25/11/2011

la mia più grande soddisfazione per la firma dell’ordinanza per l’alluvione nel metapontino…gente di puglia e gente di basilicata, unico disastro, unica gestione pessima del territorio, ma questo non è il tempo che per una vittoria popolare che da nove mesi si attendeva

miko somma

Com. stampa comunità lucana-mov. no oil

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Oltre il fondo non si può raschiare.

 

L’attuale quadro di relazioni politiche che sorregge il sistema di governo della regione, dei territori, di enti intermedi, agenzie e società pubbliche pare sia giunto ad un punto di frizione che compromette la sua tenuta, a partire dalla sempre più palese difficoltà a ricomporre le contraddizioni nell’usuale consorteria della spartizione secondo un manuale Cencelli tutto alla lucana ormai forse in crisi.

 

 

Ciò vale a dire che se il sistema tendeva a ripagare gli apporti di consenso a maggioranze “bulgare” sulla base di postazioni da distribuire equivalenti a consorterie da praticare basandosi su disponibilità di fondi pubblici da gestire da queste, gli stessi apporti andavano prioritariamente “pesati” e valutati anche in base alla continuità di consenso assicurata da figure chiave identificabili nel cerchio ristretto di pochi uomini politici di lungo corso, e non sfuggono così le immagini al tavolo di maggioranza di pochi giorni fa convocato a suggello della “verifica dai tempi lunghi”, le presenze di vecchi inossidabili insieme a quelle dei referenti partitici che compongono la giunta. Ma partiamo dalla disamina storica.

  

Era pratica ben rodata ai tempi della “balena bianca”, al fine di assicurare una pax tra differenti anime correntizie o baronali (il caso tipico) che nella DC lucana convivevano, pesare appunto il consenso e trasformarlo in postazioni anche sulla base di prassi di continuità, e tale pratica è felicemente traslata negli anni ‘90 in ciò che, partito come un argine per frenare la dissoluzione dei grandi partiti dopo la tempesta di mani pulite, divenne un “laboratorio” del centrosinistra che in Basilicata, terra di statica stabilità politica, era più facile che altrove usare come modello per le aggregazioni del futuro.

  Ma i grandi partiti di massa si erano comunque dissolti e venuta così meno la patriarcalità assicurata localmente dai grandi vecchi e dai loro primitivi sistemi di consenso, si creò la necessità di un nuovo patto consortile regionale non tanto tra i partiti che nascevano dalla scomparsa del soggetto politico DC e dagli altri partiti in liquidazione o rapida mutazione, quanto tra gli esponenti di questi e detentori di pacchetti rodati e certi di voti nei territori in grado di assicurare continuità di governo reale.

 

 Se apparentemente quindi poco o nulla cambiava nella profonda feudalità storicizzata dei rapporti di consenso locale (sistema del diritto-favore o pratiche generalizzate di clientelismo locale), rapporti di consenso nel quale il dominus ed il suo clan di riferimento rimanevano a cardine, ciò che mutava era il moltiplicarsi di punti di riferimento a cui poter riportare quel consenso e che, superando la logica del patto correntizio o baronale che a monte legava i rapporti di gestione in un unico soggetto politico, la DC lucana, doveva ora rivolgersi si agli stessi soggetti individuali, ma in un quadro non più referente alla struttura-soggetto politico che diluiva le postazioni personali in un simulacro di unità valoriale, ma a più soggetti che identificavano il valore nella personalità.

 

 

Detto ancor più semplicemente se alla DC ed al suo monocolore di fatto, si sostituiva il centrosinistra eterogeneo che dai prodromi pre-uliviani passa poi al PD che accorpa i democristiami margheristi ed i diessini moderati, e ad i suoi accordi con quanto da se stesso e dalle sue componenti originarie era negli anni fuoriuscito, in Basilicata ciò che vince non è il programma che fa sintesi tra pensieri diversi, quanto il patto che fa gestione tra pratiche coincidenti e le relazioni locali su cui essa si fonda.

  

Ma la gestione poco riporta al sistema del consenso locale, se non contiene denari su cui costruire e mantenere lo stesso, denari identificabili nei finanziamenti pubblici, siano essi statali o comunitari, e nel sistema di spesa delle royalties petrolifere – evento questo trattato dal sottoscritto più volte e che devierebbe ora l’esposizione – risultando così facile comprendere che se al diminuire di finanziamenti si restringe la platea beneficiaria delle ricadute clientelari di questi, ogni patto centrale salta, poiché in crisi il sistema di consenso locale non risponderebbe più ai suoi referenti locali.

  

Come esempio, pensiamo alla formazione professionale, alle ingenti partite finanziarie insistenti, ai progetti ed agli attori di somministrazione e tutoraggio, persino ai frequentatori dei corsi formativi, una pluralità di soggetti interessati dalla spesa, quindi una platea organizzabile in una filiera vettoriale che vive sulla quantità dei fondi a disposizione, ergo un bacino di consensi. Potremmo continuare con le infrastrutture od i bizzarri trasporti locali, con l’acefala politica agricola o di sviluppo economico, con i piani di forestazione o la sanità con gli affari in orbita intorno alla principale voce di spesa regionale, e via discorrendo, fino a toccare il ridicolo sistema di monitoraggi ambientali.

  

Ciò che quindi oggi è in crisi non è il progetto, inesistente e comunque relegato allo slogan elettorale, ma il patto di gestione che sull’abbondanza o meno di fondi trae origine. Ciò che fa emergere la crisi, quindi, non è che il diminuire dei fondi a disposizione per il mantenimento della rete di clientele o la maggiore necessità di rendicontazione al dante causa per l’aspetto tecnico e formale della gestione e non ultimo per l’aspetto politico alla pubblica opinione in rapporto agli scadenti risultati raggiunti, in un affresco chiaro di contraddizioni come effetti e non cause della stessa crisi.

  

Il clientelismo baronale lucano ha così i giorni contati perché oltre il fondo non si può raschiare?

  

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil

25/11/2011

sono anni che giro la regione per conoscere e condividere criticità e problemi e dovunque ne abbia avuto la possibilità di proporre un’altra idea della nostra regione a partire dall’abbandono di quelle relazioni corte basate sullo scambio diritto-favore tra cittadini e feudatari politici che ammorbano ogni idea di cambiamento…vedremo quanto si sarà costruito verso un progetto, nel frattempo mi godo la straordinaria esperienza di aver conosciuto molta gente vera

miko somma

25/11/2011

la politica è quella che facciamo noi…progetto, passione e partecipazione…ora a chi dice di voler praticare il cambiamento dimostrare che si vuol cambiare davvero…

miko somma