basilicata]
La “tranquillita’” è stata ristabilita nel Metapontino e in particolare a Policoro. Lo afferma in un comunicato stampa Pietro Simonetti, presidente della Commissione regionale migranti dopo l’evacuazione del centro per richiedenti asilo. “La maggioranza – scrive Simonetti – è stata spostata a Roma, come si fa con i sacchi, e un piccolo gruppo è rimasto in Basilicata per la disponibilità della Caritas. Esultano i leghisti locali e non solo. Piccole miserie di una regione di emigranti. Pseudo vittorie di personaggi di un una parte del paese che tratta i migranti come merce. Anche questa volta – continua Simonetti – il Ministero degli Interni, e il Prefetto di Matera, largo di auspici, corto di risultati non hanno informato la Regione, nonostante gli impegni. Perchè
protestare? Il metodo è questo. La sostanza pure. Tocca adesso alla nostra Regione assicurare una prospettiva a chi è rimasto. Tocca a noi, assicurare ai quarantamila migranti che vivono e lavorano nella nostra regione condizioni che abbiamo rivendicato e rivendichiamo per i nostri emigrati”.
(bas – 04)
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il sindaco di avigliano e il petrolio

dal blog di vito “viler” l’erario, altro articolo sull’ iniziativa di domenica a lagopesole:

SILENZIO “ASSENZIO”

Silenzio, come la non parola pronunciata dal Sindaco di Avigliano, la città del baccalà, Domenico Tripaldi eterno amministratore illuminato dai barili delle “sette sorelle”.
Assenzio, il distillato derivato dalle foglie di Artemisia absithium messo a bando in molti Paesi per il suo eccessivo potere di rendere il bevitore semplicemente “fantastico”. Ne sanno qualcosa Vincent Van Gogh, Toulouse Lautrec ed Ernest Hamingway il quale sosteneva che l’assenzio aveva il potere di far cambiare le idee.
Osservando il Sindaco di Avigliano, durante il convegno di Lagopesole di domenica 28 dicembre con titolo “Il Petrolio dei Lucani” – organizzato dall’associazione politico culturale 100 Comuni – udendo il Sig. Tripaldi durante il suo intervento, prima e dopo in TV prontamente intervistato dal TG Rai Basilicata, appare evidente che il Sindaco della città del baccalà al peperone crusco si sia trincerato dietro il silenzio-assenso in merito al permesso di ricerca idrocarburi “Frusci” di cui proprietario del titolo minerario è ENI (Ente Nazionale per gli Idrocarburi). Il permesso interessa ben dieci comuni: Potenza, Bella (i cui consigli comunali hanno espresso parere negativo alle richieste ENI), Avigliano, Filiano, San Fele, Atella, Pietragalla, Ruoti, Baragiano e Pignola.
Tripaldi, nella sua mistica ambiguità chiede royalties più consistenti e infrastrutture per la sua comunità. Così ha dichiarato ai microfoni del TGR: “le royaties devono essere considerate nel loro complesso e investite in processi strategici che riguardano tutta la regione. Fare come è stato fatto fino adesso, in cui gran parte delle royalties sono rimasti nei territori, pur essendo un principio astrattamente giusto, dopo qualche anno ha mostrato la corda”.
Sarà astrattamente giusto ipotizzare trivelle, autobotti e successivamente oleodotti che dovranno “veicolare” il petrolum verso il centro oli? Sindaco? Oleodotti che in Val d’Agri resteranno interrati quando nel 2019, o forse più, il giacimento sarà esaurito?
L’accordo di programma ENI-Regione Basilicata, oltre alle prescrizioni VIA sui monitoraggi delle matrici ambientali (acqua, suolo e aria) mai rispettate, prevede anche la bonifica dei pozzi esausti ma non dei circa 700 km di oleodotti, che a quanto pare nemmeno il Vice Presidente e Assessore all’ambiente della Regione Basilicata, Vincenzo Santochirico ha saputo dare risposte, nonostante una mia precisa domanda.
L’ENI dal canto suo punta sulla Basilicata, su Viggiano, con un Governo nazionale che decide una “Lucania HUB energetico d’Italia” mentre Ortona e l’intero Abruzzo dissentono. E che ne dica l’ottimo calendario ENI del 2009 dove sono rapprensentate le mani del lavoro lucano con “immagini polvere” (è quello che pensano all’ENI!) mentre invece sarebbe fatto incontrovertibile parlare di mani sporche del petrolio lucano.
Dunque, l’incontro di fine anno di Lagopesole apre una nuova stagione del “Re fossile” in una Basilicata felix esageratamente privata della sua identità, dove i giovani restano muti di fronte alla spietatezza con cui certi amministratori si cuciono bocche e coscienze, dove un bicchiere di assenzio servirebbe a rendere un idea: che il petrolio da noi è devastazione, spoliazione, spopolamento e spolpamento dei territori.

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trivelle nel metapontino e nel senisese

articolo del movimento No Scorie :

NOSCORIE TRISAIA

Movimento Antinucleare

Total, dopo Tempa Rossa Tempa la Petrosa

Non è un gioco di parole ma l’intenzione di trivellare da parte della Total che ha già avviato l’iter amministrativo presso l’Unmig su una vasta area di 412 Kmq che riguarda le province di Matera ,Potenza e Cosenza e che ha già ricevuto nel giugno 2008 il parere favorevole della CIRM(commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie)  Nella concessione sono interessate di loro volta il comune di Policoro, Nova Siri, Rotondella, per passare alla fascia ionica calabrese con Rocca Imperiale, Montegiordano per poi risalire costeggiando il parco del pollino nei comuni di Canna, Oriolo per poi passare a Valsinni, Tursi, Colobraro, diga di Montecotugno e  in provincia di Potenza nei comuni di Senise e Sant’Arcangelo. . La concessione Tempa la Petrosa si interseca con la concessione Policoro della Gas Plus Italia  che interessa i comuni di Policoro, Nova Siri, Rotondella.Il comune di Nova Siri, Rotondella e Policoro vantano il triste primato di essere interessate da tre concessioni petrolifere ( dalla Consul Service nel Mare, dalla Gas Plu Italia e dalla Total sulla terraferma). Il disegno distruttivo del territorio e delle sue economie locali con danni alla salute delle popolazioni è chiaro e militarmente strategico sulle mappe delle concessioni petrolifere. L’invaso di Montecotugno che fornisce acqua per uso  potabile, irriguo e industriale al Metapontino e a grande parte della Puglia sarà minacciato dall’inquinamento petrolifero(così come accade sul Pertusillo in Val d’agri).Inquinamento elevato per i limiti di emissioni italiani (vedi il solubile in acqua idrogeno solforato da 0,005 ppm in America ai 10 ppm in Italia) e che è attualmente non è  neanche monitorato dalle istituzioni preposte come la Regione (vedi il bando regionale in corso di esecuzione dopo dieci anni di estrazioni petrolifere in Regione). A rischio l’agricoltura che nel solo Metapontino fa 10000 addetti (la nostra vera Fiat) e le produzioni di qualità biologiche come ad esempio le albicocche d
i Rotondella che riempiono gli omogeinizzati plasmon per l’infanzia.Altre migliaia di posti di lavoro rischiano di svanire nel turismo della costa ionica e delle zone interne collinari vicine al Parco del Pollino. Quanti posti di lavoro dovremo perdere, ammalandoci per dare il nostro territorio alle lobby petrolifere che lo gestiscono con azioni che si vendono e si svendono a loro piacimento mettendo a serio rischio la vivibilità di queste terre che rischiano di spopolarsi definitivamente. Il riscontro è evidente, perdita dei fondi legati all’obbiettivo 1 (per via del PIL drogato dalle esportazioni petrolifere), nessuna royalites per il gas e un piatto di lenticchie per il petrolio(in Canada le royalites sono del 50%).Ma il vero indotto petrolifero sono i rifiuti petroliferi, business delle società dei rifiuti su cui sono molto attivi gli industriali della Basilicata  e su cui è molto attento l’assessorato all’ambiente della Regione Basilicata.Ad ogni area da trivellare  segue la dis
carica di competenza, sarà quindi un caso la procedura di Via in atto che interessa una discarica per rifiuti speciali (anche reflui petroliferi ) nel comune di Colobraro ?

Prima di Natale doveva essere discusso il disegno di legge 1441 che prevedeva che le competenze in materia di autorizzazioni petrolifere passino  dalle Regioni allo Stato , nonché lo sciagurato disegno di legge che permette la riapertura dei canali economici per far ripartire il nucleare in Italia .

Mentre la Regione Basilicata piange perché gli sarà sottratto l’osso delle autorizzazioni (gestite male e in modo antidemocratico ) i deputati del pdl lucano hanno votato sì alla camera al 1441 .In un comune come Nova Siri interessato da tre società petrolifere e dal centro nucleare Sogin di Trisaia (che rischia di diventare sito provvisorio-definitivo) i senatori del pdl lucano voteranno ancora sì per il petrolio allo Stato e il ritorno al nucleare?

Da tutti i consiglieri regionali vogliamo invece una moratoria vera sulle estrazioni petrolifere e la trascrizione di regole certe che tutelano le popolazioni da tutti i punti vista , non digeriamo le buffonate di chi in Consiglio prima fa una proposta di legge sulla moratoria e poi la ritira .

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editoriale della ola su tangenti e petrolio

di seguito l’editoriale settimanale della Ola su tangenti e petrolio:

Fumo negli occhi

Pietro Dommarco coordinatore della OLA


La Basilicata è nuovamente alla ribalta delle cronache nazionali. E come nella maggior parte dei casi, la loro natura è di carattere giudiziario. Il presunto giro di tangenti ed appalti pilotati – ha visto coinvolti – tra una sfilza di nomi “eccellenti”, noti e meno noti – l’Amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha (custodia cautelare) e il deputato del Pd, Salvatore Margiotta (per il quale la giunta per le autorizzazioni della Camera ha rigettato la richiesta di arresto). A seguire, con il conseguente sequestro preventivo di beni mobili, terreni e fabbricati (che di fatto bloccano i lavori del Centro Oli Total di Corleto Perticara) – per un valore stimabile di quasi 50mln di euro – dei quali, oltre 40mln fanno capo all’imprenditore Francesco Ferrara (accusato di aver promesso una tangente da 200mila euro, al sopraccitato Margiotta) si sono spalancate le porte di quella che potrebbe diventare in breve tempo – allargandosi a macchia d’olio – l’inchiesta più pesante ed incisiva degli ultimi anni. Se dovessero venire alla luce altri misfatti ed emesse delle condanne, il piagnisteo persecutorio a cui stiamo assistendo, troverebbe la strada sbarrata. Nell’attesa di saperne di più, l’attenzione dell’opinione pubblica potrebbe essere “dirottata” lontano dai problemi reali. I sentori di “specchietti per le allodole” ci sono. Fumo negli occhi, insomma.

L’inchiesta del Pm di Potenza, Henry John Woodcock, dimostra come alla devastazione ambientale occultata e sommersa possa accomunarsi – nell’atto pratico – un sistema del malaffare, fondato sui profitti illeciti di imprenditori e politici senza scrupoli. Si è di fronte al sintomo di una vera e propria rapina del territorio, conseguenza della debolezza di una classe politica incapace di guardare alle esigenze reali delle comunità, che guarda più agli affari privati che agli interessi della collettività. Si è di fronte all’umiliazione di una terra costretta a convivere quotidianamente con il ricatto occupazionale, mentre i giovani continuano ad emigrare. Questo per dire che le attuali vicende, al di là di come si concludano, rappresentano solo l’altra faccia del problema petrolio e dei suoi molteplici aspetti, ancora oscuri ed irrisolti. Alla luce del sole, invece, c’è la crisi istituzionale in atto, tendente ad un processo di irreversibilità (a dispetto di ogni “questione morale” che si voglia) e per effetto della quale, i nostri amministratori, evidentemente “intontiti”, continuano a tacere sulla gestione poco accorta di questi anni, sulle devastazioni e sulle svendite territoriali, sui “piatti di lenticchie” e sui rischi per la salute dei cittadini. Dovrebbe essere il momento di fare autocritica, invece, si procede a tentoni, per tentativi.

Mi suona assolutamente strano e beffardo come mai – proprio ora – il Governatore della Regione Basilicata, Vito De Filippo, parli di necessaria “costituzione di una centrale unica degli appalti regionali, con un comitato di sorveglianza autorevole e allargato anche all’esperienza di chi ha svolto funzioni in altri poteri dello Stato”, lanciando una proposta che dovrebbe ricadere in “un patto di crescita e di coesione che assicuri desideri realistici e buone ambizioni alla Basilicata”. Io, personalmente, mi sento preso i fondelli. E che dire di chi propone – usando la clava populista fondata sull’ipotesi di complotto contro la Basilicata, sottacendo anni di connivenze con le lobby e le multinazionali del petrolio – moratorie petrolifere che, seppur condivisibili, non possono oscurare in questo momento drammatico, precise responsabilità politiche. Potremmo discutere all’infinito sui “pompieri” di questi giorni che, finalmente, dopo tanto silenzio possono destinare lodi alla Total (“E’ diversa, non è come l’Eni, questi ci tengono di più alla nostra terra”), trovando spazio su una stampa locale che se da un lato, ci fa la cronaca quotidiana, dall’altro non affonda il colpo, anzi.

Il silenzio genera mostri, potremmo dire. Quello legato, ad esempio, ai mancati monitoraggi ambientali è raccapricciante. Le mancate verifiche urgenti delle prescrizioni ambientali per il Centro Oli Eni Val d’Agri, contenute nel Decreto Legislativo del 05/02/1999 (dei Ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali) per il mancato monitoraggio di tutti i parametri degli inquinanti in esso indicati (Idrogeno solforato, benzene, IPA, COV – unitamente alle “fantasiose” risposte del Commissario Ambiente dell’Unione Europea, Stavros Dimas, dimostrano l’esistenza di un muro di gomma. Infatti, circa l’assenza dei parametri europei per le emissioni di H2S (Idrogeno Solforato) non è dato sapere quali siano le dosi ottimali, considerando che quelle presenti nella normativa italiana sono state giudicate dannose dagli Stati Uniti. Gravissima lacuna che avvantaggia l’industria e danneggia la salute dei cittadini. In secondo luogo – dall’UE – interrogati sulle emissioni pericolose nei pressi del Centro Oli lucano, rimandano al sito web della Regione Basilicata. Ma basta aprire il portale istituzionale (dal quale sembra essere sparito anche al link che riporta alla sezione “petrolio”), per accorgersi che mancano proprio i dati degli inquinanti più pericolosi citati prima. C’è da dire che i dati della Regione Basilicata relativi agli anni di riferimento 2006 e 2007 non sono stati ancora comunicati – previa richiesta della competente Commissione Europea ed, in questa direzione, la stessa comunica di aver adottato misure volte ad acquisire i dati mancanti. Un paradosso che si tinge giallo. I limiti per stabilire la pericolosità degli inquinanti immessi nell’aria sono fissati in base alle quantità effettive di greggio estratto. Non conoscendole ufficialmente, non possiamo stabilire che le quantità di inquinanti rientri nell’illegalità. L’Eni controlla se stessa, il monitoraggio è assente, gli Enti preposti anno spallucce e la UE fa la “gnorri”. Chiedere spiegazioni è quindi lecito, oltre che legittimo.

In conclusione, l’aspetto positivo riscontrabile in questa inchiesta è che oggi i riflettori mediatici si sono accesi su una regione martoriata. Si spera che la luce non venga completamente spenta domani, illuminando le coscienze collettive sulla necessità di riappropriarsi del proprio destino che, certamente, non può essere rappresentato dallo sfruttamento delle fonti fossili. Bisognerebbe guardare ad energie dolci, rispettose dell’ambiente, che in Val d’Agri vengono sottomesse a sporchi interessi.

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altro reportage sulla basilicata dalla stampa nazionale: il riformista

 di seguito, tratto da basilicatanet,  un altro reportage di un quotidiano nazionale, questa volta il dalemiano Riformista, sulla basilicata, l’articolo è ovviamente di parte portando acqua, nella guerra tra bande intera al pd, appunto alla corrente dalemiana ed alla fine cerca di essere assolutorio nei confronti della “casta” regionale (non a caso è pubblicato da basilicatanet)  non cogliendo il rapporto di sudditanza coloniale nei confronti del potere economico delle multinazionali,  ma descrive comunque in maniera realistica la situazione di crisi drammatica  della nosta regione e contiene comunque alcuni spunti interessanti :
 

OGGI REPORTAGE DEL RIFORMISTA SULL’AMARA LUCANIA

Il Riformista oggi in edicola contiene un reportage del giornalista-scrittore Andrea Di Consoli, che di seguito si riporta
21/12/2008 10.47.26
[Basilicata]
Estrarre il petrolio in Basilicata fu decisione del Governo nazionale. A essere precisi, del “primo Governo Prodi”. Alla Regione Basilicata fu lasciato il 7% di royalty, e un mucchio di problemi. Giustamente ci furono proteste sul territorio, in specie nella splendida Val d’Agri, dove alle trivelle di perforazione dell’Eni si sarebbe preferita l’istituzione di un bel Parco Nazionale. Ormai sono più di dieci anni che in Basilicata si estrae petrolio. Da allora sono successe molte cose: apertura di nuovi pozzi, costruzione del Centro Olii di Viggiano, istituzione del nuovo Centro Olii di Corleto Perticara, inchieste giudiziarie su presunte tangenti, aumenti dei fenomeni carcinosi, e una caterva di sogni da sceicchi franati rovinosamente.
Nei primi anni del 2000 qualcuno perse la testa: il petrolio sembrava la soluzione di tutti i problemi storici della Lucania. Nel 2008, invece, la terra di Rocco Scotellaro si ritrova con un territorio martoriato e miasmatico, e con un introito annuo nelle casse regionali di appena 70 milioni di euro (di cui il 15% va ai comuni dove si estrae). Una miseria, in pratica.
Ogni giorno in Lucania vengono estratti circa 65.000 barili di petrolio (un barile corrisponde a 159 litri di petrolio grezzo), ma ogni volta i governatori lucani sono costretti a dure trattative con l’Eni e con la Total Fina per avere piccoli margini di utile. In pratica, “briciole”.
Da dieci anni, però, nel romanzo “balzachiano” lucano domina anche un altro personaggio, dal nome esotico, e dal portamento byroniano: Henry John Woodcock, sostituto procuratore del tribunale di Potenza, grande accusatore della classe dirigente lucana. In Lucania, tutti i politici in carica, non appena fanno un passo falso, si sentono minacciare: “Ti denuncio a Woodcock”. Ora però in Basilicata sono tutti felici, perché il Grande Inquisitore è stato trasferito a Napoli, e quindi tempo qualche mese e la dirigenza lucana potrà continuare a gestire miseria, ma almeno non sarà più incarcerata quotidianamente.
Terra di scrittori, la Lucania: Sinisgalli, Pierro, Scotellaro, Parrella, Festa Campanile, Riviello, Nigro, Lupo; ma anche di pseudo-imprenditori, sempre in movimento tra aree industriali e uffici regionali e fondi europei. Senza di loro non si vincono le elezioni, perché i nuovi posti di lavoro “usa e getta” che si creano tra la Va Basento e le aree industriali di Tito e di Ferrandina sono pur sempre necessari quando si va alla conta dei voti. E’ triste, ma purtroppo è così.
Terra di contrappunti, quindi, la Lucania: alla bellezza dei calanchi si contrappone la discesa a Rionero in Vulture della Coca-Cola Hellenic Bottling Company, che ha acquisito il 100% del gruppo Traficante; alle bellezze di Matera e di Maratea si contrappone una fitta rete di misteri, tra cui, in ordine cronologico: il caso Ligas-Pittella (1981), quello dei “fidanzatini di Policoro” (1988), la morte di Vincenzo De Mare (1993), il caso Elisa Claps (1993), il caso Di Lascio-Flora (1994), la morte dei coniugi Gianfredi (1998) e l’omicidio Lanera di Melfi (2003).
Tra un premio al vino Aglianico e il premio Campiello a Mariolina Venezia per Mille anni che sto qui (Einaudi), tra una serata in pompa magna del vetusto “Premio Basilicata” e un “volo dell’angelo” sulle stupende Dolomiti lucane, c’è stato il grande sommovimento popolare di Scanzano Jonico (2003), nonché la bufera di “Toghe lucane”, la crisi dei salottifici di Matera, la crisi della Fiat di Melfi e la recrudescenza del fenomeno migratorio, specialmente giovanile. Una regione, la Basilicata, con circa 600.000 abitanti, ma con milioni di problemi.
Una regione di granitico centro-sinistra, quasi plebiscitario, ma un po’ in crisi, soprattutto da quando a Matera è diventato sindaco Nicola Buccico, ruspante finiano, anch’egli però torchiato dalla Magistratura, ovvero da quel Luigi De Magistris sul quale l’Italia si è divisa tra tifosi e detrattori.
L’appena trentenne segretario del Pd lucano, Piero Lacorazza, nonostante la giovane età, è invecchiato di cento anni a furia di districarsi tra “questione morale”, crisi di giunta, isterie giudiziarie e lotte tra correnti e gruppi di potere. Insomma, un guazzabuglio, uno “gliommere”, per dirla con Gadda, di difficile risoluzione. E tutto questo mentre ogni lucano cerca un lavoro, un contratto Lsu, un posticino, un favore, e mentre gli imprenditori “con l’acqua alla gola” stanno alle calcagna degli amministratori per avere aiuti e protezioni. Non parliamo poi dell’annoso problema dello spopolamento dei paesi (in Basilicata i paesi sono 131), e dell’invecchiamento crescente della popolazione.
A tormentare i sonni di Piero Lacorazza, poi, c’è anche la proterva Italia dei valori di Di Pietro, che non solo ha determinato la provvisoria caduta della giunta capeggiata da Vito De Filippo (in attesa di rimpasto), e le ire del vice Vincenzo Folino, ma ha anche imposto nel dibattito politico un oscuro Savonarola lucano “graziato” da Di Pietro, ovvero il baffuto senatore Felice Belisario.
In questo scenario, il petrolio si è riversato sui guazzabugli lucani come un’onda gigantesca su fragili castelli di sabbia.
Le ultime vicende giudiziarie, giunte in concomitanza con le bufere napoletane e abruzzesi, hanno colpito in pieno volto (a diverso titolo) autorevoli esponenti del Pd lucano come Vito De Filippo, Carmine Nigro (Presidente della Provincia di Matera) e Salvatore Margiotta. Al di là del merito giudiziario, colpisce il coinvolgimento del deputato Pd Salvatore Margiotta (che si è dimesso da ogni incarico partitico), tra gli uomini più ricchi della Basilicata (è un ingegnere di successo), il quale ci dichiara, ferito nella voce: “Se avessi preso tangenti per fare pressioni sulla Total Fina affinché l’appalto di Corleto Perticara andasse alla cordata di Francesco Ferrara, allora Woodcock farebbe bene ad arrestarmi. Ma io non ho presi tangenti. E quindi come la mettiamo?” Vito De Filippo, giovane Presidente della Regione, si dichiara sereno: “Ho fatto trattative durissime con la Total Fina, e questo è il risultato. Le inchieste di Woodcock sono ogni volta clamorose a livello mediatico, e poi esili dal punto di vista giudiziario. Comunque sono sereno, nonostante lo stillicidio. Siamo sempre usciti assolti da queste quotidiane accuse”. Più arrabbiato invece Filippo Bubbico, ex Presidente della Regione, attuale senatore Pd, dalemiano pragmatico, anche lui torchiato da De Magistris sul caso Marinagri, che dice e non dice: “Sull’onda emotiva dico che sono arrabbiato nero. Abbiamo lavorato per anni affinché la Basilicata avesse a livello nazionale una buona reputazione. A suo tempo abbiamo spaccato in quattro il capello con l’Eni. Deve tornare in campo la buona politica. Non la nuova cattiva politica, ma la buona politica e basta”. Il problema è che nel mentre sono tutti indagati, da De Magistris o da Woodcock, la “buona politica” la sta propagandando l’Italia dei valori. E, purtroppo, quando al posto della politica nell’agenda ci sono decine di vicende giudiziarie, è normale che prevalgano le condanne sommarie, la demagogia, il linciaggio dell’intera classe dirigente.
Lo spettro che aleggia sul centro-sinistra lucano è “l’azzeramento”. Ma è bene che Roma mantenga i nervi saldi, perché i problemi, ecco, quelli non si azzerano facilmente, né le grandi esperienze amministrative accumulate nell’ultimo decennio. Essere indagato non significa essere corrotto, ma più probabilmente essere compromesso con una realtà che ti obbliga obtorto collo a “sporcarti le mani” (in senso etico e problematico, s’intende). Cosa accadrebbe, con un eventuale “azzeramento”? Non ci sarebbero più pressioni, richieste, lobby, telefonate, clientele, richieste disperate? Dov’è questo paradiso? Dov’è? Chi non lo vorrebbe?
La Basilicata, come l’intero Sud, è una trincea, e fare “politica nuova” senza una nuova società è pressoché impossibile. A meno che non si voglia essere minoranza, o una nicchia di “anime belle”. I voti che arrivano a Roma dalla Basilicata odorano di petrolio, di disoccupazione, di fallimenti, di fabbriche in via di smantellamento, di padri di famiglie accalcati speranzosi davanti alle porte degli Assessorati regionali. Ma anche di tante imprese hi-tech, di turismo sostenibile, di efficienza burocratica. I voti si odorano, e si conquistano uno per uno. La Basilicata non è il paradiso; e facile è sbraitare che i politici lucani sono tutti corrotti (è uno sport gratuito). La verità è molto più semplice: i politici lucani (nonostante pacchianerie e anche qualche illecito, chi lo nasconde?) volano senz’ali perché l’unico obiettivo possibile è garantire un po’ di serenità a basso raggio in una terra infelice, povera, problematica, finanche desertica. Se poi qualcuno garantisce il paradiso (da Roma o da Potenza), che si faccia avanti, ma senza chiacchiere, possibilmente.Andrea Di Consoli
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con Alexandros nel cuore

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Alexandros Grigoropoulus 15 anni ucciso a sangue freddo ad Atene dalla polizia, la violenza del potere in una nazione come la Grecia a cui ci accomuna una storia dal dopoguerra ad oggi fatta di stragi ed omicidi di stato quasi sempre impuniti.

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solidarietà ai no tav

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idealmente dovremmo essere tutti al corteo dei notav, un esempio di lotta di una comunità che non si rifugia nel localismo ma pone seri interrogativi sul tipo di sviluppo che ci vogliono imporre a tutti

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riunione comitato no oil

giovedì 27 novembre, alle ore 18 , presso la sede del wwf in scalinata IV novembre si terrà la riunione della cellula di potenza del comitato no oil allargata alla partecipazione dai comuni vicini, si dicuterà, oltre che naturalmente delle varie ed eventuali, della situazione relativa ai permessi “anzi” e “frusci”, dei consigli comunali aperti e in particolare del consiglio comunale aperto “fantasma” di potenza che ogni volta che sembra sul punto di tenersi qualcuna dalle stanza di piazza matteotti sembra voler rendere irraggiungibile

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riunione del comitato no oil lucania-cellula di potenza

 mercoledì 19 novembre ore 18.00 preso la sede wwf in scalinata IV novembre a potenza, riunione del comitato no oil lucania-cellule di potenza e brindisi di montagna, all’ ordine del giorno i nuovi attacchi dei petrolieri nell’area di potenza e dintorni oltre natuaralmente alle varie ed eventuali, l’invito a tutti è a partecipare

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Grande Cortile 2008 – Valle di Susa

dal sito dei NOTAV : 

 

Grande Cortile  2008 – Valle di Susa
Pratiche, stili di vita, idee, alternative per una valle NOTAV
Un mese di iniziative promosse dal movimento notav

A quasi tre anni di distanza dalla prima edizione del Grande Cortile riprendiamo il filo di un ragionamento mai interrotto. Allora eravamo sotto osservazione: alcuni dicevano che eravamo affetti da sindrome Nimby, e la nostra iniziativa aveva smentito la diagnosi emessa frettolosamente da apprendisti medici-politici-stregoni ansiosi di screditarci agli occhi di tutto il paese. Da allora tanti grandi cortili sono nati in giro per l’Italia e le nostre ragioni sono diventate le ragioni di molte altre resistenze. Obiettivo comune: difendere la democrazia e poter decidere del proprio futuro.
Un filo lega da allora le iniziative che ci vedono protagonisti. La resistenza al tav non è soltanto un no, sia pure fermo e determinato, come dimostreremo ancora in piazza a Susa il prossimo 6 Dicembre: si illude chi pensa di aver logorato col tempo e con gli inganni la nostra resistenza.
Ma non è una lotta di trincea la nostra: la nostra ribellione è fatta soprattutto di proposte concrete e di pratiche che prefigurano un altro mondo possibile, alternativo al tav e soprattutto ad un modello di società che nega i diritti e cancella ogni spazio di democrazia. E in definitiva cancella una speranza di futuro.

Nel Grande Cortile si parlerà di lavoro, di economie locali, di utilizzo di spazi e di territorio, di risorse da utilizzare rifiutando la logica dell’usa e getta, di qualità della vita, di informazione, di sport, di erbe e medicine popolari, di rifugi alpini, di cittadinanza attiva, di mutazioni climatiche, di fonti di energia rinnovabili, di controllo politico del denaro pubblico, di memoria storica e antiche tradizioni…
La nostra casa è un Grande Cortile, i cui confini non sono certo le montagne che circondano la nostra valle: facciamo di tutto per renderla più accogliente.

Info su http://grandecortile.blogspot.com

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