o lo lascio o lo cambio…

05/10/2014

…è che proprio mi sono rotto di un partito di mediocri, di ipocriti, di profittatori, di voltagabbana, di yesmen e tacchi a spillo, di attendisti, di finti innovatori, di provinciali con la fregola dell’anglicismo, di paurosi, di cerchiobottisti, di incollati al cadreghino, di ideologicamente falsi, di benaltristi, di globalisti all’ingrosso, di plagiatori, di salottieri, di cazzari che si fingono impegnati, di indignisti, di perbenisti, anche di lestofanti e profittatori che siedono sorridenti e convinti di essere sempre dalla parte del vincente…mi sarei dunque rotto del pd, quindi o lo lascio o lo cambio…nel mio piccolo s’intende…

miko somma

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Comunicato stampa

questo comunicato non è stato inviato al sito istituzionale basilicatanet

L’aiuto impossibile, improponibile, indecente

Pur essendomi riproposto di non intervenire nel dibattito cittadino, non posso non constatare il pericolo di quel “buco” di bilancio incombente sul futuro della città capoluogo, tanto da pregiudicarne persino la continuità democratica nel rischio dissesto e commissariamento, buco però su cui non abbiamo merito della consistenza, dovendo il sindaco De Luca nominare suoi “esperti di fiducia” (e non lo era anche il suo assessore?) al fine di contabilizzarlo e portarlo alla missione di ripiano che il presidente Pittella, se prima condiziona ad una discussione consiliare – forse memore di troppe incongruenze sulla faccenda degli idrocarburi – poi però, nel suo stile, si “allunga” ad assicurare nella generica formula “la regione non sia un bancomat”.

Ora che la regione non debba o possa essere il bancomat per i dissesti dei comuni è argomento a cui immagino siano in primis gli altri 130 comuni lucani ad esser sensibili, maturandone in caso contrario, un senso di palese ingiustizia nei loro confronti, anche per via delle ripetute dazioni finanziarie che, in ordine sparso, si sono riversate finora sulle disastrate casse comunali del capoluogo, argomento questo non di secondo piano in un momento in cui quasi tutti i comuni lucani sono in difficoltà, ma il problema reale forse è di ben altra natura.

Ammesso che pur si riesca a stabilire in maniera contabilmente evidente il buco di bilancio e che sia in qualche modo oggetto di ripianamento da parte della regione, da dove mai verranno queste risorse, se solo fino a qualche settimana fa si lamentava della probabile bancarotta dell’ente regionale se non si fosse intervenuti sul patto di stabilità interno? E tali dazioni non metterebbero la regione di fronte a sforamenti dei parametri del proprio bilancio tali da essere ancor più pericolosi, se possibile, di un dissesto finanziario del capoluogo?

Risorse che o coprono subito e per intero un disavanzo dai 10 ai 24 milioni di euro (vedremo quando e quanto il funzionario, nel frattempo divenuto dirigente, farà i conti) o a poco servono, vista la fase di chiusura del bilancio comunale che non ammette tempi troppo lunghi.

Che poi al comune di Potenza nessuno abbia ancora pensato ad esperire ogni possibilità di accesso a quel fondo rotativo per la stabilità degli enti locali, al decreto dell’11 gennaio 2013, approvando il piano di riequilibrio finanziario decennale che se ne possa avvalere, soprattutto considerandone sia la entità ammissibile (approssimativamente 18 milioni di euro), sia la mutualizzazione a tasso 0 che per dieci anni comporterebbe oneri finanziari aggiuntivi al bilancio del comune di meno di 2 milioni di euro, sia infine considerando che la regione Basilicata ha stanziato già 1,5 milioni di euro di risorse proprie da erogarsi agli enti con piano di riequilibrio approvato dalla Corte dei Conti, tutto ciò fa comprendere che la vera natura del problema è politica e non esclusivamente finanziaria.

Politica perché il problema pare essere più chi si ritroverà la patata bollente dei tagli di spesa corrente in caso di un accesso al fondo di rotazione (5% strutturale), cosa che non mancherebbe di avere delle più che prevedibili conseguenze sul consenso dell’amministrazione in carica, o degli inevitabili rincari sui servizi a domanda individuale o dei tagli degli stessi nel caso di un dissesto finanziario che porti in seguito al commissariamento del comune ed a inevitabili seguenti provvedimenti di risanamento, cosa questa che avrebbe un peso politico non indifferente nel momento di nuove elezioni.

Ed ecco il vero punto sul quale si gioca la partita politica, consapevole la giunta un carica di non avere agibilità politica sui numeri consiliari e non volere pregiudicare la propria azione in larghe intese difficili da spiegarsi ai propri elettori, consapevole il centrosinistra che ogni scivolamento nel dissesto sarebbe un atto di accusa conclamato verso le proprie passate gestioni.

Una situazione complessa, ma nella quale pare entrare a gamba tesa il presidente Pittella con una ingiustificabile disponibilità al salvataggio di un bilancio consolidato strutturalmente deficitario e di una giunta che, non colpevole della situazione attuale, non dispone però di agibilità numerica in consiglio comunale e non ha alcuna possibilità di gestire l’amministrazione, pure in un ipotetico salvataggio che sono i numeri della finanza regionale stessa a non consentire. Verrebbe da chiedersi perché Pittella offre impossibili aiuti a De Luca, per salvare Potenza o per continuare la sua guerra interna al Pd?

Condizioni politiche che suggerirebbero quindi come vie obbligate o tentare extrema ratio di salvare il bilancio affidandosi al fondo di rotazione (suicidio politico per De Luca e il suo peculiare centrodestra) o, considerando impossibile in quantità finanziaria, improponibile politicamente verso la intera regione, indecente perché segue logiche celate di equilibri tra le fazioni pd in lotta, tali importi di aiuti regionali, la rassegnazione operosa al dissesto e al commissariamento che, se pure porterà ad aggravi di spesa notevoli per i cittadini, allo stesso tempo libererà la città sia dalla melassa di un bilancio impossibile a sanarsi nella continuità politico-contabile con cui si è formato finora, sia dal peso amministrativo della “leggerezza” mediocre con cui la città è stata finora divorata da interessi intrecciati privati e clientelari, ma soprattutto libererà Potenza dalla condizione democratica insostenibile palesatasi in primavera per giochi, controgiochi e doppigiochi, condizione che serve sanare con un nuovo voto, quando serviranno uomini e pratiche politiche nuove, non inciuci o trame o politicismi di dubbio gusto.

Miko Somma

 

 

 

se persino la cei…

(ANSA) – POMPEI (NAPOLI), 5 OTT – ”Senza sinergie non si va da nessuna parte. Se il Governo pensa di andare avanti da solo perderà pezzi di gente, pezzi di consenso”. Lo ha detto all’ANSA monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei, parlando a margine della cerimonia della Supplica alla Madonna di Pompei (Napoli). ‘Tenendo l’orecchio appoggiato alla storia comune della gente – ha aggiunto – vediamo i limiti di certe agende politiche”

ora, premettendo che sono sempre stato molto dubbioso circa l’opportunità che la cei intervenga nel dibattito politico e sociale italiano, indirizzandolo in qualche modo per un certo potere “morale” che la conferenza dei vescovi (ancorchè italiani anch’essi) indubitabilmente possiede, si sia credenti-osservanti o meno, questo richiamo dovrebbe far pensare qualcuno che addirittura arriva ad usare pulpiti improvvisati ed inopportuni nei luoghi del francescanesimo per continuare a “raccontare balle” e far sognare ancora qualche allocco che si ostina a non capire la bolla di sapone che è cresciuta tutto intorno ad un paese che io son arciconvinto possa farcela, ma a cui occorre dire la verità e non raccontare favole che ogni giorno svelano il loro vero volto di incubi…

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pappagallismo renziano?…

leggete bene questo post apparso sulla pagina facebook di marcello pittella…

Il Pd vince quando scende tra la gente, non quando si chiude nelle sezioni. E in Basilicata, in occasione delle primarie, prima, e delle elezioni regionali poi, ne abbiamo avuto la riprova. Dice bene Matteo Renzi : meglio un partito che supera il 40 per cento con 100 mila iscritti e non un Pd con 500 mila tessere che si ferma al 25 per cento. Quando si fa il pieno dei voti nelle urne, anche gli iscritti arrivano. Basta lanciare una buona campagna per il tesseramento.

ora premettendo che il presidente ha tutto il diritto di esprimere le proprie idee in merito all’organizzazione del partito che pure lo ha sostenuto nelle sua corsa alla presidenza, mi sono sentito in dovere di ricordargli un paio di cosette che sarebbe bene non dimenticasse…nello specifico…

Miko Somma non sono per nulla d’accordo, marcello, prima di tutto perché il frutto di quel 40% è stato colto alle europee, dove la gente ha compreso forse il senso di tenere unito il consenso intorno ad un partito per maturare maggiore peso nelle assisi comunitarie, e non certo da un giudizio sull’azione di governo (allora non si poteva dare, magari oggi si), secondo perché il meccanismo del partito liquido (o gassoso addirittura) mortifica la partecipazione al dibattito, delegando ai supposti leader l’elaborazione delle linee politiche e trasformando la politica in plebiscitarismo spiccio…mi spiace davvero tu abbia simili idee, da presidente di una regione eletto anche dal voto dei militanti che oggi pure tu vuoi mettere in soffitta, delegando alla evanescenza programmata di conferenze stampa di comodo e tweet una comunicazione che necessita di ben altre sedi e ben altri approfondimenti collettivi…mi stai deludendo davvero tanto

ogni tanto dimenticare di fare pappagallismo renziano e concentrarsi su questa regione che renzi si prepara a devastare, male non sarebbe, presidente pittella…

 

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un test per la tenuta delle primarie?…

(ANSA) – CATANZARO, 5 OTT – Urne aperte da stamane per le primarie del centrosinistra per designare il candidato alla presidenza della Regione Calabria in occasione delle elezioni in programma il 23 novembre. I candidati sono il commissario della Provincia di Cosenza ed ex deputato Mario Oliverio, il sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, entrambi del Partito Democratico, ed il sindaco di Lamezia Terme Gianni Speranza, esponente di Sel.
Si vota fino alle 21 nei 453 seggi allestiti in tutti i comuni.

un vero e proprio test per la tenuta del meccanismo delle primarie e mi pare inutile aggiungere che in caso di un altro flop di partecipazione il messaggio sarebbe più che chiaro – gli elettori si sono stufati di primarie continue ed inconcludenze, quanto non vere e proprie incongruenze con quei risultati – ma ho come l’impressione che invece l’affluenza sarà buona, magari per motivi che nulla hanno a che vedere con la partecipazione, quanto per quella solita antropologia del consenso che al meridione si sviluppa in una grande partecipazione a volte però del tutto inconsapevole…un grande augurio però alla calabria ed agli amici calabresi che meritano molto più di quanto finora abbiano avuto dai propri governanti…da qualsiasi parte siano stati espressi, destra, centro, sinistra e naturalmente n’drangheta!!!

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