Comunicato stampa

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A volte persino un piccolo Davide riesce ad abbattere un Golia

Le ultime esternazioni bresciane del Presidente del Consiglio in merito alla “necessità” di estrarre gli idrocarburi che mancano alla crisi energetica italiana – che per la verità tale è da sempre, mitigata nel corso dell’ultimo ventennio proprio in virtù del contributo lucano di cui forse egli non ha contezza – ed al testo di legge che dichiara essere già pronto, non lasciano stupefatti, quanto intristiti per pochezza democratica di un autonominatosi premier, di cui non giunge difficile capire l’Italia che egli immagina, un leader forte che comunica via social a mai definibili masse di italiani innamorati di un cambiamento qualsiasi che lui incarnerebbe per inconoscibili disegni, un parlamento segretario, un popolo fatto di numeri plaudenti e non di cittadini soggetti di doveri, di diritti e di potestà di opporsi.

Così nel caso degli idrocarburi lucani la decisione è presa senza alcun riferimento alla condivisione, al dibattito, allo scambio di idee, che pure son figli della stessa democrazia, e i lucani come popolo sono ridotti al rango di numeri che, essendo poco importanti nel contesto generale, si possono “perdere” elettoralmente. Un ragionamento pericoloso che sposta l’asse del diritto dalla soggettività dell’essere cittadini italiani alla quantità numerica, espressione di una entità territoriale, che in quanto tale è ben sacrificabile di fronte ad un generico bisogno di una supposta generalità che si crede di incarnare sulla scorta di un ormai generico 41%, frutto di contesti e ragionamenti d’altro genere da parte degli italiani.

Passa così il concetto che in Basilicata il petrolio c’è e deve essere estratto, come se le estrazioni già non fossero materia quotidiana di una regione vittima prima ancora che delle trivelle, della ignoranza dell’opinione pubblica italiana su quanto accade in questa terra, e facendo passare così l’idea di una regione il cui sottosuolo è ricco di idrocarburi di cui il paese è affamato, facile sarà per il premier e per il contesto mediatico che ormai gli fa da circo, trasformare, una volta passata la sbornia dei comitatini, ogni opposizione generale dei lucani come un egoismo puramente localistico da potersi stigmatizzare e quindi sacrificare.

Ed è proprio per evitare tale incresciosa situazione da cui non ci salverebbe il ricordo di Scanzano e della sua mobilitazione, a tratti evocata a ipotesi persino dai più alti vertici istituzionali locali, che da subito occorre un dibattito aperto tra i lucani, poiché se trasversale, generale e indubitabile è la paura degli italiani verso il nucleare che in quei giorni portò il Paese intero a solidarizzare con il popolo di Basilicata, non altrettanto potrebbe dirsi oggi per gli idrocarburi, verso cui la diffidenza è minore poiché non sentita dagli italiani che nulla o poco conoscono del contesto attuale delle estrazioni.

Utile allora sarebbe l’apertura di un dibattito capace non solo di permeare la coscienza dei lucani, ma di “esportarsi” all’esterno verso il resto del Paese, mettendo in grado gli italiani di toccare con mano la conoscenza di un problema che tale è, nonostante qualcuno ancora si affanni a definire il petrolio una risorsa poiché esiste un pretium, le royalties, del cui controvalore ambientale, sanitario ed economico nessuno può affermare la vantaggiosità netta, essendo forse più facile verificarne le terribili ambiguità a consuntivo che sarebbe il caso fossero dichiarate tali da parte di chi oggi rappresenta la Regione.

Rappresentanza che però nei fatti non muove passi nella direzione della condivisione in quel franco e libero dibattito, prodromo di una decisione collettiva su quale sia l’atteggiamento da tenersi di fronte a tanta protervia, quanto si chiude nel pilatesco attendere un testo definitivo che, se opportuno rispetto a opposizioni da sollevarsi presso gli organi competenti, poco produttivo, addirittura dannoso, rischia di essere proprio in quel processo di formazione di una coscienza di massa su cui dovrà appoggiarsi l’opposizione istituzionale e popolare ad un progetto che non ammette margini di  mediazione.

Poiché se il presidente Pittella crede sia possibile trovare un punto di incontro tra la crisi dell’economia lucana e quelle richieste del sistema energia, di cui Renzi è oggi interprete più efficace di quanto non lo furono a suo tempo Prodi, Berlusconi, Monti, sbaglia di grosso, essendo i termini già molto chiari sia nei quantitativi da estrarre, che solo un ingenuo potrebbe credere limitati al raddoppio che è lo stesso contesto legislativo e di fatto a suggerire come oltrepassabile, visti carattere strategico, secretabile, che l’intera materia assume e titolarità decisoria sui procedimenti di autorizzazione, sia in quelle che saranno le nuove zone di ricerca ed estrazione che a ragion veduta sono già oggi sulle mappe UNMIG e che configurano una regione-damigiana. Così più che mediazione si potrebbe parlare di cessione pura ad un ricatto.

Presidente Pittella, come già più volte ho ribadito sulla stampa, lei ha dovere istituzionale di convocare il Consiglio Regionale ed informarlo della interezza della questione, così informando l’intera regione, rimandando il suo atteggiamento non già a forme di “illuminazione” e volontà personali insite nella rete delle sue relazioni politiche nelle quali ha sinora tenuto chiusa la questione (relazioni forse da rivedersi a quanto pare?), ma a quella linearità democratica che prevede il confronto con gli eletti dal popolo come base delle decisioni e non già ad una singolare reiterazione di quanto il premier impone o tenta di imporre su scala nazionale, ribadendo ad ogni piè sospinto la sua supposta leadership forte come elemento trainante una democrazia che a conti fatti è quella leadership senza contrappesi a mettere in discussione. Ciò mancando, il suo margine operativo e logico consequenziale ai temi della campagna elettorale con cui è stato eletto si restringerebbe alle sue dimissioni.

Ma ovviamente non volendo caricare il presidente Pittella di una croce di cui pure però le sue spalle si sono rese disponibili al carico nella gestione del suo renzismo, è opportuno che il Partito Democratico di Basilicata faccia sentire al più presto la sua voce, voce che supponiamo debba essere la più ferma e schietta opposizione al progetto, ricostruendo in primis la catena dei suoi organi collettivi perché è in essi e solo in essi, nel rispetto delle linee democratiche che uniscono il dibattito alle decisioni che quella opposizione può costruirsi come la voce cosciente dei democratici lucani, e sperabilmente con questa la voce dei lucani tutti, uniti in un No “senza se e senza ma”, ma coscienti che questa regione mai più dovrà essere come l’abbiamo conosciuta e sopportata. Perché se il ricatto alberga sempre nel bisogno ed il bisogno riesce ad essere controllato con la virtù, a volte persino un piccolo Davide riesce ad abbattere un Golia.

Miko Somma, Partito Democratico.

la qualità del diritto dei lucani…

07/09/2014

trovo democraticamente deludente ed intellettualmente deprimente che a fronte di un sentimento negativo rispetto alle “sue” intenzioni (che in realtà hanno lunga storia) di aumentare quantità di estratto e zone di estrazione di idrocarburi, il presidente del consiglio se ne venga fuori con la sufficienza di un palloncino gonfiato, misurando la scarsa demografia lucana e così i “pochi” voti che perderebbe con una alzata di spallucce…

ci sono cose che non si misurano solo in numeri, ma in qualità del diritto ed i lucani hanno diritto di vivere il loro territorio, decidendone le sorti…e si chiama democrazia!!!

miko somma

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