SE LA CRISI ECONOMICA COLPISSE LA SATA DI MELFI?

Il periodo è di quelli nei quali si è ancora con la testa in fase di relax, in fase di vacanza, legittimamente e, in maniera sacrosanta, con la mente volutamente lontana dai problemi che, per un anno intero, hanno fatto sentire il loro peso. E la stucchevole polemica sull’uscita di Enrico Letta sulla Grecia e sulla Basilicata, diciamolo pure, è un effetto collaterale di questa fase di rilassamento estivo. Anche perché, in fin dei conti, Letta non ha assolutamente detto nulla di più scontato e vero: i piccoli numeri della Basilicata, da un punto di vista di “peso politico”, sono veramente insignificanti. E faremmo bene a tenere conto di questo particolare per nulla trascurabile, per motivi che, a breve, andremo a definire. Siamo una regione che rappresenta appena l’ 1 % dell’intera popolazione italiana. Ma chissà perché, quando si parla della nostra regione, si riesce sempre ad ignorare (volutamente, viene il sospetto) il fatto che questa regione, insignificante da un punto di vista numerico, contribuisce per oltre il 7 % al fabbisogno energetico nazionale!!! E senza ricevere, per questo, nessuna giusta contropartita… ma anche qui, forse per aver più volte ribadito questo concetto dalle pagine di questo blog, la questione diventa noiosa!!! Ritornando al problema della Crisi economica mondiale, possiamo dire che, a conti fatti, chi risente maggiormente di questa crisi, sono proprio quelle aree geopolitiche più deboli (la Grecia per l’Europa e la Basilicata per l’Italia). E se ci riferiamo alla precedente riflessione postata sul blog un paio di giorni fa proprio dal sottoscritto, nel quale si riportava, in maniera molto esemplificata, una teoria di John Maynard Keynes, secondo il quale una politica economica di tagli alla spesa pubblica non porta quei giovamenti che, secondo chi applica i tagli, dovrebbero portare. Ma non mi dilungo su questa questione, perché l’intervista di cui parlo, e che risale al 1933, è leggibile al seguente link. Voglio riportare la riflessione precedente:

Quando hai sempre gli stessi soldi in tasca (sono un fortunato, ho uno stipendio) e la vita comincia a costare sempre di più, e le tasse assottigliano il tuo budget finanziario, cominci a fare anche tu dei tagli… cominci dal superfluo (tipo la pizza che vai a fare ogni tanto), o il caffè con cornetto al bar, o, magari una camicia o un jeans in meno… e via di questo passo. Ci sarà una pizzeria
che non incasserà più il mio “contributo”… altrettanto dicasi per il bar o il negozio di abbigliamento. E se il tutto avviene per ogni altro cittadino come me, probabilmente, la pizzeria, il bar e il negozio di abbigliamento cominceranno ad avere un calo di reddito…. e dovranno tagliare anche loro… magari licenziando il pizzaiolo, o il cameriere o la commessa. E via via ci sarà un effetto domino. Non lo dico io, ma l’aveva già detto Keynes qualche anno fa. E, probabilmente, la cancelliera Merkel vedrà gli effetti del rigore applicato nel resto d’Europa, anche nel suo paese, e tra non molto. La Opel già annuncia, causa il calo della richiesta, una riduzione di orari con la settimana corta.
Ma chissà… quando non ci saranno più tozzi di pane per la maggioranza… qualcosa potrà muoversi!!!!

Da questo post del sottoscritto su Facebook ne è nata una serie di botta e risposta con l’amico Danilo Carbone che, intelligentemente, provava a spostare la questione nell’ambito locale. Semplicemente sottolineando, anche lui, l’esiguità dei “numeri” della Basilicata rispetto al panorama nazionale. E proprio pensando a questa esiguità di numeri (580.000 abitanti, da un punto di vista di “peso politico”, sono davvero poco significativi per scelte politiche che vengono prese altrove) si poneva, sul tavolo della discussione, una eventualità, neppure tanto remota, che il vortice della crisi mondiale e nazionale potesse vedere coinvolta una struttura come la SATA di San Nicola di Melfi (che non si può dire navighi in buone acque, attualmente, visto il “funzionamento” intermittente degli ultimi tempi). Ed in una situazione più profonda di crisi, uno come Sergio Marchionne, ci metterebbe pochissimo tempo  a prendere la decisione di “chiudere bottega”. E un evento di tale portata, la chiusura di una fabbrica compreso l’indotto… cosa pensiamo che possa provocare, ad una piccola Regione come la nostra, sia da un punto di vista occupazionale, sia da un punto di vista di struttura del tessuto economico-industriale? E se riflettiamo sul fatto che la classe Politica e, aggiungerei, Sindacale di questa regione ha dimostrato più volte di non avere, tra le sue peculiarità, la LUNGIMIRANZA… come possiamo pensare che una eventualità del genere possa essere affrontata?
Ecco! La questione è bella e posta, sul tavolo delle discussioni. E mi trovo d’accordo con l’amico Danilo (uso le sue parole):

Dobbiamo trovare la chiave, saper trovare le ragioni di coesione, sollecitare chi vede questa cosa distante ma, data appunto la dimensione di quella fabbrica e del suo indotto, nessun lembo della Basilicata sarà esentato da ripercussioni.”[…]”In parte perché Marchionne può tranquillamente fregarsene delle «pulci» lucane e in parte perchè la dimensione della crisi di quello stabilimento non ha paragoni, per dimensione, a qualsiasi altro episodio di crisi possa scatenarsi sul territorio lucano.

Il Ragionamento mi trova d’accordo su tutta la linea. E sarebbe ora di cominciare a muoversi perché tutte le forze di questa regione, indipendentemente dal colore politico, si siedano attorno ad un tavolo e comincino a pensare ad una possibile “Exit Strategy” da una situazione estremamente pericolosa, se non addirittura mortale, per il già debolissimo tessuto produttivo della Basilicata.
Voglio concludere questa riflessione ancora una volta utilizzando le parole del mio amico Danilo:

«Secondo me una discussione sul futuro della SATA ci sta. Proprio perché chiunque, in Basilicata, è praticamente irrilevante per Marchionne, noi lucani abbiamo la possibilità di affrontare una vertenza unitaria e unificante. Dispiace che sia solo perchè non sembrano possibili significativi opportunismi individuali ma potremmo avere, una volta tanto, l’occasione di comportarci da “popolo lucano”. Sarà per quelli che ci lavorano nello stabilimento, per quelli che lavorano nell’indotto, per i tanti […] che a quegli uomini e quelle donne danno un servizio e per la dignità di tutti noi. Perchè in una Regione marginale di una Nazione destinata alla marginalizzazione potremmo essere tra quelli che più di tutti pagano.»

Antonio Bevilacqua.

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