17/10/2012

il centro olii di viggiano sfiamma ancora…l’eni rassicura come sempre, l’arpab rassicura come sempre, ma i dati non sono disponibili e noi non ci sentiamo rassicurati manco per il cavolo!!!…questa storia deve finire!!!

miko somma

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

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Quando una provincia non fa la primavera, ma l’autunno di una regione.

 

Decreto e legge di conversione pasticciata, rispettivamente il n. 95 del 6 luglio 2012 e la n. 135 del 7 agosto 2012, in una materia specifica che dall’abolizione delle province passa ad un riordino bizzarro che sembra non tener affatto conto della geografia e della demografia dei territori, in particolare di una complessità generale di un territorio quale quello lucano che avrebbe meritato maggior cura della falce governativa, solo apparentemente ispirata ai principi di un risparmio che in tutta evidenza, se esiste, è davvero minimo e tale da non giustificare l’incongruenza con la quale Matera e la sua provincia sono cassate pur in presenza di uno dei due parametri, l’estensione del territorio, che ne avrebbe garantito invece la sopravvivenza.

 

Ma, come udito in quasi ogni intervento della seduta consiliare con cui si è affrontato uno dei nodi, quello all’art. 17, che dà facoltà alla Regione ed ai capoluoghi interessati per il tramite dei rispettivi consigli, sentita una inedita Conferenza delle Autonomie Locali, di esprimersi in merito al riassetto della governance territoriale seguente ad una semplice presa d’atto dell’avvenuta cancellazione della provincia di Matera, le preoccupazioni andavano oltre la stessa provincia cancellata, andavano cioè al diffuso timore che sia la stessa Basilicata come ente ad essere in serio pericolo di esistenza, rispetto ad una ormai percepibile volontà del Governo di mutilare le espressioni democratiche locali in quella che è a tutti gli effetti una controriforma del decentramento delle potestà statali con cui sono nate le stesse regioni, in previsione costituzionale sin dalla sua nascita, e nella pratica nel 1970.

 

Probabilmente primo tra tutti – e sono primati di cui non vado fiero – ho avvisato della precisa volontà del governo di ridurre molte potestà della Regione Basilicata in stretta correlazione alle risorse stipate nel nostro sottosuolo – ancorchè esso ed i suoi “tesori” siano pertinenza dello Stato – ed alla relativa bassa antropizzazione del territorio che si presterebbe a molti utilizzi altrove difficili a realizzarsi, ma se pur qualcuno avesse dato ascolto alle mie parole, la riunione del Consiglio Regionale palesando si un rischio per la sopravvivenza della regione a cui dare risposta con una indicazione sul riassetto, non ha forse evidenziato in pieno, con l’eccezione di Scaglione in un passaggio del suo intervento, quella che in tutta evidenza si mostra come una “guerra tra poveri” tutta all’ombra del campanile, in cui una risposta negativa del Consiglio Comunale di Potenza al trasloco degli organi rappresentativi provinciali a Matera, nella veste inedita di Provincia di Lucania, innescherebbe un conflitto localistico, di cui si intravedono avvisaglie in pulsioni separatiste che spingono alcuni ad una stramba raccolta di firme per il distacco della attuale Provincia di Matera ed il suo accorpamento alla confinante Puglia (scappatoia che consentirebbe nelle more della legge la sopravvivenza di una provincia confinante con un’area metropolitana ed un’altra regione, appunto quella materana).

 

Un conflitto localistico che genererebbe probabilmente tensioni centrifughe che se oggi sono confinate all’autoreferenza di un percorso che sembra non tener conto dei tempi lunghi di un doppio referendum e di una modifica costituzionale, domani forse in chissà quali scenari proprio in rapporto all’uso del territorio e delle sue risorse. La lezione dei Balcani, seppur nella sua enormità, presa a paradigma dei “guasti” nella convivenza, dovrebbe insegnare qualcosa e se qualcosa ha insegnato, come a tratti par essere emerso da alcuni interventi di consiglieri del PD, la risposta è però del tutto insoddisfacente.

 

Ad un attacco che si intuisce molto più vasto della cancellazione di una provincia, non si risponde con alti profili di risposta istituzionale e di visione politica, quali una richiesta al governo di contemporanea cancellazione della Provincia di Potenza in segno di solidarietà tra i lucani e l’inaugurazione di una “Camera Consultiva dei Comuni Lucani” a cui tutti i sindaci lucani sarebbero chiamati a dare il contributo per le materie oggetto di competenza provinciale nella rassegnazione operata dalla legge, ma si risponde pilatescamente, in parte delegando a delle decisioni difficili per un consiglio comunale, quello di Potenza, in merito allo spostamento della Provincia, in parte individuando un “mezzuccio”, quello della provincia unica, che oltre alla sua inutilità, in quanto se si comprende l’esistenza di una provincia in rapporto alle funzioni assegnate per ambito territoriale, meno si comprenderebbe come la stessa Regione possa delegare funzioni ad un unico ente riassunto in un unico ambito coincidente con l’intero territorio regionale, come ebbi già modo di scrivere in una precedente nota.

 

Occorreva cioè volare alto ed invece si è trivellato il suolo, in un’attitudine forse metabolizzata da certe destinazioni, concedendo forse poco spazio al senso istituzionale di Lucania e troppo al senso locale della stessa, quando per tenere a bada alcune tensioni si pensa alla concessione nella speranza che ciò non comporti troppi danni in previsione delle elezioni politiche ormai prossime.

 

Lungi ovviamente da me l’intenzione di attribuire colpe ai consiglieri in merito alla vicenda ed alla sua “uscita”, ma una considerazione pure dovrebbe agitare le loro coscienze quando, individuando alcune  intenzioni di un governo “nominato”, e magari a tratti condannandole, costoro dovrebbero chiedersi anche come mai i partiti che rappresentano appoggiano proprio quel governo, soprattutto quando una provincia non fa la primavera, ma l’autunno di una regione.

 Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

16/10/2012

provo a far sintesi veloce del consiglio regionale…

si discuteva di riordino delle province sulla base del testo dell’art. 17 del decreto n. 95 del 6 luglio 2012, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, in particolare sulla proposta di riordino affidata al consiglio regionale dopo che il governo ha però già cassato matera provincia…

in poche parole, su quale assetto suggerire al governo dopo l’abolizione della provincia di matera…ne è uscita fuori una difesa d’ufficio delle due province, ma con indicazione della provincia unica con sede a matera ed uffici a potenza, ma soprattutto la delega immancabile al presidente della giunta di andare a trattare…

e con che cosa secondo voi verrà scambiata la sopravvivenza della provincia di matera?…

molti hanno sottolineato i pericoli per la sopravvivenza della regione, molti la follia del governo che cancella la democrazia, ma se occorreva volare alto, si è invece trivellato nella mediocrità…

il presente post vale come preannuncio di comunicato stampa e come annuncio che voglio fare il presidente di questa regione per tentare di riportare ragione ed idee in un luogo triste, molto triste

miko somma

15/10/2012

napolitano chiede la verità sulle stragi…bene, noi da cittadini chiediamo lo stesso almeno dalla strage di portella della ginestra e non l’abbiamo ancora mai avuta e francamente pare quasi assurdo doverla avere oggi…

o si tratta di una verità anch’essa tecnica come certi governi nati a termine ed oggi senza termine, quasi che ad ogni cittadino si sia affibbiata su debito pubblico ed economia un “fine pena mai”?…

per carità, il presidente rappresenta gli italiani e faccio mio il suo richiamo, ma mi chiedo su quell’affidamento a monti del governo ha fatto fino in fondo l’interesse degli italiani?…

o dobbiamo rassegnarci alla stessa ipocrisia di chi oggi in parlamento sostiene un governo che sa essere un pericolo per la stessa democrazia?

miko somma

15/10/2012

molto pericoloso il sottotraccia che suggerisce la utilità della “scomparsa” delle regioni, lasciate intendere come centrali di spese folli ed inutili (beh, in parte ciò è del tutto vero, al pirellone come a via verrastro – a proposito il palazzo della giunta regionale lucana come si chiama – il vitone?), per lasciar posto al solo stato ed ai comuni…

i comuni non hanno alcuna potestà legiferante, sono stretti e costretti dai vari patti di stabilità, di fatto sono deboli e dipendenti dall’ammontare dei finanziamenti perequativi dallo stato e senza alcuna possibilità di opporre o far valere materie concorrenti…

così si rischia la dittatura del centralismo statale che nello specifico lucano significa estrazioni di petrolio a go-go, giochetti sull’acqua, disponibilità di territorio per i rifiuti altrui (inceneritori mascherati), infrastrutture di trasporto energetico e via discorrendo, in poche parole, colonizzazione… 

un po’ come al tempo dei romani o dei sabaudi, no?

miko somma

15/10/2012

ciò che lascia sempre un po’ allibiti non è tanto la difesa del proprio operato da parte dei reggenti la cosa pubblica, ancorchè la loro gestione sia un disastro conclamato nei numeri e nei fatti, quanto la strenua difesa lealista che costoro ricevono da succedanei a livelli diversi, configurabili tutti e volgarmente come complici in affari (livello alto) e/o leccaderetano (le stive), in cerca di un posticino sul predellino del carro di strame su cui son saltati ed a cui ambiscono incollarsi, almeno fino a quando non passeranno altri carri vincenti..ciò che indigna non è la loro opinione, ma è la negazione servile dell’evidenza

miko somma

Pubblicato in Blog

13/10/2012

occorre un ripensamento netto dell’economia e della società lucana ed italiana e questo ripensamento non è tecnico, non è fascio-clerico-berluskino, non è bersan pensiero, non è deriva ortottera, non è nostalgico-ottobriana, non è paparrazziana, ma solido pensiero di un’economia possibile che serva l’uomo e non alcuni uomini e di una società di uguali senza mediocrità che sia fatta di uomini e non di mezze calzette o abbuffini…occorre comunità

miko somma

11/10/2012

le contrazioni della democrazia nascono sempre o come atto autoritario e svincolato dalla volontà popolare ed in quanto tali necessitano del terrore per il loro mantenimento o come “necessità” che qualcuno rappresenta ad un popolo stanco dei vizi della democrazia…voi quale via credete si stia praticando oggi in italia?

miko somma

per il presidente de filippo

11/10/2012

al presidente della regione dico…contro questa forzatura pericolosa che rischia di trasformare la regione in un campo petrolifero, devi usare le potestà amministrative regionali in tema ambientale e sanitario per bloccare tutto…

se mi avessero dato ascolto prima!!!

miko somma

11/10/2012

appena raggiunto uno schifo di accordo sulla legge elettorale…sbarramenti proporzionali al 5% (4% per i coalizzati in un gruppo che raggiunga almeno il 15%) su base nazionale, sia alla camera che al senato e premio di maggioranza al 12,5% (una salomonica media tra il 10 chiesto dal pdl ed il 15 chiesto dal pd)…il pericolo che nessuno vinca è reale e l’ipotesi monti appare sempre più concreta…quindi fine della democrazia!!!

miko somma

11/10/2012

il maggior problema del paese è rappresentato dall’esercito dei leccaderetano, degli abbuffini, dei cercatori di scorciatoie, degli ignoranti per vocazione, dei timorosi di perdere la partita, dei teledipendenti, delle veline a qualsiasi titolo, degli aspiranti a qualsiasi posto facile, dei timorosi patologici di qualsiasi cambiamento comporti uno sforzo mnemonico, dei “sistavameglioquandosistavapeggio”, dei mugugnanti da bar e di tanti altri il cui principale compito della giornata è cercare di non impegnarsi troppo a farsi domande scomode…è questo esercito, la maggioranza silenziosa compressa nel piccolo privilegio da non raccontare a nessuno, sia esso stato già concesso od ancora aspirato, che rende possibile l’eutanasia di un paese

miko somma

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

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I “tecnici” hanno deciso di svuotare la damigiana petrolifera d’Italia.

 

La legge di stabilità appena approvata in Consiglio dei Ministri contiene, oltre alle norme di cui i media stanno fornendo ogni dettaglio, una profonda modifica del Titolo V della Costituzione che, passando la modifica di ordine costituzionale, ne risulterebbe talmente e profondamente modificato da risultarne di fatto annullato, con buona pace per le autonomie locali, in settori strategici come i trasporti e l’energia.

 

Strano certo risulta una contemporaneità tra gli scandali che in qualche modo stanno spazzando quasi tutte le regioni d’Italia, come se ogni spreco fosse concentrato nelle pieghe amministrative della sole autonomie locali a potestà legislativa e il varo di un provvedimento che, sulla scorta dello spreconismo facilmente ravvisabile in attività di malversazione ed in una diffusa cialtroneria, riporta in quota statale non solo un controllo formale sui conti, ma anche – diremmo soprattutto – delle importanti materie di “devolution” dagli effetti subitamente riscontrabili proprio sui territori, reintroducendo così concetti di un centralismo istituzionale che pareva ormai superato, ma è nello specifico della nostra regione che la parte del provvedimento dedicata all’energia dovrebbe agitare i nostri sonni, poiché appare chiaro, sia nell’evidenza di quanto finora conclamato circa l’interesse nazionale alle estrazioni di idrocarburi in Basilicata, sia dalle recenti dichiarazioni del Ministro allo Sviluppo Economico Passera di volere presto provvedere al 20% del fabbisogno energetico del Paese attraverso le estrazioni sull’Appennino lucano – e parliamo quindi di circa 450.000 barili/giorno.

 

Chiariamo meglio il concetto. Il titolo V della Costituzione, all’art. 117 chiarisce una serie di materie di prerogativa legislativa statale ed indica una serie di materie a legislazione concorrente, ove cioè, fatta salva l’osservanza ai principi legislativi fondamentali stabiliti e di competenza statale, …“spetta alle Regioni la potestà legislativa”, con ciò introducendosi un principio di sussidiarietà tra azione legislativa nazionale e locale, dettato che proprio nella materia della produzione energetica dava spazio quindi ad una autonomia legislativa regionale che da noi certamente è stata malintesa e sottovalutata, in una acquiescenza alle compagnie che ha sfiorato il ridicolo e che ha trovato paradigma nel pozzo Alli 2 a Villa d’Agri, realizzato a poche centinaia di metri da un ospedale, ma comunque detta potestà era nei fatti esistente. Oggi, salva approvazione in percorso parlamentare di carattere costituzionale, quindi con doppia lettura a Camera e Senato, detta potestà viene annullata, ritornando ogni legislazione sulla materia in quota di competenza statale, quindi visto l’andazzo prono delle forze politiche a sostegno di questo governo di “tecnici”, nelle intenzioni descritte di innalzare i livelli produttivi in barba ad ogni altro limite, come del resto già ad altri recenti provvedimenti decretativi, primo tra tutti il diritto di questa Regione a programmare il proprio territorio.

 

In sintesi, i “tecnici” hanno deciso di svuotare l’unica damigiana petrolifera d’Italia, la Basilicata, certo marginalmente interessando anche altre zone del Paese a queste estrazioni, ma di fatto rivolgendo un lobbystico e morboso interesse alle riserve stipate nel sottosuolo lucano che già illo tempore spinse al decreto 625/96 che regolava la materia delle estrazioni di idrocarburi proprio in vista di quella stipula dell’accordo di programma tra regione e compagnie che subentrò nel 1998 dopo il forte “strappo” che sembrò bloccare l’accordo stesso e dopo l’intervento di alcuni tycoons politici tutt’ora attivi per quella ripresa della trattative che portò alla definitiva stesura dell’accordo stesso.

 

E quando utilizziamo il termine lobbystico lo utilizziamo proprio nel suo senso originale, la tendenza da parte di gruppi di persone influenti a fare pressione sui politici per condizionarne le decisioni e ricavare vantaggi economici, essendo la pervasività delle compagnie (eni in particolare) storicamente accertata nei corridoi di Palazzo ed in certi “salotti bene” da cui ha originato lo stesso Governo attuale e la sua gestione del Paese che ha travalicato il compito di messa in sicurezza dei conti per addivenire ad un “ordine perbenista” che lascia interdetti circa una continuazione della democrazia per come finora, nel bene e soprattutto nel male, abbiamo avuto modo di conoscere nella nostra giovane repubblica.

 

Chiaro che a questo punto la politica lucana è chiamata ad esprimersi circa la possibilità concreta che, nonostante la netta indicazione politica recentemente fornita dal governo regionale circa l’estendersi  dei permessi e delle possibili future estrazioni di idrocarburi che diamo per acquisita nelle priorità dell’azione di governo e non certo nelle ipocrisie di comodo, le stesse possano quindi surrettiziamente trasformare la regione in un unico campo petrolifero.

 

In altri termini cosa vogliono fare nello specifico sia i partiti lucani di governo che quelli di opposizione all’ormai imminente rumore di altre trivelle in questa regione, stante la rivoluzione negli iter procedurali ormai del tutto in quota regolamentare del Ministero dello Sviluppo Economico e che accelerano tempi e ritmi finora lenti? Avranno mai questi forza per opporsi al Governo, per determinare opinioni delle rispettive segreterie nazionali, per informare i media nazionali di un dramma da terzo mondo che si consuma in un paese civile, per fermare quelle “penetrazioni” delle compagnie nei tessuti connettivi di comunità locali sin troppo facili a determinarsi con qualche posto di lavoro, qualche club per anziani, qualche pc e qualche sponsorizzazione e che di fatto stanno operando colonizzazione degli stessi?

 

Come da anni avviso, questo tema è centrale per il futuro della regione e non può più essere eluso, essendo in gioco la sopravvivenza della regione stessa e dei suoi abitanti, nel grave pregiudizio che simile quantità di idrocarburi estratti arrecherebbe ad una società incapace fino ad ora di pretendere dalla sua politica persino l’avvio di quelle minime tutele ambientali, sanitarie e valutative che il corretto funzionamento sia di ARPAB che dell’Osservatorio Ambientale, che del Registro Tumori, che altrove sarebbero norma e dai noi sono stigmate di una cialtroneria senza fine che contraddistingue molti dei livelli decisionali, più impegnati evidentemente a fare clan ed interessi di clan che a rappresentare con dignità una regione che merita finalmente dignità e di cui il sottoscritto tenterà di farsi voce ed azione, con tutti o contro tutti.

 Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana  

qualcuno specula sui nostri sensi di colpa?

vi assicuro che non trattasi di pubblicità (e quando mai ci presteremmo o ci siamo prestati ad operazioni simili?), ma vi consiglio una lettura di questo libro di un nostro corregionale che affronta un tema duro che provo a sintetizzare in una domanda…ma quando qualcuno di noi concede del denaro ad una onlus per scopi benefici, siamo sicuri che quanto abbiamo donato finisca davvero per lo scopo per cui abbiamo dato?

ho assistito ad una presentazione del volume e nonostante ne avessi già sentore, ho avuto modo di scoprire un mondo a parte che mi ha profondamente disgustato, anche perchè simili comportamenti minano il lavoro onesto e prezioso che altre onlus svolgono in giro per il mondo ed a cui deve andare tutto il nostro appoggio…di seguito una breve presentazione del saggio…

 Quando “vendere povertà” diventa fonte di ricchezza …  

Francesco Petrone è l’autore di Quando la Onlus diventa un guadagno. Tecniche per arricchirsi salvando i bambini (Aracne 2012). In questo libro il giovane esordiente parla dell’ esperienza, vissuta in prima persona, come dialogatore per una delle più grandi onlus al mondo per i diritti dei bambini. Rientrato in Italia dopo diversi anni vissuti all’estero per motivi di studio e lavoro, l’autore si è scontrato con la dura realtà, comune a moltissimi giovani della sua età, della ricerca di lavoro. Motivato dal desiderio di lavorare nelle ONG, grazie anche ai suoi studi e alle esperienze fatte che gli consentivano di presentare un curriculum di tutto rispetto, Francesco ha iniziato a lavorare per un’ impresa di marketing internazionale che si occupa della raccolta fondi – il fund raising- per il terzo settore. Seppure animato dalla voglia di imparare per poi in futuro occuparsi di progetti più interessanti, ben presto ha dovuto invece scontrarsi con la cruda realtà che sta alla base di questa impresa. Prima di tutto il sistema piramidale, cioè un congegno capitalista studiato in maniera tale che i “capi” guadagnino percentuali su coloro che “sono sotto” di loro (fino a raggiungere cifre assurde come i vari milioni di euro dei vice-presidenti). In un sistema fondamentalmente filantropico, o presunto tale, non è contraddittorio usare le immagini di bambini che muoiono di fame, sete, AIDS e altre calamità, per guadagnare cifre enormi? Nel libro si parla anche di come molti giovani, vittime dell’ attuale sistema che non garantisce quella sicurezza che ci rende umani, siano spesso costretti a scendere a compromessi con queste attività, e come molti di loro, con la speranza di arricchirsi “vendendo povertà”, ci vedano una forma di riscatto contro la loro precarietà.

 

Per non parlare di come i sistemi di vendita ben congegnati, la motivazione falsa, i metodi di convincimento degni delle sette più agguerrite, si servano del bisogno di donare per creare una vera e propria “industria della solidarietà”.

 

Questo, e molto altro ancora, ci racconta Francesco Petrone con la sua esperienza. Con un linguaggio piacevole, chiaro e diretto, ci parla di un mondo che ritenevamo fatto in un certo modo, ma che in realtà nascondeva lati oscuri e che bisogna conoscere per poter decidere se effettivamente il senso della donazione è ancora quello puro e disinteressato che credevamo, oppure è il mezzo per far arricchire grandi multinazionali (la “Serpente”, il nome fittizio che l’autore usa nella sua denuncia, è un’ impresa australiana presente con oltre ottocento uffici in tutto il mondo. Oltre a raccogliere fondi per varie onlus, pubblicizza prodotti come Sky, Coca-cola e diverse società di carte di credito).  Un sistema ideato per gestire e non per risolvere le calamità umane, strutturato in maniera tale che la miseria possa esser messa in vendita per favorire la ricchezza di chi non ha il minimo scrupolo o il minimo senso etico di esser veramente di aiuto per il prossimo. Sebbene il sistema sia legalmente corretto, quanto lo è a livello morale? E poi,  che valore assume il far presa sulla precarietà dei giovani, molti dei quali non hanno altre alternative, per generare profitti “vendendo povertà”?

 Il nostro compito “è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già  di raccogliere certezze” diceva il filosofo Norberto Bobbio. E Francesco Petrone ha cercato di farci capire che anche in quello che ritenevamo più chiaro e trasparente, c’è qualcosa che assolutamente non va…21212_copertina1.jpgBiografia 

Francesco Petrone ha trent’ anni ed è dottorando presso la  Univesidad de Barcelona in Spagna dopve si occupa di Global Governance, diritti umani e processi di transizione democratica. Ha studiato Filosofia presso l’ Università Federico II di Napoli e Scienze Politiche presso la Universitè Libre de Bruxelles in Belgio. Parla perfettamente cinque lingue e ha svolto vari lavori come organizzatore di eventi, traduttore, giornalista per alcune riviste locali. Tra le diverse esperienze lavorative c’è anche quella che viene descritta nel suo romanzo d’ esordio.

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