Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

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I nodi politici e l’eutanasia di una regione.

  

A leggere la lunga dichiarazione del presidente De Filippo apparsa di recente su un quotidiano locale, a tema il petrolio, se ne ricava la sensazione di una ipocrita e stucchevole operazione di propaganda a fini del tutto elettorali, seppur con certa pruderie negati, in vista delle prossime elezioni politiche.

 

                                                       

Ipocrita quindi perché s’utilizza quella tardiva presa d’atto di problematiche che – ricordo – fino a pochi mesi fa erano del tutto ignorate (e a volte deriso chi se ne faceva portatore), per fini che, pure legittimi, nulla hanno a che vedere con il vero tema della colonizzazione petrolifera finalmente avvisato persino da chi negava decisamente ci fossero problemi, stucchevole poiché il presidente s’erge paladino di un ipotetico “fronte unitario di salvezza regionale” nel quale, a suo dire, ogni contraddizione deve rimaner sopita in nome di un assai tardivo interesse generale di cui lui stesso definisce, senza dire, i contenuti.

 

 Propaganda, quindi, mentre rimangono tuttora nodi non sciolti rispetto a molte tematiche che il petrolio e la sua estrazione hanno stretto e che elenco brevemente:

  1. la definizione certa di quale sia l’impatto ambientale e sanitario delle estrazioni in corso
  2. l’utilizzo ordinario in bilancio di un cespite, quello delle royalties, per sua natura da considerarsi straordinario e quindi come tale da doversi dedicare ad operazioni straordinarie
  3. una seria  analisi politica del P.O. Val d’Agri e delle sue ricadute reali che non vorremmo fosse la storia futura a consegnarci come epocale fallimento persino delle politiche baronali
  4. la richiesta di maggiorazione delle royalties almeno al 25% (peso che le compagnie possono sopportare vista la redditività ricavata), quindi di una legge dello Stato e di una quota definita (e non fumosa, come sancito nel memorandum) di fiscalità attribuita dallo Stato alla Regione.
  5. la necessità urgente di una legge di regolazione di quanto di competenza regionale in materia.

  

Nodi che certo non si esauriscono in questo breve elenco, ma che necessariamente devono da questi partire per arrivare a definire quel petrolio e quel gas come risorse e non dannazioni.

  

Ma anche ad elenco esaurito e soddisfatto rimarrebbero grandi nodi politici che è solo questa regione a poter e dover sciogliere, nell’evidenza conclamata che anche se ci fossero attribuite maggiori risorse economiche, nulla impedirebbe che lo spreco delle stesse continui nella procrastinazione delle filiere baronali del consenso che si fondano su familismi di varia natura e che sono primarie nella distorsione storica dell’uso delle risorse stesse (ed uso a solo titolo di esempio, i 17 ospedali, rispetto agli 11-12 che il territorio avrebbe ragionevolmente dovuto avere, le tante aree industriali ex 219 rispetto alle 4-5 che ragionevolmente avrebbero consentito di ottimizzare le reti infrastrutturali a supporto delle stesse).

  

In sintesi, se non cambia il tessuto connettivo che lega gli interessi locali allo sviluppo con il progetto generale della regione, se non matura la mentalità di base di cosa sia l’interesse pubblico rispetto agli interessi privati, se non si recidono i legami tra l’alta burocrazia e la politica (nell’evidenza palese che se la seconda è almeno teoricamente rimovibile attraverso il voto popolare, la prima è del tutto eterna nella sua funzione, così tendendo a creare caste inamovibili), se non ci si decide ad abbandonare idee dell’economia e dei suoi cicli (che curiosamente il liberismo globale ha teso a trasformare in assiomi di liturgia quasi sovietica) per dedicarsi all’economia possibile sul territorio e sulle risorse che ci son date, se non si mette da parte il controllo sociale fondato sullo scheletro nell’armadio di ogni famiglia, poco o per nulla questa regione cambierà, risultando così essa perdente nelle sfida per la propria esistenza.

  

E’ richiesta a questa regione ed ai suoi abitanti, quindi, non la mera rincorsa di un obiettivo, che siano le royalties o maggiore attenzione dello Stato e che troppo spesso individuiamo come fini e non come mezzi, ma la presa d’atto che o si costruisce un modello lucano meritocratico realmente funzionante oltre la retorica offensiva della ragione che ci viene spesso servita nell’auto-accreditarci come regione virtuosa, o si perisce, nella ristrutturazione di Stato e funzioni locali, come entità amministrativa.

  

E un obiettivo ambizioso come la salvezza di una terra non lo si può certo demandare a coloro che finora hanno praticato l’eutanasia colposa di una regione attraverso pratiche di bondage sociale.

  Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana.