Comunicato stampa

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Un dovere etico opporsi all’art. 38, non lesa maestà.

Ciò che lascia letteralmente basiti nella lunga lettera urbi et orbi alla comunità lucana del presidente Pittella non è tanto la sua inopportuna scompostezza in un momento in cui la stessa società lucana esprime con nettezza la sua contrarietà a ciò che l’art. 38 porta con sé, l’estendersi a tutta la regione di mire all’idrocarburo ovunque le compagnie e un ufficio ministeriale, l’UNMIG (più un braccio armato del petrolume salottiero che organo di funzione pubblica) ritengano conveniente mirare, quanto la sua dislessia comunicativa e la ipovisione di ciò che a suo dire si qualifica come una raccolta firme ad una petizione popolare promossa da movimenti legati a non meglio precisati esiti elettorali del passato.

Sappia allora il presidente che il movimento a cui si riferisce, stigmatizzandone la presenza davanti a chiese e parchi pubblici con i suoi banchetti, quasi non fossero questi dei luoghi pubblici opportuni, è ampiamente trasversale, partecipato e comprende persino pezzi importanti del suo partito, tra cui con umiltà il sottoscritto e molti militanti che credono così di dovere interpretare non gli umori di gruppi in qualche modo dirigenti, ma il sentimento diffuso dei cittadini lucani che non vogliono sentire parlare di ulteriori espansioni della faccenda idrocarburi e della melma che in 16 anni si è trascinata dietro.

Ma, ed è triste notarlo ancora, di argomenti concreti il presidente non ne ha per difendere quell’articolo e non ne ha sulla vera ed unica questione a cui tenta di non rispondere da tempo, deviando il tema da ciò che crudamente esso rappresenta – quell’articolo, così formulato, facilita procedure di concessione di titoli minerari e non si comprende perché fatta la legge poi una compagnia non debba approfittarne, cominciando attività di ricerca ed estrattive senza valutazioni politiche che provengano dagli enti locali, bensì aspetti meramente tecnici, fondati su criteri dettati da decretazioni ministeriali – piuttosto usando argomenti economici neppure affrontati nel merito, ma lasciati in sospeso a mo’ di caroti per allocchi, furbetti e purtroppo i tanti disperati di una società resa debole da tanti, troppi malaffari.

E nel suo stile consueto, che rileva profonda dislessia politica, egli continua ad agitare la sua amicizia con il presidente del consiglio come un “contenitore di speranza” di quel trattamento particolare che sarebbe, senza riferimento alcuno ai precedenti che vanno però in senso contrario, in qualche modo riservato alla nostra regione. E tutto ciò appare vergognoso perché offende non solo l’intelligenza dei lucani, ma persino quell’idea di democrazia che ritiene che, oltre i luoghi fisici di una democrazia reale, siano il confronto multivettoriale e il merito stesso delle cose a essere “luogo” della democrazia, e non quelle relazioni personali che in quanto tali rischiano di precipitare il concetto stesso di democrazia in oligocrazia ed una regione in un califfato, o peggio un esarcato governato da stolti funzionari.

Che quindi il presidente stia tentando di blandire e stigmatizzare la petizione popolare – che pure è un fatto della democrazia che occorre imparare ad accettare – attribuendole fini strumentalmente politici e populistici è del tutto ridicolo, oltre che fuori luogo, quando, oltre e nelle sue “relazioni”, è egli stesso che agita la “carotina” di benefici economici in rapido arrivo e di cui non si fatica a individuare il tenore di grida populiste a giroposta assistenziale, uno strumento cioè volto al mantenimento di un consenso che vacilla clamorosamente, dopo la sua “rivoluzione democratica” già archiviata per la conservazione più grigiastra del potere e delle sue filiere. Che non pronunci neppure la parola strumentale, proprio lui che durante le primarie ha trascinato nel suo carniere opportunismi, destrismi, affarismi di natura varia ancora da chiarirsi e quella quota di sfruttamento bieco della disperazione della gente che è diventato affare quotidiano per politicanti pseudo-nuovisti, da via Verrastro fino a Palazzo Chigi.

Si rassegni quindi a considerare quelle firme come la civile risposta dei cittadini e ne attenda migliaia, che avremo il piacere di consegnargli a breve per fargli considerare la materia del ricorso alla Corte Costituzionale come dovere etico-politico di un Presidente e non come un affronto o una lesa maestà.

Miko Somma.

una lettera che offende…

18/11/2014

io credo che ogni lucano dovrebbe sentirsi profondamente offeso dalla lettera di pittella e reagire…anche con una firma a quella petizione che lui stigmatizza e blandisce come iniziativa strumentalmente politica, nel contempo agitando la carotina dei benefici che a suo dire sono in arrivo…

miko somma

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