Il Regolamento Urbanistico di Potenza

Sta per essere adottato dal Consiglio Comunale di Potenza, sotto le spoglie di un Regolamento, un Piano Urbanistico che segnerà, nel bene e “nel male”,  il destino del capoluogo per i prossini cinquant’anni. E’ urgente che sia fornita ai cittadini un’informazione chiara, trasparente e semplice. In questa città gli interessi della rendita fondiaria sono stati sempre salvaguardati ed estremamente valorizzati ai danni dei cittadini e dei loro diritti a una città e ad una vita migliore. Questo Piano viene presentato, nel silenzio delle associazioni, degli ordini professionali, dei partiti (anche quelli della sinistra…), come la svolta che assicurerà la costruzione di case di edilizia sociale, verde, spazi pubblici e la fine della speculazione da parte dei costruttori: E’ UN INGANNO, ANCORA UNA VOLTA SULLA PELLE DELLA COMUNITA’!

Di seguito il mio articolo pubblicato sul Quotidiano (per fortuna qualche isola di informazione libera ancora resiste) di sabato 3 marzo, in risposta alla relazione presentata dall’Amministrazione Comunale nella seduta del Consiglio Regionale di mercoledì scorso.

Il Regolamento Urbanistico di Potenza: tra perequazione e sperequazione 

La seduta del Consiglio Comunale tenutasi mercoledì 27 marzo presso il Palazzo della Prefettura di Potenza ha rappresentato una preziosa occasione per ascoltare la relazione di Campos Venuti sul Regolamento Urbanistico che ha elaborato per questa città.Riservandomi in un altro momento di commentare la pur brillante illustrazione del Regolamento-Piano fatta da uno dei maestri dell’urbanistica, ritengo invece opportuno argomentare alla puntuale introduzione dell’assessore all’urbanistica, avv. Singetta, in rappresentanza dell’Amministrazione Comunale.

1) L’eccellenza di questo Regolamento Urbanistico – che mi pare quantomeno improprio chiamare Regolamento – consiste nell’uso della perequazione urbanistica al fine di acquisire aree da destinare ad edilizia sociale e quindi consentire anche alle fasce più deboli di acquistare una casa. Tale meccanismo inoltre ha consentito il raddoppio degli standard urbanistici e nel contempo la riduzione, rispetto alle previsioni del PRG vigente, di circa 1000 vani.

Prima di tutto definiamo cosa si intende per perequazione. E’ uno strumento che consente all’amministrazione comunale di acquisire aree in zone centrali e prestigiose del territorio urbano, trasferendo per compensazione i diritti edificatori di chi concede l’area in altre aree. Deriva dal verbo perequare che significa distribuire equamente diritti sul territorio (non solo edificatori). In tal senso questo Piano ha individuato alcuni lotti dove applicare tale meccanismo, ma concedendo il diritto edificatorio all’interno dei lotti stessi e acquisendone la parte residuale (in certe percentuali) per realizzare edilizia sociale o standard per la città (verde, strade, aree per servizi e parcheggi).Come si può facilmente comprendere, invece di acquisire per intero aree centrali e strategiche, così da realizzare in modo esteso, organico e continuo servizi per i cittadini (aree verdi che non siamo solo aiuole o scarpate, piazze, percorsi pedonali, spazi ludici, sportivi, culturali, etc., connessi e integrati tra di loro), si acquisiscono parti di piccoli lotti, concedendo ai privati diritti edificatori sulle aree residue dei lotti medesimi.A tal proposito, quando il metodo perequativo afferma di voler tutelare e distribuire in modo equo diritti, si riferisce in primo luogo ai diritti dei cittadini e non a quelli dei privati o di una specifica fascia sociale, come invece accade nel modello applicato per la nostra città. L’edilizia sociale è un diritto e non è necessario pagare un prezzo così alto (concedendo elevati diritti edificatori ai privati) per ottenerlo; ci sono tanti altri modi, senza parlare della vera motivazione che in questa città ha reso possibili prezzi del tutto inaccessibili: la costituzione di un cartello tra i costruttori, che hanno mantenuto concordemente alti i prezzi, eliminando dal mercato eventuali imprenditori esterni che avevano tentato di costruire proponendo prezzi onesti (per intenderci 1.600/1.800 Euro a metro quadro a fronte dei 2.600/2.800 Euro/mq imposti dal cartello di cui sopra).Riguardo agli standard, ne va garantita la qualità, la progettazione organica e complessiva e l’articolazione in vari livelli; al contrario sono spalmati e frantumati in modo casuale sul territorio e in piccoli lotti. Ancora una volta prevale la mera logica da ragionieri (far quadrare i conti delle quantità).

2) Le aree aperte (cioè le campagne). C’è la necessità di dare una risposta alla domanda abitativa nelle campagne, in modo da adeguare la situazione di fatto a uno stato di diritto.L’attività agricola è ormai ridotta: consentendo cambi di destinazione d’uso si dà la possibilità di trasformare costruzioni esistenti (come capannoni o stalle) in uso residenziale, commerciale, artigianale, con differenti limiti edificatori per le diverse funzioni.

La legge nazionale vieta di costruire in zona agricola, se non per la conduzione di un fondo da parte di agricoltori, con indice residenziale pari a 0,03 mc/mq. Tale norma assennata intende tutelare il paesaggio agrario, gli habitat e la biodiversità, e impedire che costi elevatissimi, per disseminare linee idriche, fognarie, elettriche, etc. che servano tutte le abitazioni, rappresentino un costo inaccettabile e non equo per la collettività.Le norme contenute in questo piano riguardo alle cosiddette aree aperte costituiscono un vero e proprio condono, un incoraggiamento ad altri abusi, un danno per la comunità; inoltre contribuiranno a stravolgere ulteriormente il paesaggio delle nostre campagne. Anche in questo caso: quali sono i vantaggi per tutti i cittadini?Si potrebbe anche considerare di concedere l’edificazione in campagna per scopi non agricoli, ma solo alla presenza di un piano apposito che definisca nuclei rurali compatti (anche sviluppando quelli già esistenti intorno alla città) e regole certe.

3) Il Regolamento Urbanistico, partendo dalla viabilità prevista dal PRG vigente (1989), attua una nuova proposta (PUM: Piano della Mobilità Urbana) caratterizzata da razionalità ed attuabilità. In tale ottica scarica un terzo dei costi di questa viabilità sui privati che vogliano esercitare un diritto edificatorio.

A proposito della perequazione va riaffermato che essa si pone l’obiettivo di acquisire aree per servizi pubblici, quindi per garantire una qualità del vivere quotidiano a ciascun cittadino. La scelta di scambiare diritti edificatori da concedere ai privati per far risparmiare all’A.C. una parte dei costi della viabilità sarebbe giustificabile all’interno di un’idea complessiva ed organica di città, che questo Piano non mostra in alcun intervento che propone. A tal proposito è emblematico quanto affermato nel punto seguente.

4) Nel R.U. è anche presente l’attenzione ai percorsi verdi. Ciò dimostra che questo piano non intende cementificare, ma valorizzare le aree verdi già presenti mediante la progettazione di percorsi che colleghino i parchi di questa città (ad esempio il Vallone di Santa Lucia).

Appare quanto meno singolare che si possa parlare di parchi in questa città, dove non è presente alcun parco urbano, atteso che Montereale, le Ville del Prefetto (chiusa) e di Santa Maria, Sant’Antonio La Macchia, non possono essere considerati parchi ma semplici ville, aree attrezzate o aree verdi a servizio dei quartieri di appartenenza.Riguardo al Vallone di Santa Lucia, una vallata piuttosto acclive attraversata da una strada a scorrimento veloce, nella quale questo Piano Urbanistico consente ulteriori edificazioni e la costruzione di un centro direzionale, potrebbe essere trasformata in un parco urbano solo in seguito ad un progetto e alla rinuncia di altre costruzioni, all’interno di un unico piano organico.Ma la questione più sconcertante riguarda la marginalità riservata allo studio del verde, che è relegato emblematicamente all’ultimo punto di questa introduzione.I principi ispiratori della Legge Urbanistica Regionale n. 23/99 riguardano la tutela e la valorizzazione delle reti ambientali-ecologiche, le quali dovrebbero costituire la trama fondante di ogni livello di pianificazione, come già sperimentato in realtà quali l’Emilia Romagna o nella rete ecologica che connette la città di Roma ai parchi extraurbani. Ad esempio i piani che Campos Venuti ha progettato per città come Piacenza e Reggio Emilia si fondano su tale presupposto…In questo Piano Urbanistico il verde costituisce un elemento marginale e formale, è parcellizzato senza alcuna continuità significativa e vengono avanzate proposte di localizzare parchi urbani in zone, come il Lago Pantano di Pignola, che hanno ormai acquisito altre connotazione, o come Lavangone (Avigliano Lucania), dove un palazzetto dello sport, autentica cattedrale del deserto, rappresenta l’unica struttura di un progetto degli anni ’80, mai realizzato, di una città dello sport e dove, al contempo, si propone l’ampliamento dell’attuale cementificio.Queste brevi considerazioni di certo non esaustive cercano di sollecitare un confronto su un Piano Urbanistico che potrebbe segnare definitivamente il triste destino di Potenza e un’attenzione da parte di tutti i cittadini verso scelte che sono difficilmente comprensibili e interpretabili, nella forma in cui il piano viene presentato, anche da parte degli esperti. In tal senso si pone la necessità di assicurare alla comunità un’informazione semplice, chiara, trasparente, per consentire a tutti di acquisire consapevolezza e consapevolmente di partecipare alla progettazione del proprio destino. 

Paolo Baffari  

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fonti energetiche rinnovabili – quinta parte

6.   energia da biomasse – le fonti di energia da biomasse sono costituite da sostanze non fossili, di origine animale e vegetale (queste ultime anche coltivabili), che possono essere usate come combustibile per la produzione di energia (biocombustibili) o come generanti gas  a sua volta combustibile (biogas)…tratteremo in seguito i biocarburanti…va subito chiarito che in questa trattazione viene categoricamente esclusa dal concetto di biomasse ogni operazione sul ciclo dei rifiuti urbani (termodistruzione), materiali che in nessun caso possono essere considerati come fonte di energia rinnovabile…la precisazione è doverosa, vista la equivocità di talune interpretazioni in merito

distinguiamo subito le principali categorie di biomasse in:

  • biomassa secca e legna ecologica
  • biocombustibili da coltivazione
  • biogas

le biomassa secche e la legna ecologica, utilizzate come combustibili per la produzione di calore da utilizzare in quanto tale in impianti di teleriscaldamento o di calore da applicare alla produzione di energia elettrica, sono ricavate da uno sfruttamento razionale delle superfici boscate esistenti o da piantumazioni artificiali con essenze arboree od arbustive a crescita rapida…le biomasse secche e la legna ecologica utilizzate per produrre calore o energia elettrica possono rivestire una grande importanza come fonti energetiche rinnovabili, ma solo se strettamente legate alle necessità energetiche del luogo d’origine, quindi in centrali di ridotte dimensioni, vista la possibile snaturalizzazione dei processi biologici legati a sfruttamenti e/o coltivazioni organizzate in scala industriale…la biomassa secca e la legna ecologica infatti devono avere come caratteristiche per essere riconosciute tali, la provenienza del materiale ligneo da abbattimento di piante già morte, da scarti di potature, forestali ed agricole, da sfruttamento razionale delle superfici boscate (matricina per piccole strisce di bosco o 1 pianta ogni 4, ad esclusione di alberi secolari, essenze protette, boschi storici, ecosistemi ed habitat protetti), una lavorazione ecologica (sega a mano, sega e cippatrice elettrica, etc.), l’assenza di costi aggiuntivi energetici significativi per il suo trasporto e determinate caratteristiche di retribuzione per ora lavorata…torneremo comunque in seguito sull’argomento sul rischio dei processi industriali

i biocombustibili per la produzione di energia elettrica sono derivati da coltivazioni pilotate di vegetali a rapida crescita da utilizzare come combustibili nel processo calore-energia, come ad esempio il miscanto (miscanthus giganthus), una graminacea ibridata alta fino a quattro metri dall’elevata resa (60 tonnellate di materia secca per ha. equivalenti a circa 60 barili di petrolio in termini di potere calorico, sperimentata anche in italia), semi di leguminacee (soia, senape, etc.) ed essenze cerealicole (mais e frumenti), anche modificate geneticamente (ogm)… come per le biomasse secche e la legna ecologica, anche in questo caso, nonostante l’apparente naturalità del processo di coltivazione, il rischio dei processi industriali è molto alto per l’ambiente e per l’uomo ed è legato sia alla possibile contaminazione di grandi superfici agricole da parte di quelle componenti transgeniche che il processo industriale sembra suggerire come le essenze più appetibili per una grande produzione, sia per la possibile destinazione di enormi superfici agricole ad utilizzi energetici e non più legati alle coltivazioni in senso stretto…anche su questo aspetto torneremo in seguito

il biogas è il prodotto della fermentazione anaerobica (anaereobiosi, cioè fermentazione in assenza di ossigeno), operato da microorganismi batterici su materiale organico, vegetali, rifiuti urbani, scarti agricoli e liquami da deiezioni animali o da fognature ed è attualmente utilizzato come combustibile per la produzione di calore o di energia elettrica, previo passaggio in fermentatori chiusi (digestori) da cui viene captato e filtrato…con il termine biogas si intende una miscela composta da vari gas (anidride carbonica, idrogeno molecolare e prevalentemente metano) che si forma spontaneamente negli accumuli di materiale organico ( es. le discariche di rifiuti urbani ne sono grandi produttrici, così come le vasche di contenimento delle deiezioni animali negli allevamenti)…esistono varie tipologie di impianti di produzione a seconda delle matrici organiche, liquide o solide…è da osservare che nella combustione del metano così ricavato, la quantità di anidride carbonica (co2) emessa è quasi pari a quella fissata direttamente dai vegetali o indirettamente dagli animali, quindi in un ciclo breve che riguarda il presente, al contrario di quella emessa dai combustibili fossili per i quali il processo di fissazione di co2, avvenuto in epoche lontane, porta al suo rilascio nell’atmosfersa con la combustione nell’epoca attuale, aumentandone la concentrazione…un ulteriore vantaggio del recupero e dell’utilizzo del biogas riguarda la captazione di metano, emesso si naturalmente con la decomposizione di vetegali ed animali, ma enormemente aumentato dallo sfuttamento umano sulle attività animali e vegetali…è da ricordare come l’immisione in atmosfera di una tonnellata di metano (ch4) , in 100 anni, equivale all’immissione di 21 tonnellate di anidride carbonica (co2)…l’ossidazione del metano che avviene con la combustione porta alla sua degradazione in anidride carbonica (meno pericolosa) ed acqua 

veniamo ora ad una serie di considerazioni finora solo accennate a riguardo dell’utilizzo delle biomasse animali e vegetali come fonte di energia rinnovabile…per le biomasse secche e per le biomasse da coltivazione i rischi insiti nei processi industriali a cui le logiche dei grandi impianti di produzione energetica inevitabilmente conducono, portano a grandi rischi di snaturalizzazione dei processi biologici primari, in termini sia di uno sfruttamento massiccio ed irreversibile del patrimonio forestale, ben oltre quindi la propria capacità auto-rigenerante e ben oltre il naturale processo di decomposizione degli scarti vegetali, sia di impianti di enormi foreste antropizzate o coltivazioni transgeniche poco naturali, su terreni agricoli, a pascolo od a riposo, e quindi destinazioni forzate delle originarie vocazioni di vaste porzioni di territorio…è da rimarcare come, non riuscendo o potendo trovare suoli bastanti alle necessità energetiche attuali dei paesi del primo mondo, i rischi di una possibile esportazione industriale di queste colture in paesi del terzo mondo, paesi dalle economie fragile ed assetate di entrate finanziarie (già realtà in molti casi, vedi centro e sud america con le coltivazioni per il biodiesel statunitense) e le conseguenti monocolture che ne deriverebbero,  impatterebbero direttamente sulla destinazione dei suoli destinati alla sussistenza alimentare delle popolazioni locali…infine il conto energetico globale verrebbe ad essere squilibrato dalle necessità energetiche di trasporto e di lavorazione industriale delle biomasse

la combustione di biomasse genera comunque grandi quantitativi di anidride carbonica, seppur già fissata dagli organismi, ed il loro utilizzo come fonti energetiche non può non tener conto di una necessità, conclamata nei fatti e normata dagli stati aderenti al protocollo di kyoto, di diminuire i gas-serra immessi in atmosfera, intervendo quindi con una costante diminuizione dei processi di carbonificazione…per i motivi sopra esposti è auspicabile quindi che tali impiantistiche a biomasse ed a biogas rimangano sussidiarie alle necessità strettamente locali di produzione energetica in una logica di piccoli impianti integrati volti alla auto-produzione ed all’autosufficienza di piccole comunità.