Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

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Di Fenice questa regione può fare a meno.

  

Il 4 ottobre p.v. comincia il processo per disastro ambientale a carico del direttore Arpab ed numerosi altri indagati presso il Tribunale di Potenza per la vicenda Fenice e per altre ipotesi di reato connesse alle funzioni di protezione ambientale dell’agenzia regionale e, premesso che è la verità processuale a doversi ritenere verità ufficiale in merito, rimane in tutta la sua drammaticità il punto politico connesso a quanto accaduto che potremmo sintetizzare nella domanda – dopo quanto accaduto, a cosa serve la presenza dell’inceneritore Fenice in questa regione?

 

 

A ripercorrere gli avvenimenti degli ultimi mesi rispetto alla bonifica del sito a cura della proprietà i fatti sono noti: l’Ispra produce un documento che conferma sostanzialmente quanto dichiarato presso la commissione d’inchiesta consiliare presieduta da Nicola Pagliuca dal geologo D’ecclesiis che aveva condotto un lavoro sull’attività dell’inceneritore, la stessa commissione rileva protocollazioni postume in merito alla richiesta di AIA da parte di Fenice ed a data attuale non ha ancora ricevuto parte della documentazione da Arpab che si giustifica di non averla trovata, il piano di bonifica della società viene respinto prima in conferenza di servizi e poi in consiglio comunale a Melfi, il sindaco di Melfi avvia l’iter procedurale di verifica dello stato dei terreni, così delineandosi quadri istituzionali che sembra dunque appaiano fortemente critici – ma contemporaneamente si svolgono ben due conferenze di servizi per il rilascio dell’AIA – come se nulla fosse accaduto – con presidente della stessa il dott. Lambiase, la cui scelta ci pare inadeguata ed inopportuna, essendo rinviato a giudizio proprio nell’imminente processo.

 

 

E aggiungere che a settembre scadono i termini del conferimento a Fenice dei rifiuti di Potenza, Melfi e Lavello, a suo tempo lì indirizzati per rispondere alla ormai consueta “emergenza rifiuti” con cui si affronta il problema rifiuti in questa regione, non è una masochista cattiveria, ma utile a palesare quel clima di confusione istituzionale che pare regni su una faccenda che invece urge una forte decisione politica per sgomberare il campo da ogni ulteriore equivoco e rasserenare gli animi. Quindi se Fenice ha inquinato, se Fenice non bonifica secondo parametri accettabili, Fenice deve chiudere.

 

 

E che Fenice debba chiudere a doverlo stabilire non sarà un processo i cui esiti nulla hanno a che fare con la gestione dei rifiuti solidi urbani di questa regione che è responsabilità della politica attuare, ma una serena decisione politica che a monte indichi come fare perché il 15% dei rifiuti lucani non finisca più in un forno, ma venga recuperato con un nuovo piano regionale dei rifiuti che oltrepassi ogni idea di una “necessità” di incenerimento nella programmazione del ciclo degli stessi.

 

 

Perché Fenice non è una necessità, quindi una fisiologia, ma una malattia, quindi una patologia, di un sistema politico che sul ciclo dei rifiuti ne ha stabilito l’esistenza per alcune motivazioni che speriamo sia anche il processo, direttamente od indirettamente, a stabilire e che vorremmo però veder superate con l’adozione in tempi rapidi di un nuovo piano regionale dei rifiuti che superi quel vetusto piano del 2001, nato per esistere 4 anni e tutt’ora vigente nel rattoppo continuo dei suoi strappi ricuciti sempre e comunque intorno alla presenza ingombrante di quel plesso industriale.

 

 

Abbiamo così scritto da tempo un nuovo piano dei rifiuti ed elaborato la relativa proposta di legge che finalmente, dopo mesi di attesa dal deposito, è stato rinviata, dopo il richiamo in Aula e con decisione del Consiglio stesso, in III commissione per una discussione più rapida, pure se abbiamo riscontrato in aula stessa qualche “insorgenza” a che ciò avvenisse da parte dell’Assessore all’ambiente che ne ha curiosamente contestato alcuni punti, in particolare rispetto al divieto espresso di incenerimento in ogni forma dei rifiuti solidi urbani ed al divieto di ricorrere ai privati nelle fasi dello smaltimento.

 

 

Curiosamente Fenice è un inceneritore di proprietà di un gruppo privato, EDF, e di un inceneritore in aggiunta ad esso ed in sostituzione del costoso ferrovecchio di Potenza si parla ormai da tempo, ma siamo quasi certi che l’assessore volesse intendere il principio, non i casi concreti, poiché se il nuovo piano regionale dei rifiuti dovesse contenere ancora elementi di incenerimento di frazioni di RSU, sin troppo facile sarebbe comprendere perché non si vuole fare ciò che per legge dello stato, sulla base di precise direttive comunitarie, è obbligo fare, cioè raggiungere entro l’anno corrente il 65% di raccolta differenziata nella precisa gerarchia dello smaltimento che vede l’incenerimento come ultima ipotesi di smaltimento dei rifiuti, quindi “non” organizzare una raccolta differenziata per ottenere combustibile da rifiuti, ma per ottenere materie prime seconde da re-immettere nei cicli produttivi.

 

 

Solo procedendo lungo una strada virtuosa nella gestione dei rifiuti si chiude Fenice, se Fenice si vuol chiudere, non attendendo eventi, un processo nell’evidenza di una “supplenza” della magistratura alle mancate attività della politica, o rinviandoli sine die per stemperarne gli effetti che non mancherebbero di creare ansie incontrollabili nelle popolazioni interessate nel permanere delle cause stesse di quelle ansie, la presenza di un inutile e dannoso “mostro” sul quale una politica meno passiva avrebbe già da tempo scritto la parola fine, fine delle attività.

 

 

Così attendiamo fiduciosi il processo per comprendere le responsabilità passate e chi ne sia portatore – e nel caso queste emergessero ci auguriamo la comminazione di pene esemplari agli autori, singoli o associati – ma non attendiamo affatto che Fenice ritorni a fare ciò che almeno dal 2002 fa, inquinare il nostro territorio, e poiché siamo convinti che è l’incenerimento stesso ad inquinare, ben oltre quanto EDF abbia ammesso di aver inquinato, l’invito che vogliamo rivolgere alla società lucana, alle associazioni ambientaliste, ai comitati, ai singoli cittadini, è di aiutarci ad affermare, con un sostegno energico alla discussione che in III commissione si terrà su quella proposta di legge, che di Fenice questa regione può fare a meno, anche e soprattutto con un nuovo e più moderno piano regionale dei rifiuti.

 

 Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana.    

Tempi “morti”.

Leggo, dai giornali locali, che i lavori di riqualificazione del Parco Fluviale del Basento sono fermi perché manca il nulla osta dell’Autorità di Bacino… questo perché la Regione Basilicata non ha ancora provveduto alla nomina del Segretario Generale dell’Autorità. E quando parliamo di Città di Potenza, Capoluogo di Regione che sopporta una serie di “pesi” a livello regionale, senza ricevere dall’istituzione Regione alcunché… abbiamo torto? Quando il gioco delle nomine si prolunga per mesi e a farne le spese sono tutti i cittadini!!! Cosa si aspetta, in Via Verrastro, a fare ‘sta nomina?