l’inarrestabile calo della demografia lucana…

senza voler certo “rubare” il lavoro ai demografi e senza possedere alcuna qualifica per “certificare istituzionalmente” la certezza incontrovertibile dei dati che qui espongo, questa tabella comparata dovrebbe aiutarci a COMPRENDERE a comprendere alcune cose, ovvero andamenti demografici che vanno letti in alcuni specifici contesti storici (e quindi economici e sociali) per comprendere non solo la drammatica storia demografica di questa regione, ma anche e soprattutto l’oggi ed il domani che si prospetta…

procediamo allora con la tabella comparata, dove leggerete l’evoluzione storica della popolazione italiana, quella lucana e la percentuale sempre più bassa che quest’ultima mantiene sul totale della popolazione nazionale, e passeremo in seguito ad alcune considerazioni… 

Dati popolazione italiana ai censimenti 1861 – 2011 (e rilevazioni seguenti)

Censimento

Popolazione residente

 Popolazione Basilicata

 %Basilicata-Italia

1861

31/12

22.176.477 1)

509.060

2,29 %

1871

31/12

27.299.883 2)

524.033

1,91 %

1881

31/12

28.951.546

539.258

1,86 %

 

1891

 

per motivi economici non effettuato

 

 

1901

10/02

32.963.316 3)

491.558

1,49 %

1911

10/06

35.841.563

485.911

1,35 %

1921

1/12

39.396.757 4)

492.132

1,24 %

1931

21/04

41.043.489 5)

513.712

1,25 %

1936

21/04

42.398.489 6)

543.262

1,28 %

 

1941

 

per motivi bellici non effettuato

 

 

1951

4/11

47.515.537 7)

627.586

1,32 %

10°

1961

15/10

50.623.569 8)

644.297

1,27 %

11°

1971

24/10

54.136.547

603.064

1,11 %

12°

1981

25/10

56.556.911

610.186

1,07 %

13°

1991

20/10

56.778.031 9)

610.528

1,07 %

14°

2001

21/10

56.995.744

597.768

1,04 %

15°

2011

9/10

59.433.744 10)

578.036

0,97 %

 

2012

31/12

59.394.207

576.194

0,97 %

 

2013

31/12

59.685.227

578.391

1,01%

 

2014

31/12

60.782.668

576.619

0,94 %

 

2015

31/12

60.795.612

573.694

0,94 %

 note

1)   primo censimento, non compresi roma e stato pontificio, trentino-alto adige e friuli

2)   compresa roma e stato pontificio

3)   schede individuali per i componenti della famiglia

4)   comprese trentino e friuli

5)   dati elaborati con tabulatori a schede

6)   unico censimento quinquennale

7)   primo censimento con abbinamento delle abitazioni

8)   uso elaboratori a transistor e nastri magnetici

9)   questionario con foglio per lo straniero non residente

10)  primo censimento online

 

dunque credo che i dati esposti raccontino bene la realtà attuale nella sua evoluzione storica a partire dall’unità d’italia, ovvero l’inarrestabile declino della demografia lucana rispetto a quella nazionale, che, nonostante sia fortemente dolente anch’essa, palesandosi ormai un declino compensato solo dall’immigrazione e dalla tendenza degli immigrati ad avere più figli, aumenta costantemente il suo peso percentuale rispetto alla nostra regione, delineandosi alcune conseguenze che sarebbe facile liquidare come l’ovvio declino di una regione marginale e periferica, ma le cose non sono così semplici…

 

partiamo allora da alcune considerazioni che dal delinearsi di alcuni momenti storici portano all’oggi…

 

prima dell’unità del paese, nell’intero meridione i borboni non erano soliti tenere censimenti di tipo scientifico, ma alcune fonti per la nostra regione individuano in un numero forse maggiore di quanto indicato al censimento del 1861 della popolazione residente (all’epoca queste forme rudimentali di censimento si tenevano sia per motivazioni di conoscenza del latifondo e della proprietà agraria tanto privata  tanto ecclesiale, quindi motivi di censo, sia, per motivi di leva militare (sebbene i borboni non avessero un vero e proprio esercito di leva), sia per motivi di controllo sociale della popolazione agraria che all’epoca era predominante rispetto alla cittadina, basandosi nei dati sul numero di focolari, ovvero di strutture di tipo familiare e dei componenti di questi, che potrebbero farci desumere in circa 600.000 i lucani effettivamente presenti, ma chiaramente in mancanza di dati a rilevanza scientifica è difficile fare numeri che possano essere criticamente soppesati, anche solo per poter valutare quanto demograficamente l’orrenda repressione del brigantaggio ed i suoi circa 30.000 morti, abbiano potuto influire sull’evoluzione della popolazione lucana negli anni seguenti all’unità…

 

il dato chiaro è che questa popolazione, in percentuale rispetto al resto del paese, presenta numeri maggiori fino al censimento del 1881 di quanto oggi si possa anche solo immaginare, e ciò di certo per via della minore popolazione del paese di allora rispetto al paese post-unitario (non facendone parte ancora l’equivalente dell’attuale lazio, quindi ciò che rimaneva dello stato pontificio dopo le occupazioni sabaude ed plebisciti, ovvero gli agri e l’intera città di roma, poi definitivamente occupata solo nel 1870 e quindi registrata demograficamente nel censimento del 1871, ed i territori ancora austriaci della venezia tridentina, l’attuale trentino, dell’alto-adige e di alcune porzioni contermini a questo del veneto, dell’intero friuli e della venezia giulia, che solo al termine della prima guerra mondiale passeranno al paese, potendosi demograficamente registrarsi solo nel 1921)…

 

ma forse il peso demografico lucano era maggiore anche per alcune altre considerazioni che qui sarebbe troppo lungo trattare (e che mi riservo di trattare separatamente), considerazioni sociali ed economiche che probabilmente ci consegnerebbero un quadro economico che, seppure depresso (si rassegnino i neo-borbonici, il meridione per larga parte tale era), non era poi così disastrato come certa storia unitaria pretenderebbe (si rassegnino quindi i savoiardi), tanto è vero che il peso percentuale delle annessioni di stato pontificio e regioni irredentiste non sembrano schiacciare più di tanto la demografia percentuale lucana, risultando piuttosto normale che essa calasse all’aumentare della platea dei nuovi cittadini…

 

no, quello che determina un drammatico calo di quelle percentuali è qualcosa che accade tra il 1881, data del 3° censimento, ed il 4°, che si tenne solo nel 1901 per l’impossibilità economica del paese ad effettuarlo nella sua normale scadenza del 1891, e qualcosa accade certamente perché in soli venti anni tale peso demografico, dopo essersi fisiologicamente attestato dall’iniziale 2,29% sotto il 2%, in seguito all’unificazione dello stato pontificio, passa dall’1,86 % all’1,49% nel volgere di una sola generazione…

 

quindi cosa era accaduto?…risposta semplice, l’inizio di un imponente flusso migratorio verso l’america, flusso agevolato non solo dall’apertura delle rotte transatlantiche gestite quasi a “tratta degli schiavi” (quindi fattori strettamente capitalistici) e che continuò, seppure in modo minore, anche nei decenni seguenti, ma agevolato da precise condizioni di immiserimento della popolazione rurale lucana per via di un inedito peso fiscale imposto dallo stato unitario per pagare le spese della sua politica di espansione, dalla lunga leva obbligatoria che privava le famiglie di braccia giovani, da precisi meccanismi di latifondo che, cominciando a basarsi su modalità sempre più meccanizzate e razionali, espellevano masse di braccianti dl lavoro, dalle conseguenze della devastazione del territorio effettuata punitivamente dai piemontesi come risposta vendicativa verso una popolazione che aveva appoggiato più per disperazione che per scelta il brigantaggio, quindi come complesso di azioni ed inazioni che si basava sull’espulsione quasi coatta di uomini validi allo scopo di impedire ogni pretesa di giustizia sociale che pure il processo unitario aveva innescato nelle masse lucane…

 

flusso che dissanguò tutto il sud ed in modo particolare la lucania, aggravato poi dallo sterminio della prima guerra mondiale, dal ritorno di mutilati ed inabili al lavoro, che parve arrestarsi in parte solo nel periodo fascista per evidenti motivi di restringimento delle vie migratorie anche allo scopo di costruire la popolazione auspicata crescente del nuovo stato fascista, periodo nel quale la popolazione ritorna a crescere per una somma di ragioni tra cui le politiche demografiche che premiavano le famiglie numerose, nel riconoscimento di tendenza alla iper-prolifilia abbastanza normale per società agricole e nella sostanza di un “blocco in loco” delle popolazioni rurali per l’incremento delle produzioni agrarie che il regime imponeva e che aumentò la sua pressione nel periodo delle sanzioni della società delle nazioni in conseguenza dell’invasione dell’etiopia…

 

e la tendenza all’aumento della popolazione lucana continua a lungo anche dopo la guerra, nell’ovvietà della considerazione che se era l’intera popolazione del paese ad aumentare e la basilicata aumentava contestualmente il suo peso percentuale demografico, il tasso di crescita era indice di una società che aveva ripreso vigore fino a giungere al suo massimo storico di oltre 644.000 abitanti raggiunto dopo il decennio ’51-’61, momento che però porta ad un altro forte movimento di declino percentuale segnato da una ennesima ondata migratoria, questa volta interna, verso le città industriali del nord del paese, ed in parte anche verso altri paesi europei…

 

certo il contesto sociale e storico deve inquadrarsi non solo nello spopolamento migratorio che, riguardando soprattutto i più giovani, “svuota” la demografia regionale di “nuove famiglie”, ma anche nell’aumento demografico contestuale delle realtà più attrattive, le regioni industriali del nord che divarica ulteriormente la forbice…

 

tutte cose che conosciamo bene, avendo però inquadrato due momenti storici precisi, il ventennio 1881-1901, ed il periodo tra il 1961 e gli anni settanta, ed alcune cause che hanno fatto da leva allo spopolamento, ma se da allora inizia un periodo di lenta erosione che coincideva però con la crescita di altre realtà, come mai questa lenta erosione del peso percentuale continua anche oggi, in presenza certo di nuove forme migratorie che riguardano i giovani, ma anche di un oggettivo rallentamento della crescita della popolazione del paese, appena compensato dall’immigrazione esterna, quindi con un deciso aggravarsi sia della denatalità che dell’immigrazione che aumenta quel divario, portando la regione verso i crack demografico, ovvero al punto di non ritorno?…

 

chiariamo subito che per crack demografico si intende una precisa situazione nella quale l’invecchiamento della popolazione non appare più compensabile dalle nuove nascite e per spiegarmi meglio uso un piccolo esempio…se l’attuale popolazione di un luogo è composta per la sua maggioranza da persone anziane, essendo ormai una netta minoranza le persone in età riproduttiva che possono rimpiazzare i cittadini morenti, due sono le condizioni possibili per evitare l’invecchiamento irreversibile della popolazione, uno, per compensare occorre che le coppie facciano più di due figli (e servono precise politiche di sostegno perché le persone “investano” sulla demografia che quando assenti o carenti impediscono di fatto ogni compensazione demografica), due, occorre che vi siano migrazioni di persone giovani in grado di aumentare la massa riproduttiva e così compensare il calo demografico (ed anche qui servono politiche di sostegno specifiche, una volta accertata la volontà politica e la praticabilità socio-culturale di un “innesto” di popolazione)…

 

in mancanza di queste due condizioni la popolazione invecchia irreversibilmente fino al punto di non riuscire a sostituire se stessa (condizione questa già in atto nel paese ed a maggior ragione nella nostra regione) e via via che non avviene una sostituzione esponenzialmente tale sostituzione diventa impossibile, fino al blocco pressoché totale, seppur tendenziale, dei nuovi nati, ovvero la popolazione invecchia e diminuisce al progredire dell’invecchiamento delle classi anagrafiche che non riescono più a riprodursi, fino alla “morte demografica” di un popolo…

 

e se questa condizione non si blocca subito con specifiche azioni economiche, sociali, politiche e culturali, ogni anno che passa allontana sempre più dalla “risoluzione” del problema, avvicinandosi quella della sua impossibilità alla soluzione…

 

ciò premesso, un calo demografico incontrollato ha immediate conseguenze sulla vivibilità di una società per motivazioni che sono economiche (minore prodotto, minore reddito globale), sociali (minore reddito, minore welfare), di servizi essenziali che sono tarati su determinate masse critiche, ma anche culturali, ovvero per citare padoa schioppa «Invecchiamento significa meno idee nuove, minore gusto per l’avventura, tendenza a privilegiare la rendita e la sicurezza… ed anche in definitiva meno futuro e più solitudine»…

 

ora torniamo al punto strettamente locale…come mai la regione, nonostante la sostanziale crescita del suo prodotto interno lordo, è in default demografico continuo già dagli anni ’90, continuando un calo demografico percentuale che ormai ha portato la popolazione lucana stabilmente sotto la soglia dell’1% rispetto al totale nazionale, calo che impone non solo la capacità di conoscere le cause, ma anche la capacità di sortirne con effetti positivi?…

 

cosa sta causando, nonostante il progredire del prodotto regionale lordo, anche al netto della crisi che da noi ha devastato enormemente una economia già non florida, la sostanziale non distribuzione del reddito e delle opportunità tra i cittadini lucani che è la causa primaria dell’immigrazione e della denatalità, e come mai il dissanguamento demografico si riesce a frenarlo ancor meno che altrove, nell’evidenza che questo aumenta e tendenzialmente porta la società lucana nel suo complesso a contare sempre meno sulla scena nazionale, e nell’evidenza che se non si interviene con azioni di riequilibrio sociale ed economico la regione è letteralmente spacciata?…

potrei indicare, e non sbaglierei, cause di ordine generale, ovvero la naturale tendenza delle politiche neo-liberiste a creare sacche di squilibrio sempre maggiori a partire dalle “periferie” (ed ho scritto spesso di ciò), ma voglio indicare anche cause di contesto, ovvero specifici blocchi di distribuzione del reddito che un sistema neo-feudale accentra nelle mani di determinate filiere di prossimità ai potentati politici locali, a loro volta “maggiordomi” di altri interessi che “usano” il territorio, ed anche su questo tanto ho scritto in passato…no, occorre andare oltre l’analisi e passare all’azione concreta…

 

per il momento mi fermo qui, perché le mie considerazioni politiche, ovvero la concretezza di cui si ha necessità per impedire la morte di una regione, sono in agguato e meritano uno spazio separato da questa lunga e forse noiosa analisi, che invece spero serva per delineare la necessità e l’urgenza somma di specifiche azioni di risanamento politico, sociale, economico e culturale della regione che questo assetto gestionale non pare in grado neppure di concepire…

miko somma

 

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