Comunicato stampa di Comunità Lucana – Movimento No Oil

Dubbi, anzi certezze

 

Constatiamo con piacere che il Consiglio Regionale di Basilicata con voto a larghissima maggioranza (e spiace davvero che qualcuno si sia astenuto al riguardo) ha impegnato la Giunta Regionale a tutte le azioni di salvaguardia nei confronti della decisione della analoga giunta di Calabria di autorizzare la rimessa in produzione con conversione a bio-masse della centrale del Mercure.

 

Tale impegno che auspichiamo positivo per la risoluzione della questione, ancorché non risolutivo del dato di fatto che detta giunta calabrese ha di fatto autonomamente autorizzato la conversione a bio-masse dell’impianto che, ricordiamo, sorge a pochi metri dal confine lucano, pone però un problema rispetto alle previsioni di potenza elettrica derivante proprio da bio-masse del PIEAR lucano.

 

Sarebbe infatti a dir poco ipocrita che nel mentre ci si oppone all’apertura di una centrale contestata dalle popolazioni locali lucane e calabresi inutile nelle previsioni di generazione elettrica rispetto al reale utilizzo locale, sospetta di poter bruciare anche combustibile da rifiuti (CDR e succedanei), oltre ad una inesistente quantità di legna ecologica (a meno di non acquistare dall’estero o disboscare del tutto il Parco Nazionale a fronte dei MW previsti) ed in ogni caso dannosa ai fini di una sempre maggiore vocazione turistica di cui il parco e le comunità interessate cominciano finalmente a fruire, non si aprisse una seria discussione generale sull’opportunità di prevedere ed approvare nel territorio regionale la installazione di impianti di produzione energetica a bio-masse dalle dimensioni produttive simili, centrale di Aciniello, o seppur inferiori, Tricarico, Ferrandina e via discorrendo in un lungo elenco a cui si aggiungerebbe anche un impianto da 5 MW a Viggiano, dove crediamo si sia già realizzato abbastanza in termini energetici.

 

Discussione che, al netto di considerazioni sulle quantità realmente disponibili in regione di materiale ligneo, dovrebbe riguardare anche e soprattutto l’ovvietà che se provvedimenti nazionali e regionali autorizzano l’equivalenza di CDR con la legna ecologica, di fatto sarà proprio il combustibile da rifiuti a divenire il principale carburante per quei forni, rassicurazioni unilaterali delle aziende a parte.

 

Questa regione che più volte in passato ha peccato di capacità puntuale e costante di controlli su molti settori – vogliamo su tutto ricordare il petrolio in Val d’Agri e l’ancora assente alla conoscenza delle popolazioni del relativo Piano di Sicurezza – di incerta attività di programmazione – vogliamo allora ricordare il tema vivo dei rifiuti solidi urbani o silente dei rifiuti speciali ed industriali di cui  pur una legge regionale impedirebbe a quelli non prodotti in loco trattamento e stoccaggio nel territorio – di scarsa o nulla comprensione degli impatti ambientali e sanitari di alcune attività industriali – vogliamo quindi ricordare un tardivo Registro dei Tumori, mancate bonifiche in siti accertati e quanto meno una lentezza nella rilevazione e trasmissione di dati di inquinamento in siti che pur sono soggetti alle normative Seveso – non assicura affatto la capacità di controllare cosa in realtà verrà bruciato nelle centrali a bio-massa che rifiutiamo “ai” confini regionali, ma accogliamo “nei” confini.

 

E non rassicurando affatto sistema locale dei controlli, delle rilevazioni ambientali e della capacità ispettiva, crediamo che i nostri dubbi siano non solo del tutto leciti, anche a fronte della quantità impressionante di eco-balle accumulatesi in Campania che pur volendo credere alle favole miracolistiche del governo nazionale, da qualche parte pur si dovrà smaltirle, ma prossimi alla realtà di una regione che potrebbe diventare il retroterra “caldo” delle emergenze campane, altro che la terra dei boschi di enotria memoria in cui qualche potatura basterebbe ad alimentare 50 MW elettrici di produzione energetica.

 

Leggendo infatti gli impegni regionali sulla forestazione produttiva (44 milioni di euro e non conosciamo affatto quali saranno le essenze da piantare), ai dubbi leciti che traslano in realtà sulla base dell’analisi lucida dei fatti campani, si aggiunge la certezza che qualche “cricca della bio-massa” stia da tempo agendo in questa regione, addentellandosi non solo nei palazzi del potere e nelle case comunali, ma persino nella “ricerca”.

 

Bio-masse che, lungi dal dover essere demonizzate, ben altro utilizzo potrebbero avere in regione se fossero considerate per la loro intrinseca natura di “aggiunta” ad altre produzioni energetiche rinnovabili e sulle quali i dubbi di corretta interpretazione degli impatti territoriali già sono stati, dal sottoscritto e dal movimento che rappresenta, abbondantemente denunciati, ritornando così al loro ruolo di residualità specifica e strettamente locale lì dove altre produzioni energetiche di autosufficienza di piccole comunità o di complessi di aziende agricole non sono, o lo sono difficilmente, praticabili economicamente.

 

Chiediamo pertanto che si pratichi subito una moratoria regionale sulle bio-masse atta a miglior definizione di obiettivi e finalità più consone alle dimensioni su cui simili impianti dovrebbero per intrinseca natura essere programmati, tarati ed infine autorizzati con il consenso delle popolazioni.

 Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana – Movimento No Oil

il mercure

I lavori del Consiglio regionale


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Il Consiglio ha, poi, approvato a maggioranza, con 22 sì, e l’astensione del consigliere Rosa (Pdl), una mozione sottoscritta da tutti i capigruppo sulla Centrale del Mercure. Il documento, che riformula un testo presentato in precedenza dai consiglieri Autilio e Benedetto (Idv) e Mollica (Mpa), esprime “un orientamento contrario alla riattivazione della Centrale del Mercure, un progetto che stride con le scelte della Regione Basilicata in materia energetica e di sviluppo delle fonti rinnovabili contenute nel Piear”, e impegna la Giunta regionale “ad adottare ogni idoneo atto per proporre impugnazione, nelle pertinenti e competenti sedi giudiziarie/amministrative, entro termini utili, avverso il provvedimento autorizzativo al progetto Enel relativo alla Centrale elettrica della Valle del Mercure, pubblicato sul Bur della Regione Calabria in data 5 ottobre 2010, al fine di ottenerne l’annullamento e l’immediata sospensiva.

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bene, pare che la ragione abbia avuto accesso per una volta nel consiglio regionale…rimane il punto nodale però che nel piear nostrano sono state approvati 50 mw da bio-masse, peraltro già ampiamente superati dalla somma dei mw delle centrali di tricarico, stigliano, ferrandina e da tutte le altre che affollano il panorama del “brucia che ti passa” lucano…la contraddizione è forte e necessita di un’ampia discussione sul tema che non può fermarsi al no consiliare con cui “si impegna la giunta” per la centrale del mercure (in territorio calabrese solo per pochi metri) la cui riattivazione è stata autorizzata dalla regione calabria, ma che deve svolgersi serenamente nella certezza che se la legge nazionale (decreto lunardi) e regionale lucana autorizzano di fatto la combustione di cdr (combustibile da rifiuti) nelle centrali, avendo reso equipollente lo stesso alla legna ecologica, si può star certi che rifiuti saranno bruciati…la basilicata retroterra “caldo”, anzi rovente, delle eco-balle accumulate durante l’eterna crisi campana, questa è la realtà di cui la giunta de filippo e lo stesso consiglio si son fatti carico con l’approvazione ad occhi chiusi del piear…vedremo quale sarà l’atteggiamento reale della giunta “impegnata” contro il si calabrese alla centrale del mercure e ci auguriamo che simile atteggiamento, del resto tutto da verificare nella pratica degli “spondismi” politici (qualche dubbio a riguardo lasciatemelo nutrire, visti molti precedenti) sia preludio ad un vero e proprio ripensamento che annulli le scelte lucane sulle centrali a bio-balle e che riporti il tema della combustione di bio-masse nel suo vero alveo di discussione, quello di una fonte residuale che va pensata e realizzata solo in dimensioni ridotte ad 1-2 mw e solo in quelle realtà dove il cippato ed i residui vegetali siano realmente locali e frutto non di “coltivazione industriale” dei boschi, ma di manutenzione attenta degli stessi, non di agricoltura no-food, ma di attenzione alla intera filiera agricola e zootecnica, non di promesse di occupazione a fondo perduto, ma di reale ed attenta valutazione di ciò che si guadagna in rapporto a ciò che si rischia di perdere…

una nota, anzi due, a margine…mi son preso da una agente del corpo forestale dello stato l’appellativo di “fomentatore”, quando chiedevo di poter accedere come cittadino ed esponente politico ai lavori del consiglio, poichè di fatto l’accesso allo stesso era ancora bloccato nel pomeriggio, quindi oltre il ragionevole blocco che era stato opposto durante la mattina visto il numero di persone presenti (quando comunque ero riuscito facilmente ad entrare per assistere)…avevo semplicemente fatto osservare che come cittadino avevo diritto ad entrare e visto che la capienza dell’angusto spazio riservato agli “pettatori” era terminata, c’era comunque un televisore in una sala di disimpegno attiguo in cui poter far accedere le persone che volevano assistere…giudicate voi se il sottoscritto è un fomentatore o non piuttosto uno che chiede ciò che ragionevolmente gli spetta in quanto portatore di diritti soggettivi…al mio appellativo poi di “questi si son piazzati qui davanti” (erano di fatto disposti in manipolo di fronte al cancello semichiuso”), mi è stato obiettato dalla stessa che avevo usato la parola “questi”…ho fatto osservare che fino a prova contraria la parola questi è una parola del vocabolario italiano e basta…piccoli e normali battibecchi…non me ne voglia l’agente in questione, ma una divisa a me suggerisce qualcuno con cui collaborare per il bene comune (sarò un ingenuo credulone, ma voglio ostinatamente continuare a crederlo), e non certo un avversario seppur solo dialettico…seconda nota, non mi fido dei sindaci e di alcuni sindaci, punto!!!

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