Comunicato stampa di Comunità Lucana

La corda è lasca

Costernati, abbiamo tutti assistito oggi al tg regione ad una scena di servitù della gleba nei confronti di ENI che mai avremmo potuto immaginare si spingesse tanto oltre il limite della decenza, il direttore di ARPAB, Iannicelli, che ci informa di aver chiesto il “permesso” all’ad di ENI Descalzi per effettuare dei carotaggi di terreno, utili forse a determinare qualità e quantità dell’inquinamento di cui sarebbe prova la presenza di idrocarburi in alcuni pozzetti esterni all’impianto del COVA, una attività questa del tutto di competenza dell’agenzia e che a norma di legge non prevede alcuna procedura di autorizzazione da parte del controllato.

È andata così in scena la ormai solita pantomima grottesca che vede la regione Basilicata “supplicare” con la coppola in mano la compagnia per poter assumere responsabilità che pur sarebbero peculiari del proprio ruolo e da svolgersi nella più perfetta autonomia, ovvero, nel caso specifico, se vi siano e quali dimensioni abbiano assunto forme di inquinamento derivanti dalle attività, lecite od illecite che siano è compito della magistratura accertarle e sanzionarle, di un plesso che, nonostante le intese, è un “ospite” sul nostro territorio e non un proprietario dello stesso.

Va infatti ricordato che, qualsiasi sia l’oggetto dell’intesa e degli accordi di merito, è un dovere, prima ancora che una competenza ed una potestà, degli organi istituzionali di controllo ambientale controllare appunto che le condizioni di operatività di quanto autorizzato, rientrino nei limiti di legge, e quindi non diano origine a gravi nocumenti ad ambiente e salute umana ed animale, e tale controllo, la cui non ottemperanza è un grave reato per l’ente, va oltre ogni accordo, soprattutto perché – e mi si perdoni l’estrema semplificazione – il territorio su cui insiste quell’impianto è territorio lucano ed italiano, e come tale soggetto alle leggi della Repubblica e, per competenza, a quella della regione Basilicata, non una enclave di ENI, dotata di forme di extra-territorialità che consentano di andare oltre le stesse.

Da rilevarsi l’estremo servilismo del direttore che ricorda, con il tono sommesso di un sottoposto, quanto si sia incrinato il rapporto di fiducia tra lucani e compagnia, quasi a chiedere scusa all’ad se una agenzia a ciò istituzionalmente delegata si “permette” di indagare e ciò solo per mero obbligo istituzionale, ma volendo comunque rendere servigio alla stessa compagnia.

Volendo usare una figurazione da commedia dell’arte, Arlecchino che chiede al suo padrone se, dopo aver osato flebilmente protestare per essere stato picchiato da questi senza motivo, ora possa frustrarsi da solo per non stancare il padrone e magari per non farsi troppo male.

Ma oltre alle celie, quanto accade sta rasentando il ridicolo gli occhi dei lucani, a cui invece appar chiaro ogni giorno di più quanto ENI riesca non solo ad estrarre e trattare greggio praticamente senza controllo e senza contradditori possibili, e quanto invece a via Verrastro domini o ipocrita sudditanza, rassegnata o complice che sia, o, ipotesi forse ancor peggiore, assoluta incapacità a comprendere il profondo solco apertosi tra la gente di Basilicata e chi dovrebbe rappresentarla, solco che pur dovrebbe essere palesato dai collaboratori a chi, governatore in testa, evidentemente ha perso ogni contatto con la realtà locale.

Che quella del petrolio sia una partita complicata appare chiaro, ma che si voglia menar il can per l’aia a colpi di penultimatum e di bellicismi parolai che non producono mai effetti è attività pericolosa perché incide profondamente sulla residua fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini, ma ancor più pericoloso è far di continuo professione di arrendevolezza verso le compagnie che ormai sono use a tirare la corda per verificare fino a che punto di vigliaccheria possa arrivare una regione che non ha sentito il dovere neppure di costituirsi parte civile nel processo apertosi contro ENI e suoi funzionari.

E che oggi un dirigente assunto per garantire la correttezza dei processi di protezione ambientale, vada a prostrarsi verso una compagnia petrolifera, chiedendo il permesso al suo ad (piazzato su quella sedia da un certo ex premier che straparlava di quattro comitatini) solo per eseguire ciò che andrebbe eseguito in ossequio al mandato ricevuto dai lucani per interposto consiglio regionale, rassicura ancor di più ENI che la corda è lasca e la si può tirare ancora.

Miko Somma, Comunità Lucana

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