prove tecniche di società civile

Incontrando degli studenti nel corso di questo cammino comune all’interno del comitato no oil potenza o ai nostri banchetti per la raccolta di firme di sostegno alla nostra petizione popolare è innegabile che la prima volta io mi sia chiesto – ma chi sono poi gli studenti? – questa categoria a volte visibile, più spesso invisibile, che vive in quel limbo senza identità alcuna a cui la scuola è stata appiattita da troppi anni di incuria e di abbandono prima, e dalle follie socio-evoluzionistiche dopo di qualche ministro benpensante/malpensante che al grido di internet, inglese, impresa credeva di ridurre il sistema scuola a mercato di affitto a basso prezzo dei cervelli.

Probabilmente vittima inconsapevole anche io di alcuni vuoti stereotipi tracciati a tavolino dai profiler mediatici di quella società moderna tanto ansiosa ed ansiogena da ridurre tutti a macchine di consumo acritico e terapie psichiatriche vuoto a perdere, e che proprio quei giovani li vorrebbe tutti mariadefilippizzati, x-boxati, social-confusi, depressi, mortalmente annoiati, vittime/carnefici del bullo-pensiero che fa branco – e manco fossimo nell’alaska di zanna bianca! – probabilmente qualche stramba idea ho dovuto fin da subito mandarla via.

Quelli che mi stavano davanti mica erano l’ultima specie scoperta della zoologia – anzi! – il loro aspetto mi ha riportato subito indietro ai miei anni da studente…altri tempi, il frangersi fin troppo violento degli anni ’70 nello sciabordio del pensiero debole degli anni ’80…beh, li si arrestava la mia conoscenza diretta del mondo studentesco…poi si finisce per diventare grandi, magari cinici…ma quegli studenti mi somigliavano proprio tanto.

Così, abbandonato fin da subito ogni idiota preconcetto, conoscendoli e dividendo con loro la lotta contro questo pozzo di petrolio piazzato dentro casa e contro tutti i pozzi di petrolio, organizzati in un feroce sistema di saccheggio della terra, della democrazia e del futuro, ho visto solo dei giovani esseri umani con le loro idee di giustizia sociale ed i loro sogni di un mondo diverso, con le loro paure di non farcela a reggere il confronto con una società che rende naturalmente tutti inadeguati, con le loro speranze che il domani è pur sempre domani e si comincia a costruirlo proprio da oggi, con le loro incertezze e con lo sguardo meravigliosamente limpido di chi non si è ancora corrotto e che forse non lo farà mai.

Questo pensavo mentre ero con il loro coordinamento in un garage che faceva romantico e genuino, a parlare della manifestazione del 20 febbraio contro il pozzo di monte grosso, la cui data sono stati proprio loro a deciderla…mi hanno lasciato parlare ed ascoltato con la franchezza con cui ci si intrattiene con un amico magari tanto maggiore d’età, eppure un amico, alla pari, così, senza alcun timore reverenziale da parte loro e – lo giuro! – senza alcun atteggiamento discente da parte mia…quelli non erano più degli studenti, non erano più dei ragazzi, ma giovani esseri umani alle prese con la costruzione di un futuro altro che cominciava da loro stessi…prove tecniche di società civile…quella società civile fatta di diritti e doveri condivisi da una comunità in cammino, di leggi ed opportunità uguali per tutti e proprio per tutti, di cura dell’ambiente come di una parte di noi stessi, di solidarietà e di quelle domande a cui bisogna pur trovare una risposta valida per se stessi e per tutta la comunità degli esseri umani, quelle domande, a volte profonde, a volte leggere, ma a cui ognuno di noi non può che non rispondere “è giusto e si deve…è per quello che lotto!”

Ed è per quello che credo che il 20 febbraio saremo tutti insieme a chiedere quel rispetto per la nostra terra e per le nostre vite che qualcuno vorrebbe rinchiuse in un barile di petrolio scambiato con pochi spiccioli, quelle royalties che tanto ricordano le perline di vetro con cui ammansire gli isolani rimasti fuori dalla “civiltà”.

In quel garage c’erano e ci sono ancora dei miei compagni di viaggio e domani saremo tutti sulle strade di una città, Potenza, che è piccola e grande, quanto piccolo e grande è il mondo intero, perché io so che loro sanno che tutti sappiamo che un altro mondo è possibile ed un altro mondo è necessario…miko somma

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verso un modello altro di piano energetico regionale – 4

4.     individuazione delle fonti locali e tutela del territorio

Stabiliti una serie di presupposti di democrazia della produzione e della distribuzione, di accorciamento delle reti distributive, di auto-sufficienza energetica delle comunità e modelli di consumo consapevoli, passiamo all’individuazione delle fonti energetiche presenti sul territorio ed alla necessaria tutela ed attenzione che proprio in questo caso va riservata al territorio.

Premettiamo che allo stato delle tecnologie attuali di utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili è possibile rinvenire in loco e praticamente ovunque apporti significativi e sostanziali di energia volte al soddisfacimento quasi completo dei bisogni locali.

Studi e sperimentazioni in merito sono stati condotti in molti paesi ed in italia (vedi il comune di cles in trentino http://www.comune.cles.tn.it/UploadDocs/838_PA_Cles.pdf).

Grazie ad un attento studio delle potenzialità energetiche offerte dal territorio si può arrivare gradualmente ad una produzione di energia da fonti rinnovabili in grado di soddisfare ogni esigenza della comunità, ed in alcuni casi la produzione eccede i bisogni sino al punto di poterla esportare nelle reti dei gestori esistenti ricavandone ulteriori benefici economici da reinvestire nella comunità stessa, sotto forma di miglioramenti delle rete energetica locale o di interventi sociali.

Appare chiaro che il rinvenimento di fonti energetiche non può essere affidato al caso od alla superficialità, nè tanto meno all’improvvisazione. I piani di individuazione delle fonti e le commissioni incaricate (vedi al punto 3.) non solo dovrebbero tenere di conto la produzione di energia per la comunità in termini di valori assoluti (quindi in accordo ai bisogni), ma allo stesso tempo valutare l’impatto, secondo una serie di parametri ormai acquisiti scientificamente che l’utilizzo di quelle stesse fonti porterebbe all’equilibrio dell’ecosistema locale ed a quello generale, in una equazione equilibrata tra costi e benefici sia economici, che ambientali…ciò vale a dire che anche individuata una fonte di energia rinnovabile atta allo scopo produttivo, è solo da una valutazione globale che tenga conto delle necessità energetiche della comunità, delle possibilità energetiche da sviluppare, degli impatti ambientali, economici, vocazionali, che si può passare ad una fase pratica, cioè a quella fase che dall’individuazione di una fonte possibile porti al suo utilizzo pratico.

Accorti studi delle dinamiche orografiche, eoliche, geologiche, di soleggiamento, etc. di uno specifico territorio necessitano ovviamente di studi accorti, condotti da specialisti del settore, ma in questa fase di studio, è la cittadinanza stessa che può e deve essere investita di un ruolo fondamentale, primario nel percorso di democratizzazione dell’energia, ossia quello dell’analisi preventiva e contestuale delle consuetudini naturali di quello stesso territorio…in altri termini, se una commissione tecnica decidesse che un ruscello sia adatto all’impianto di una o più microturbine idroelettrica, ma in sede “popolare” fosse poi dimostrabile che quel ruscello rimane asciutto per sei mesi all’anno, che senso avrebbe un impianto su quel ruscello, se non come aggiuntivo ad altre fonti e solo per un certo periodo dell’anno? Appare quindi chiaro che la stesse commisioni tecniche dovrebbero essere impostate e prevedere momenti consultivi con le popolazioni, organizzate in comitati stabili locali per l’energia supportati da elementi tecnici scelti direttamente dalle comunità.

E’ infatti dalle popolazioni, interessate e coinvolte democraticamente nell’intero processo che conduce verso l’auto-sufficienza energetica, che dovrebbe derivarsi una buona parte dell’attività di individuazione delle fonti, sulla base di quelle precedenti vocazioni economiche e naturali del territorio che esse conoscono molto meglio di quanto qualsiasi commissione potrebbe indagare, ed ovviamente sulla base delle vocazioni future di quegli stessi territori, che sono solo le comunità locali a poter stabilire, all’interno di un quadro generale che tenga conto di ognuna di queste richieste, inserendole in un piano armonico di sviluppo sostenibile ed antropico delle attività umane.

Le tecnologie attuali, che necessitano certo di ulteriori sviluppi, finora contrastati da una serie di fattori per così dire politici ed economici (mi riferisco agli orientamenti di ricerca pubblica nel settore che possono e sono stati troppe volte influenzati e frenati da attività lobbystiche delle multinazionali attraverso i loro addentellati politici trans-partitici, ora invocando i soliti problemi di costi eccessivi, che ora appaiono del tutto superati, visti i costi attuali degli idrocarburi, ora invocando strategie mai del tutto chiarite di interessi nazionali), consentono l’individuazione di parametri di sufficienza energetica tali da poter stabilire quali e quante fonti energetiche rinnovabili un territorio può fornire senza che ne vengano alterati gli equilibri naturali.

Nel caso di una zona a prevalente attività agricolo-zootecnica, ad esempio, le possibili fonti energetiche aggiuntive al solare fotovoltaico e termico ed all’eolico, sono naturalmente rappresentate dalla fermentazione delle deiezioni animali, che dopo aver rilasciato elementi gassosi a base carbonica, rimangono poi utilizzabili come concimi naturali, e dalle bio-masse derivanti dalle eccedenze o dagli scarti foraggeri-orticoli. Ma appare chiaro che non potendosi concentrare per motivi di impatto ambientale, paesaggistico ed economico, quantità massive di liquami o di scarti/eccedenze in un unico sito di stoccaggio e sfruttamento, sarà solo il concetto di autosufficienza della singola unità agricola, o di gruppi di unità agricole, attraverso i meccanismi già descritti, a rinnovare il ciclo produzione/consumo sulla singola particella di territorio, con l’installazione di impianti misti, solari, fotovoltaici, biomasse, micro-eolico (cioè pale di ridotte dimensioni), reimmettendo in rete tutto il superfluo in favore della comunità ed attuando un “replicamento cellulare” del sistema che cominciamo a delineare.

Ma in questa sede stiamo analizzando la fase teorica o meglio concettuale di un nuovo modo di vedere l’energia e le problematiche connesse, e di tutte le tecnologie e le metodologie paratiche avremo modo di parlare oltre.

Ciò che qui occorre ribadire è la possibilità di rinvenire svariate fonti rinnovabili e naturali, da integrarsi in sistemi misti, praticamente ovunque…la loro conseguente immissione nel circuito di produzione energetica dipende esclusivamente da uno studio accurato del territorio, che non prescinda mai dalle esigenze di tutela dello stesso e delle attività umane già naturalmente inserite in esso e rientranti in una categoria di basso o scarso impatto ambientale che dovrebbe diventare regola assoluta nelle relazioni tra uomo e territorio.

miko somma (continua)  

La dismisura della crescita

Sta accadendo qualcosa in Lucania, bei blog, sui quotidiani, nelle piazze, nelle strade, nei teatri affollatti quando si parla di Elisa Claps o della mafia in Basilicata; qualcosa che nessuno di noi avrebbe potuto sperare fino a qualche tempo fa…

Sta nascendo un fermento nuovo, una vitalità di pensieri, di menti, di cuori che vibrano, che si confrontano e si oppongono a una politica da brontosauri che ripete in un rituale stanco concetti, idee, promesse: sempre uguali, sempre le stesse , da decenni… Già, perché cambiano i volti, cambiano le professionalità, le generazioni; ma i modi di pensare e di agire, quelli si tramandano da una generazione all’altra, in una triste continuità. 

Un concetto, ad esempio, che resta immutabile, a destra come a sinistra, è quello della crescita economica, intrinsecamente legata alla crescita del prodotto interno lordo, che continua a rappresentare un indicatore di qualità della vita, un miraggio cui ciascuno deve tendere per il progresso dell’umanità.  

Questa concezione aberrante che pervade ogni programma e obiettivo politico, in modo trasversale, giustifica e rappresenta come assolutamente necessari tutti gli interventi di distruzione del territorio, delle sue risorse e dei suoi beni, che trasformati in merci, diventano solo oggetti di produzione, uso e consumo. In tal senso se si consuma petrolio, quindi benzina, si contribuisce all’aumento del P.I.L., se si preferisce non utilizzare l’auto si pratica un comportamento asociale, perché non diretto alla crescita economica.  

Tale obiettivo folle è sostenuto dalla ricerca scientifica e dall’innovazione tecnologica: innovazione di processo, perché aiuta a produrre di più e più velocemente merci; innovazione di prodotto, perché aiuta a persuadere il cittadino-consumatore a sostituire sempre più velocemente merci, rese subito obsolete, con nuove merci: produzione-consumo-sostituzione-rifiuti-inquinamento, un folle circuito verso il nulla! Ed è nella logica priva di ragione, nella dismisura, che già i Greci indicavano con “hiubris”, al servizio di questo folle circuito di produzione e consumo, che vengono giustificate, anzi rappresentate come l’unica soluzione ai problemi di occupazione, sviluppo, crescita di un territorio e di una comunità, le azioni di consegna di quest’ultimo a multinazionali del petrolio, della finanza, dell’industria e simili.  

QUALCUNO DEVE PUR COMINCIARE A DEMOLIRE ILPARADIGMA DELLA CRESCITA ECONOMICA QUALE UNICO OBIETTIVO DEL PIANETA E DELL’UMANITA’, LA QUALE PRODUCE SOLO ULTERIORE RICCHEZZA PER I RICCHI ED AUMENTA IN MODO ESPONENZIALE IL DIVARIO TRA QUESTI E GLI ALTRI CITTADINI E TRA PAESI INDUSTRALIZZATI E PAESI POVERI.E’ UN PERCORSO CORAGGIOSO MA IMPROROGABILE: SI TRATTA DI COSTRUIRE UNA NUOVA VISIONE DEL MONDO, DI ATTUARE UNA RIVOLUZIONE CULTURALE… ORA…        continua

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