14/06/2011 

è arrivata l’ora di mettersi al lavoro per costruire un progetto politico comune ai lucani in grado di confrontarsi con la complessità di problemi antichi trapiantati nel moderno…è arrivata l’ora di mettere da parte inimicizie, incomprensioni, silenzi ed il gioco dell’ignorarsi a vicenda in nome di problemi seri che non sarà il centrodestrasinistra feudo-baronale a risolvere, ma noi, direttamente noi

miko

p.s. la presente vale come chiamata alla partecipazione

Comunicato stampa comunità lucana-movimento no oil

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l’acqua è pubblica!

 

Esprimiamo la nostra più viva soddisfazione sia per il raggiungimento di un quorum referendario di cui nei troppi anni trascorsi si era quasi persa memoria, sia naturalmente per l’esito travolgente dei si ai quattro quesiti, entrambi segni evidenti di una volontà di partecipazione alle grandi scelte che il Paese e la regione non hanno fatto mancare, ponendo così netto limite alle “follie” mercantiliste di un governo ormai delegittimato, essendosi espresse nette bocciature popolari a tre importanti leggi sulle quali lo stesso aveva posto la fiducia alle Camere.

 

 

Ma ben al di là di considerazioni meramente politiche, vince appunto la partecipazione e la volontà popolare – questo si la vera cifra politica della vittoria referendaria – non certo i partiti che pure una loro parte importante hanno giocato, ma che come al solito tendono a letture molto autoreferenti di una realtà che in buona parte continua a rimanere a loro nascosta.

  

Il voto seppure rappresenti una “sfiducia” al governo delle destre, è soprattutto una sfiducia verso i progetti che spingono i beni comuni ed i diritti essenziali nelle braccia di interessi che, o si chiamino privatizzazioni o assumano la dizione apparentemente più tranquillizzante di liberalizzazioni, poco cambiano la sostanza di quella perdurante svendita del ruolo anche economico dello Stato che in Italia si è finora perseguito in un quindicennio, sul malinteso di una scomparsa di monopoli pubblici suggerita dall’Europa e tanto malamente applicata da non avere eliminato posizioni dominanti, ma semplicemente dislocato il controllo di settori strategici in mani altre dall’interesse pubblico.

  

Così se pur apparentemente il primo quesito sembrava porre il solo problema della messa a gara o se se vuole dell’affidamento delle gestioni idriche ai privati, la realtà del decreto Ronchi poneva in atto una clamorosa “rivoluzione liberista” che, se non bocciata, rischiava di consegnare ai mercati ed alle loro bizzarrie speculative interi settori strategici a rilevanza economica quali la gestione dei rifiuti, i trasporti, alcuni pezzi di sanità e welfare, le poste e via discorrendo, in un polveroso turbinio di volatilizzazione dello Stato che il voto ha, consapevolmente o meno, per il momento bloccato.

  

Si è cioè posta in essere una campagna sull’acqua e sulla sua rilevanza per l’esistenza ed il diritto a questa, scegliendo una semplificazione dell’argomento che probabilmente altre formule avrebbero reso meno “edule” agli elettori, ma la cui sostanza di difesa di tutti i beni comuni non cambia affatto.

  

Come però del resto non cambiano affatto alcune incongruenze della legislazione ex ante (ed oggi di nuovo vigente, d.l. 152/06) e della stessa precedente legge Galli che nei fatti avevano permesso alcune privatizzazioni e relative remunerazioni del capitale investito da privati, leggi queste volute da un centrosinistra che non ci appare del tutto esente da quei fenomeni di cessione al privato che, seppur mascherate da un sornione segretario del PD con la formula delle liberalizzazioni, restano come macigni sulla strada del mantenimento in quota pubblica di molti servizi essenziali erogati da Stato ed Enti Locali, una certezza questa del prevalere nel maggior partito di opposizione di quello strano senso di euforia per tutto ciò che è mercato, impresa e reddito privato.

  

La stessa gestione delle acque lucane è paradigma di questa euforia, poiché trattasi di affidamento in house, ma gestito nelle forme del diritto privato attraverso una s.p.a., Acquedotto Lucano, quindi in sostanza attraverso uno strumento societario che nessuna norma obbliga debba rimanere come a capitale interamente pubblico per l’intera sua esistenza, o se vogliamo toccare altri campi ACTA s.p.a. che si candida alla gestione dei rifiuti lucani, entrambi moduli del tutto da rigettare se si deve onorare la volontà referendaria, essendo le società di capitali votate alla creazione di utile e molto volatili se e quando emergesse una volontà di quotazione in Borsa che riteniamo ormai vicina. Acqua s.p.a. poi rimane un mondo misterioso che crediamo debba al più presto esser cancellato.

  

L’occasione dell’esito dei referendum è allora una buona occasione per ripensare il ruolo di società a capitale pubblico e per avviarne la trasformazione in Agenzie o Dipartimenti, secondo il principio che il pubblico mal funziona solo se c’è volontà di farlo mal funzionare e secondo la logica che ciò che esce dalla porta del Paese non può rientrare dalla finestra di una regione. Politica avvisata…

  

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil