anche la libia si infiamma

In Libia esplode la rivolta contro Gheddafi, decine di vittime. Obama “Stop alla repressione” 

Si aggrava il bilancio delle violenze in Libia, dove la regione orientale della Cirenaica, e in particolare le città Bengasi ed El Beida, sembra essere ormai teatro di una vera e propria rivolta. A Bengasi è stata incendiata la sede della radio locale, mentre secondo alcune fonti i manifestanti hanno impiccato due poliziotti ad El Beida. Secondo il quotidiano libico Oea, vicino a Seif Al-Islam, figlio del colonnello libico Muammar Gheddafi, le manifestazioni contro il regime hanno provocato almeno venti morti a Bengasi, la seconda più grande città del Paese, e sette a Derna (sempre nell’Est). Questo nuovo bilancio porta a 41 il numero delle vittime dall’inizio delle proteste in Libia martedì, secondo un bilancio stilato dall’Afp a partire da diverse fonti locali, che non tiene conto di quattro detenuti uccisi dalle forze dell’ordine mentre tentavano di evadere dal carcere di El Jedaida vicino Tripoli, né i due poliziotti impiccati. Questi ultimi tentavano di disperdere una manifestazione nella città di El Beida (200 chilometri a est di Bengasi), ma sono stati catturati dai manifestanti prima di essere giustiziati.

 

Bengasi nel caos –  I manifestanti hanno incendiato la sede della radio locale a Bengasi, nella Libia orientale, dopo il ritiro delle forze che garantivano la sicurezza dell’edificio. Anche l’aeroporto è stato chiuso, secondo quanto riferisce la BBC sul suo sito online. Lo scalo era stato in precedenza occupato da alcuni dimostranti cui, stando a testimoni sul posto contattati dall’emittente, si erano uniti anche elementi delle locali forze di sicurezza. Altre fonti hanno confermato alla BBC che in alcune zone della città è stata interrotta l’erogazione della corrente elettrica, riferendo anche che quattro carri armati sono stati posti a guardia del tribunale, situato in una zona interessata dalle proteste di oggi. Un residente ha detto alla BBC di temere “un massacro”.

 

Amnesty: sono 46 le vttime – In un comunicato pubblicato sul suo sito Internet, l’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani accusa le autorità libiche di comportamento “sconsiderato” e chiede che i responsabili di questo “eccessivo uso della forza” vengano immediatamente “identificati e tradotti davanti alla giustizia”. Fonti dell’ospedale Al Jala a Bengasi oggi hanno informato Amnesty che molti feriti trasportati nel nosocomio presentavano ferite di arma da fuoco “al torace, alla testa e al collo”. “L’allarmante aumento nel numero delle vittime e la natura delle ferite riscontrate fa pensare che le forze di sicurezza sono state autorizzate ad un uso letale della forza contro manifestanti disarmati che chiedono riforme politiche”, ha detto Malcolm Smart, direttore internazionale di Amnesty per il Medio Oriente e in Nord Africa. Sempre citando fonti dell’ospedale Al Jala, Amnesty aggiunge che nella sola Bengasi sono morte 28 persone e altre 100 sono rimaste ferite. Tre dimostranti sarebbero rimasti uccisi nella giornata di venerdì. Altre 15 persone sono morte nel corso delle proteste avvenute nella città di Al Baida, situata nella Libia orientale a circa 200 chilometri da Bengasi, stando al comunicato di Amnesty.

 

Obama: basta con la repressione – L’organizzazione non governativa Human Rights Watch da parte sua aveva parlato questa mattina di un bilancio di 24 vittime accertate. Altre fonti, soprattutto Ong, e attivisti all’estero, ci sarebbero stati oltre 50 morti. Dagli Stati Uniti è arrivata la condanna del presidente Barack Obama, che si è detto “molto preoccupato” dalle violenze contro i manifestanti in Libia e anche in Yemen e Bahrein. “Gli Stati Uniti condannano l’uso della violenza da parte dei governi contro i manifestanti pacifici”, ha dichiarato il presidente in un comunicato. I manifestanti chiedono le dimissioni del colonnello Muammar Gheddafi, al potere dal 1969. I comitati rivoluzionari, pilastro del regime libico, hanno minacciato oggi i “gruppuscoli” che manifestano contro Gheddafi di una risposta “folgorante”.

 

La rivolta – Proteste e contestazioni sono cominciate martedì e si sono intensificate dopo gli appelli su internet per una “giornata della collera”. Le prime manifestazioni sono state represse molto violentemente, in particolare a Bengasi, storica roccaforte dell’opposizione, ed El Beida, entrambe situate sulla costa mediterranea. Migliaia di persone hanno partecipato ai funerali di almeno 14 dimostranti uccisi a Bengasi, secondo testimoni. Ad El Beida, le forze dell’ordine erano schierate in periferia e controllavano entrate e uscite dalla città come pure l’aeroporto, dopo le notizie che circolavano su internet secondo cui i dimostranti avrebbero preso il controllo del centro urbano. “Le forze di sicurezza hanno ricevuto l’ordine di lasciare il centro della città per evitare scontri con i manifestanti”, hanno indicato fonti “ben informate” all’Afp. Fra le vittime degli scontri ad El Beida ci sono dimostranti, ma anche dei sostenitori del regime, hanno aggiunto queste fonti.

 

Città in mano al popolo – El Beida e Derna sono ormai “due città libere” e “il potere è passato al popolo”, proclama Hassan Al-Jahmi – uno dei promotori della ‘Giornata della Collera” – ai sui circa 30.000 simpatizzanti su Facebook. E su Youtube un video amatoriale mostra incidenti a Tobruk, con un monumento di cemento al ‘Libro Verde’ di Gheddafi, simbolo della sua rivoluzione, gettato giù dal suo piedistallo. A Tripoli invece, per tutta la giornata la vita è andata avanti abbastanza normalmente. Gheddafi si è fatto vedere nel centro della città, nella Piazza Verde, dove è stato salutato con entusiasmo dai suoi sostenitori. Non ha parlato ma hanno parlato i comitati rivoluzionari: una risposta “violenta e fulminante” colpirà – hanno detto – gli “avventurieri” che protestano, e qualunque tentativo di “superare i limiti” si trasformerà in “suicidio”.

 

Bloccato Facebook – Il social network è stato reso inaccessibile a Tripoli e in altre località della Libia, secondo quanto affermano vari utenti del social network attraverso messaggi diffusi su Twitter. Secondo notizie rimbalzate dalla capitale libica, anche la navigazione su Internet è diventata più difficile e alcuni siti risultano irraggiungibili. Le manifestazioni di protesta inscenate oggi e nei giorni scorsi in varie città della Libia sono state in gran parte organizzate attraverso appelli lanciati sul web.

 In piazza anche i sostenitori di Gheddafi – Oltre mille detenuti sono d’altra parte evasi dopo un ammutinamento in una prigione a Bengasi, secondo il quotidiano Quryna, sempre vicino a Seif Al-Islam, e 150 sarebbero stati in seguito arrestati. A Tripoli, la capitale, sostenitori del regime sono scesi in strada attraversando la città in automobile, ed esponendo ritratti del colonnello Gheddafi e bandiere. Parallelamente, gli organi di informazione ufficiali continuano a occultare le proteste

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