l’interesse nazionale ed il sistema mattei

abbiamo visto nell’articolo precedente una breve cronistoria degli accordi sulle estrazioni di idrocarburi in val d’agri…un passaggio è fondamentale per la comprensione del tutto ed esattamente quando l’ex presidente della regione basilicata, dinardo, parla di “un interesse nazionale che aveva un costo per la popolazione lucana”…che le estrazioni abbiano un costo pesante per la popolazione lucana è cosa ormai ovvia…ma cos’è l’interesse nazionale per ciò che attiene agli idrocarburi estratti in basilicata?

anche qui una visione critica della storia può aiutare a capire quali siano state le pressioni operate sulla basilicata e sulle sue classi politiche affinchè queste dessero il proprio assenso alle trivellazioni in val d’agri…ma andiamo con ordine e cominciamo da una brevissima disamina storico-energetica…

alla fine del secondo conflitto mondiale, l’italia, uscita dalla guerra in macerie, aveva urgente bisogno di energia primaria per sostenere il processo di ricostruzione del paese, una ricostruzione pressochè completa delle infrastrutture, degli apparati produttivi, delle città distrutte dai bombardamenti, ma anche di ciò che oggi chiamaremmo know-how, il complesso di saperi tecnici che da un’economia di guerra doveva portare ad una economia di pace attraverso la riconversione materiale e culturale di una intera nazione…il piano marshall, con le sue finalizzazioni esclusive all’acquisto di beni materiali che ovviamente l’italia non era in grado di produrre, era un sostegno diretto all’economia statunitense, messa anch’essa a dura prova dalla necessità di riconvertirsi alla pace, che di certo non forniva alcun sussidio energetico al nostro paese…

l’italia, che fino ad allora produceva dall’idroelettrico la quasi totalità dell’energia che le occorreva, ora doveva fare i conti con la totale distruzione dell’apparato produttivo e con la necessità di riavviare in tempi rapidissimi i suoi processi economico-produttivi…tralasciando argomenti pur fondamentali per la comprensione delle scelte politiche che ispirarono certi modelli rispetto ad altri, concentriamoci sull’energia occorrente alla ricostruzione del paese…questa doveva essere abbondante, doveva affluire senza interruzioni e doveva soprattutto essere relativamente poco costosa…l’idroelettrico non sarebbe bastato nell’immediato ad un modello di sviluppo incentrato sull’industrializzazione rapida del paese e quello stesso modello andava sostenuto con manovre organiche di ampia portata economica (reperire capitali per gli investimenti di una politica di opere pubbliche a sostegno del reddito di base), politica (governi filo-americani che assicurassero continuità strategica alla scelta occidentale), sociale (ricostituzione delle classi sociali ed operaizzazione di massa), urbanistiche (modello della città operaia del nord-italia ed emigrazione soprattutto dal meridione), educative (scuole tecniche ed università), culturali (superamento delle logiche di auto-sufficienza di un sistema basato sino ad allora principalmente sull’agricoltura)…

si scelse il petrolio come fonte di approvvigionamento energetico a buon mercato…i paesi produttori erano ancora sotto il diretto controllo coloniale di regno unito e francia, a loro volta pesantemente condizionate dagli stati uniti…si scelse il petrolio per necessità energetiche oggettive, ma anche per le necessità di un quadro strategico che comportava per l’italia  l’impossibilità ad affrancarsi anche energeticamente dalle conseguenze materiali e morali della sconfitta, dipendendo nei fatti la politica energetica italiana completamente dai paesi vincitori…

ma fu anche per diminuire questa dipendenza strategica, che alla lunga avrebbe condizionato lo sviluppo di un paese che dopo gli anni del primo dopo-guerra era ormai in piena ricostruzione e che avrebbe finito per minare l’autodeterminazione stessa del modello politico e di sviluppo economico italiano (per altro già pesantemente orientato dall’anti-comunismo viscerale della guerra fredda), che alla direzione dell’eni fu mandato enrico mattei (ma di lui e della sua politica parlerò in un altro articolo)

il modello di contrattazione di enrico mattei era estremamente spregiudicato ed aggressivo, basato sullo stabilire delle relazioni dirette tra l’eni ed i paesi produttori di idrocarburi che fossero abbastanza vantaggiose per questi rispetto ai modelli contrattuali consueti con le compagnie anglo-americane (il cosiddetto fifty-fifty sul valore dell’estratto nasce proprio con mattei)…questa politica avrebbe consentito all’italia forniture di greggio più stabili, in una cornice di sostanziale indipendenza degli approvvigionamenti energetici del paese ed un ritorno sulla scena strategica internazionale…ma tale politica metteva in seria difficoltà le multinazionali del settore (le cosiddette sette sorelle), a loro volte strettamente connesse ai rispettivi governi, tanto che…ma questa è un’altra storia!…

l’interesse nazionale agli idrocarburi nasce in quell’epoca (a cavallo tra anni ’50 e ’60) con l’eni totalmente in mano pubblica e con enrico mattei che nei fatti determinava sia la politica estera italiana, attraverso relazioni che scavalcavano la stessa politica, che quella interna, con accorte manovre di finanziamento trasversale ai partiti ed ai media (attività che l’eni ha comunque continuato a seguire fino ad oggi) …ma l’eni riusciva anche a formare direttamente opinioni (“il giorno”, storica testata giornalistica, era di proprietà dell’eni e questa, essendo parte con l’iri e l’efim della politica economica dello stato italiano, stabiliva facili relazioni con tutte le attività di questi enti, dall’alitalia alla rai, al sistema delle acciaierie o dei cementifici, dai cantieri navali alle banche ), riuscendo con queste sinergie a determinare una politica degli investimenti al sud, strettamente connessa ad un modello di sviluppo delle fonti locali di idrocarburi (è il caso della val basento) ed alla ricezione, trasformazione e reinvio del greggio dai terminali naturali verso il sud del bacino del mediterraneo (priolo, augusta, brindisi, crotone, etc.) ai luoghi reali della produzione, il triangolo industriale milano-genova-torino…il petrolio importato alimentava infatti la quasi totalità delle necessità energetiche del paese, tanto in termini di energia elettrica (da non dimenticare la nazionalizzazione del mercato dell’energia elettrica attraverso la nascita di enel), tanto in termini di carburanti per autotrazione (in un paese che scegliendo la mobilità su strada, sceglieva di fatto un modello basato sulla fiat e sulle costruzioni di grandi infrastrutture viarie)…il petrolio era dunque un interesse nazionale!!!

mattei era ingombrante e pericoloso non solo per le compagnie anglo-americane, ma anche per molti operatori italiani interessati ad un business dalle potenzialità economiche immense, fino a quando il quadro politico e le sue scelte energetiche non fossero mutate…un interesse tale da doversi strutturare, dopo la morte di mattei, in un potentissimo comparto lobbystico che prevedeva ora più attori e che continuava ad influenzare le scelta energetiche e non solo del paese, ribadendone in ogni istante la dipendenza dagli idrocarburi e soprattutto dai loro fornitori

dipendenza ovviamente esasperata dal crack petrolifero degli anni ’70, una dipendenza che andava capitalizzata anche impedendo ogni ricerca sulle fonti rinnovabili fino a screditarle come utopie anti-economiche, una dipendenza da mettere la lobby in condizione di impedire ogni seria politica di risparmio, una dipendenza che tutto sommato andava bene anche allo stato, che dai prodotti petroliferi e dall’impossibilità ad ogni alternativa ricavava enormi profitti, sotto forma di accise…un sistema ben congegnato, dunque, e riassumibile in solo passaggio: la capacità indiscussa ed indiscutibile della lobby di influire sulle scelte di strutturazione del sistema energetico, che dovendo rimanere essenzialmente basato sugli idrocarburi nell’ottica di una rendita garantita ai petrolieri, si interfacciava direttamente e strutturalmente sia alla politica che alle amministrazioni, con l’aiuto di ben congegnati sistemi di corruttele, di finanziamenti a vario titolo, di clientele, di orientamento delle opinioni…il sistema mattei, appunto, ma dove il concetto di interesse nazionale, pure alla base delle sue strategie, era svanito nell’interesse diretto delle compagnie petrolifere e del comparto politico-finanziario a queste collegate…un sistema pervasivo che prevede l’organicità agli interessi delle compagnie di politici, burocrati, giornalisti, ricercatori, etc…un sistema in grado di esercitare contemporaneamente, a più livelli e con caratteristiche perfettamente modulate agli scopi finali delle compagnie, pressioni politiche tali da non essere sostenibili od opponibili… 

volete un esempio attuale di questa capacità pervasiva?…i cip 6 erano delle percentuali maggiorate del 6% delle bollette enel degli italiani che dovevano andare al finanziamento delle energie rinnovabili, ma che per quindici anni (dal 1992), sulla base di una piccola ed apparentemente insignificante aggiunta della parola assimilabili alle parole fonti rinnovabili, sono stati sistematicamente dirottati verso la costruzione della filiera della termodistruzione dei rifiuti solidi urbani e verso la stessa industria petrolifera (attraverso il finanziamento della cogenerazione in impianti termoelettrici alimentati ad oili combustibili ed il finanziamento delle fonti fossili estratte da giacimenti isolati, quelli italiani in modo particolare)…o potremmo continuare con il regalo di 800 milioni di euro che il c.i.p.e. ha elargito alle attività di ricerca e sviluppo della produzione nazionale di idrocarburi poche settimane fa…il quadro comincia a delinearsi con evidenza!!!…

estrarre in italia conviene per via delle bassissime royalties (7% come da decreto legge citato nel precedente articolo) da corrispondere alle realtà locali ed è proprio a questo punto che diviene evidente quanto il concetto di interesse nazionale sia corrotto alla base da interessi di corporazione che nulla hanno a che fare con il concetto reale di interesse nazionale, che prima di tutto dovrebbe essere un interesse a favore della collettività…se le compagnie risparmiano royalties, lucrando sulla differenza tra quelle corrisposte in italia e quelle da corrispondere all’estero, pur a fronte di un maggiore costo delle stesse estrazioni, con l’avvallo puntuale del ministero dello sviluppo economico (notare come il nome del ministro bersani ritorni sempre), dell’u.n.m.i.g., del c.i.p.e. che ad ogni effetto sono addentellati politici funzionali alle compagnie petrolifere, se lo stato incassa accise che incasserebbe comunque anche a fronte di importazioni, se le condizioni generali di utilizzo dell’energia devono comunque sottostare ai cartelli dei prezzi (alla faccia della libertà di mercato e della concorrenza!!!), quindi in sostanza se per i cittadini nulla cambia se l’estrazione di petrolio avvenga in italia o all’estero, dovremmo concludere che l’interesse nazionale sia incentrato sulla quota di royalties devoluta alle realtà locali?…no, evidentemente!!!…no, soprattutto alla luce della fuoriuscita della basilicata dalle aree dell’obiettivo 1, anche a causa delle royalties percepite…no, evidentemente, alla luce di infrastrutturazioni comunque sempre a carico della collettività, no perchè le estrazioni non portano alla creazione stabile di posti di lavoro, no, per i disagi ambientali, economici, vocazionali, culturali, democratici che abbiamo visto il petrolio portarsi dietro come un parassita simbiotico da attaccare all’ospite, disagi la cui risoluzione rimane comunque sempre a carico della collettività…

l’interesse nazionale alla ricerca di idrocarburi in italia, ed in basilicata in modo particolare, è un interesse di corporazione spacciato come interesse collettivo, con la complicità interessata di classi politiche nazionali e locali organiche al sistema delle compagnie ed operanti con il concorso di mezzi di informazione e di una ricerca orientata dai finanziamenti, alla creazione di un clima di consenso generale da ottenersi a più livelli, dalle pratiche della gestione clientelare delle royalties alle lusinghe ed alle blandizie dello sviluppo

credo che alla luce di queste considerazioni sia facilmente intuibile quali e quante siano state le pressioni sulla politica lucana affinchè si giungesse ad un accordo con l’eni estremamente svantaggioso per la basilicata, a riguardo delle estrazioni di idrocarburi in val d’agri…e se applicassimo le stesse considerazioni per gli accordi sulle estrazioni in val camastra, credete che le conclusioni sarebbero tanto diverse?…e nel resto della regione, da monte grosso ad ognuno degli altri permessi od istanze di ricerca e coltivazione che siamo certi trasformarsi presto in permessi effettivi?…credo che noi lucani dobbiamo pretendere qualcosa di diverso per noi stessi e per questa terra, per questa colonia che non ne può più di essere tale…pretendiamo rispetto e democrazia reale, pretendiamo auto-determinazione nelle scelte del territorio…pretendiamo una nuova classe politica che sappiamo però non essere assolutamente rappresentata dai candidati e dai partiti attuali…pretendiamo il diritto ad affrancarci da logiche di occupazione che il far parte di un paese democratico neppure dovrebbe contemplare…pretendiamo molto e subito!!!…e lo otterremo!!!

miko somma

      

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