dalla brexit a dacca…

dunque, dunque…sono accadute molte cose in questo periodo e doverle trattare una per una richiederebbe molto tempo, un fiume di inchiostro (virtuale) e soprattutto la quasi inutilità del commentare accadimenti già a lungo trattati dai media e dai vari commentatori più o meno spot dell’universo blog, così meglio affidarsi ad una sintesi di questi che possa valere, come uso comune per questo sito, per guardare con occhio critico alle cose che ci riguardano domani e per le quali è necessario la conoscenza del passato, fosse anche solo quello più recente…

in sostanza ci siamo lasciati all’indomani della brexit, di quello sciammanato atteggiamento di inglesi e gallesi (nordirlandesi e scozzesi come sappiamo hanno inteso altro rispetto al quesito) che ha distinto un fenomeno referendario, la domanda se stare o meno nella u.e., che avrebbe richiesto da parte di costoro maggiore riflessione e ponderatezza e certo meno “pancia” ed occhi foderati di prosciutto verso una realtà che non poteva essere “affettata” con la mannaia ignorante ed anti-europea di un farage e delle sue ridicole bugie alle quali tanti però hanno creduto, ma è la democrazia ed in quanto tale ciò che è stato votato rimane lì come un macigno a testimoniare una cosa, ovvero che se una parte sociale e geografica, le popolazioni più disagiate e provinciali, ma più numerose, di inghilterra e galles, non vuole più saperne di rimanere nella “trappola” u.e. (ed in effetti per molti versi l’unione è proprio tale), scozzesi ed irlandesi, forse più coscienti non solo delle opportunità dei fondi strutturali di cui hanno finora ampiamente usufruito (ed anche bene, direi), ma anche della difesa identitaria che stare nel parlamento europeo comunque garantiva contro il centralismo inglese, hanno invece scelto altro, rimanere, e tuttavia la legge della democrazia, ovvero i numeri gli hanno dato torto…

e così se il regno unito vuole uscire dalla u.e. pur dovrebbe invocare l’applicazione delle norme previste dai trattati e cominciare dal comunicare la sua volontà di uscire dalla u,e,, cosa questa stranamente finora non accaduta o perché si attende la definizione di un quadro politico post-cameron (tories), post-corbyn (labour) e persino post-farage che, forse preso in contropiede da un successo che mai avrebbe sperato concretizzarsi, semplicemente non sa che fare e come gestire una partita che non necessariamente gli porterebbe risultati elettoralmente utili, o perché si vuole trattare una uscita più  “morbida” e garantita che eviti conseguenze traumatiche all’economia britannica (che, nonostante le stupidaggini di analisti interessati e media del tutto ignoranti, dopotutto sarebbe per ovvietà quella più colpita dall’uscita dal mercato unico), o, ed a mio avviso è la prospettiva più accreditabile, perché si vuole evitare uno “strappo secessionista” di scozia ed irlanda del nord che nei fatti comincia a palesarsi, e non solo nelle dichiarazioni dei vari leaders sinn fein e nazionalisti, quanto in una consapevolezza diffusa delle popolazioni, e che rappresenterebbe la scomparsa del regno unito per come lo abbiamo conosciuto dalla guerre delle due rose in poi…una prospettiva che persino i più antieuropeisti tra gli inglesi vorrebbero evitare al pensiero che il regno vuol stare da solo, ma tenersi ben legati scozia ed Irlanda, e non solo per motivi politico-storico-identitari, quanto per l’evidenza della perdita dei giacimenti di petrolio del mare del nord, del controllo di molte rotte commerciali aeree e marittime e dell’industria ittica e conserviera che comunque produce punti di pil in un paese che ormai poco più che nulla produce, essendosi terziarizzato e finanziarizzato oltre ogni ragionevolezza e proprio perché alle spalle teneva in paracadute manifatturiero u.e….

vedremo allora, ma una cosa è certa, un’ondata montante di più o meno idiotizzante antieuropeismo da allora ha trovato ancor più spazio e certo avrà a breve il suo peso nelle scadenze elettorali di francia (le presidenziali), ungheria (l’assurdo referendum anti-immigrazione che in realtà è un tentativo di schiaffo alla u.e.), austria (dove si rivota e non è detto che i post-nazisti non possano averla vinta stavolta) ed altre “piazze europeee” e che persino italia potrebbe influire sul referendum di ottobre che pur da queste considerazioni dovrebbe rimanere fuori (a proposito, ricordate di votare NO a questa ridicola, inefficiente ed illiberale riforma che ormai tanti chiamano semplicemente “deforma”)…

abbiamo poi dovuto conoscere il dolore del coinvolgimento diretto di italiani in un attentato di matrice isis (e definisco tale la matrice, pur forse essendo un fenomeno locale che si affilia ad una casa madre, quello di giovanotti di buona famiglia che fanno una strage orrenda), attentato o mattanza che oltre a tante altre vittime, ha lasciato uccisi, dopo sevizie da macelleria, ben nove connazionali (più uno in arrivo, essendo una delle donne incinta al quinto mese) e qui una riflessione dobbiamo farla…

molti analisti si sono spellati la lingua a dire che il fenomeno jihadista sta cambiando perché cambia, dopo dacca, la geografia antropologica e sociale degli autori delle stragi (alla fine i ritratti di questi tagliagole da costoro possiamo farli con certezza) che oggi diventano non più reietti marginali ed ignoranti, ma educati rampolli borghesi…io non credo affatto che ciò sia vero perché il grosso del radicalismo ancora prospera in quei siti di abbandono sociale da cui finora sono venuti fuori i kamikaze, credo piuttosto che la suggestione radicale islamista riesca in alcune zone a sfondare le paratie sociali e ad attaccarsi a dinamiche locali che, nel caso del bangladesh, non vedono il fenomeno jihadista troppo distante dalla contrapposizione politica della storia del paese, perché a mio avviso “usato” in quella lotta politica per stigmatizzare ciò che potrebbe accadere in caso di vittoria dell’altro da sé e tanto usato da aver ingenerato nei figli di esponenti di classi sociali (quanto non direttamente politiche) che fanno da basamento al potere una contro-reazione generazionale verso uno stile di vita e di giudizio che esprimevano i rispettivi genitori…

e se mi è consentito un paragone ardito, potrebbe essere che ai beatnik presessantottini che rappresentarono il no generazionale, oggi, in mutate condizioni sociali, politiche, geografiche, economiche e culturali, quel no generazionale per altri possa essere la propria radicalizzazione islamista che poco per volta, e non certo per un colpo di sole, conduce dallo studio del corano (che ricordo non essere codificato da una autorità centrale che lo interpreta, ma lasciato alla singola interpretazione dei singoli imam che così se sono radicali intrepreteranno in modo radicale e viceversa) ad imbracciare un mitra o farsi esplodere…

e con questo spunto di riflessione per ora mi fermo…a dopo, perché c’è sempre un dopo, e questo dopo nel nostro specifico riguarderà l’ormai morente renzismo che in un post sui facebook ho così descritto…

la narrazione renziana volge al termine…chi troppo (e troppo presto) in alto sale, precipitevolissimevolmente cade

miko somma  

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