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Tra il “nessun dorma” ed il “silenzio”, la siesta.

 

A voler essere del tutto coerenti con la realtà, dopo il rinvio a giudizio del direttore di ARBEA, Di Mauro,.e di funzionari a vario titolo responsabili della mission pratica dell’agenzia, e dopo gli arresti domiciliari dell’ex direttore dell’ARPAB, Vincenzo Sigillito, e di un alto responsabile tecnico della stessa, pur nella coerenza con i principi garantisti della nostra Costituzione, delle normative e degli stessi principi giuridici che indicano di colpevolezza gli imputati solo espletati tutti i doverosi gradi di giudizio, qualche considerazione a freddo di natura politica andrebbe fatta.

  

Chi ha nominato i due direttori di due strategiche agenzie regionali e quindi in qualche modo è su se stesso che sussume la responsabilità politica di aver operato una scelta così critica? Senza girare troppo alla larga, tale responsabilità appartiene al Presidente della Regione, Vito De Filippo, ed è dal presidente stesso che si sarebbe dovuta ascoltare quanto meno autocritica – per carità, e chi si dimetterebbe in Italia per così poco? – su anni di mancata osservazione che pur in qualità di mandante dei due responsabili ci si sarebbe dovuto e potuto aspettare.

  

Naturalmente nulla di tutto questo è avvenuto nella narcolessia di una regione che non si interroga su nulla (nel caso specifico sulle politiche agricole che dipendono dalle contribuzioni comunitarie e sull’attività di controllo ambientale), preferendo semmai accettare l’inutilità di una commissione di inchiesta si Fenice piuttosto che sull’operato generale di ARPAB – il pensiero corre così al centro olii di Viggiano ed a tutte le attività tacciate di sensibile emissione ambientale – e glissando del tutto nell’ipocrisia del silenzio su una fenomenologia, il malaffare connesso all’inutilità causale di alcuni interventi nella gestione degli aiuti ad un patrimonio agricolo sul quale la regione dovrebbe puntare con maggior decisione e coraggio dopo il fallimento conclamato delle proprie politiche industriali.

  

Appare quindi ovvio che la colpevolezza o l’innocenza (da dimostrarsi entrambe) dei direttori viene artatamente svincolata da ogni ipotesi di responsabilità politica, quella responsabilità che seppure non tacciabile di sodalità visti gli atti conosciuti è pur sempre eticamente in capo a chi compie delle scelte. ed è quindi da costui che ci attenderemmo atti o comunicazioni in merito tali da chiarire ogni ragionevole od irragionevole dubbio, quanto meno per recuperare alla politica, se non ai politici, la capacità “morale” che la patente sfiducia di fondo della popolazione trasforma ora in sopportazione silente ed a volte accettata come una malattia incurabile – una fisio-patologia dunque – ora nella grave disaffezione alla stessa come strumento di dialogo e di riequilibrio delle asperità sociali.

  

Sia chiaro che non intendiamo ora e qui trovare o suggerire vie d’uscita da quella più ampia crisi della politica che gli osservatori tacciano di anti-politica, senza interrogarsi sulle relazione tra cause ed effetti, o di “indignismo” privo di connotazioni propositive riconoscibili, e come tale da rivestire al più presto di cappelli a falde preferibilmente ampie, o peggio ancora di derive socio-antropologiche che nelle varie gradazioni dal nimby alla violenza, paiono ridotte al rango di mere lamentazioni, e farlo soprattutto in una regione che ci par prima dovrebbe conoscere la politica per parlare di critica alla stessa, quanto consigliare atteggiamenti più consoni alla politica, che dovrebbe spiegare e non celare, nicchiare o peggio distogliere l’attenzione generale.

  

Così ci aspetteremmo che siano il presidente della Giunta, il Consiglio che pur ratifica le scelte, le Commissioni relative che controllano, valutano, approvano o censurano, a fornire degli opportuni e necessari strumenti di ragguaglio del proprio operato in merito alle situazioni di ARPAB ed ARBEA, ed a farlo prima della conclusione dell’attività inquirente e di quella giudicante sui due casi.

  

Una conferenza stampa aperta non solo agli operatori dell’informazione, ma anche ai “critici” quali blogger e responsabili di comitati ed associazioni, forse aiuterebbe a dissipar dubbi in una regione che tra il “nessun dorma” ed il “silenzio”, nel frattempo si concede da qualche decennio una siesta prolungata. Gradiremmo cioè conoscere semplicemente i motivi di quelle nomine.

  

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil