il sistema solare in immagini – parte III – marte

nell’esposizione del tema, salteremo la terra che ovviamente è il terzo pianeta a partire dal sole ed ha un satellite naturale, la luna, non per ignorare che la nostra casa sia un semplice oggetto del sistema solare, quanto per maggiore scorrevolezza dell’esposizione stessa, dedicando però sia alla terra che alla luna un focus specifico

la maggiore lunghezza di questa parte ovviamente dipende dal fatto che allo stato attuale marte non è soltanto l’oggetto cosmico più indagato finora dall’uomo, luna esclusa (ma parliamo del cortile di casa, ma quello che, sia in passato che oggi, ancora costituisce un luogo dell’immaginario collettivo, sia per la sua somiglianza con la terra, sia per le immagini ormai divenute familiari del pianeta rosso, sia per quell’archetipo che ci ha sempre fatto pensare alla vita aliena come ai “marziani” (e vedremo come fino agli anni 60 dello scorso secolo ciò fosse ancora vero), sia ancora per quel breve passo che ci separa da lui…se esiste o è esistita vita su marte è una domanda che ci poniamo ancora, mentre altri mondi si sono aggiunti alla ricerca di forme di vita che credo sia il vero movente della ricerca spaziale

Marte

Marte è il quarto pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole, visibile ad occhio nudo, ed è l’ultimo dei pianeti rocciosi di tipo terrestre. È anche chiamato il pianeta rosso a causa del suo colore dovuto alle grandi quantità di ossido di ferro che lo ricoprono.

Risultato immagine per marte

sopra mosaico globale di 122 immagini riprese dalla sonda Viking 1, in orbita intorno al pianeta, il 22 febbraio 1980. al centro la Valles Marineris, l’enorme spaccatura della crosta di marte

Pur presentando temperature medie superficiali piuttosto basse (tra −140 °C e 20 °C), il pianeta è il più simile alla Terra tra quelli del sistema solare, con dimensioni intermedie fra quelle del nostro pianeta e della Luna, presenta un’inclinazione dell’asse di rotazione e durata del giorno simili a quelle terrestri. La sua superficie presenta formazioni vulcaniche, valli, calotte polari e deserti sabbiosi, e formazioni geologiche che vi suggeriscono la presenza di un’idrosfera in un lontano passato. La superficie del pianeta appare fortemente craterizzata, a causa della quasi totale assenza di agenti erosivi e dalla totale assenza di tettonica delle placche e con la bassa densità dell’atmosfera non in grado di consumare una buona parte dei meteoriti. Fra le formazioni geologiche più notevoli di Marte si segnalano l’Olympus Mons o monte Olimpo, il vulcano più grande del sistema solare (alto 27 km); le Valles Marineris, un lungo canyon notevolmente più esteso di quelli terrestri e un enorme cratere sull’emisfero boreale ampio circa 40% dell’intera superficie marziana.

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foto di marte all’osservazione amatoriale

In passato all’osservazione diretta Marte presentava variazioni di colore imputate alla presenza di vegetazione stagionale, ma sia osservazioni spettroscopiche dell’atmosfera che la missione Mariner 4 (1965) mostrarono invece un pianeta desertico e arido, caratterizzato da tempeste di sabbia periodiche e violente, ma soprattutto senza alcun segno di presenza di manufatti (il primo atterraggio di sonde automatiche avvenne undici anni dopo, con le missioni Viking I e II, ma non vennero rilevate tracce di vita o di composti organici in superficie, anche se missioni più recenti hanno evidenziato presenza di acqua sotto forma di ghiaccio ed osservazioni satellitari la probabile liquefazione di questo in acqua). Attorno al pianeta orbitano due satelliti naturali, Fobos e Deimos, di piccole dimensioni e forma irregolare, probabilmente asteroidi catturati dalla gravità del pianeta.

A occhio nudo Marte appare di un marcato colore giallo-arancio o rossastro e per luminosità è il più variabile nel corso della sua orbita tra tutti i pianeti esterni: la sua magnitudine apparente infatti passa da +1,8 alla congiunzione fino a −2,9 all’opposizione perielica, che si verifica ogni due anni circa e rende il pianeta difficile da osservare. A causa dell’eccentricità orbitale la sua distanza relativa varia a ogni opposizione determinando piccole e grandi opposizioni, tanto che il 27 agosto 2003 alle 9:51:13 Marte si è trovato nella posizione più vicina alla Terra in 60 000 anni, 55.758.006 km (0,372 719 UA, sigla che sta ad indicare la distanza media tra terra e sole), avvicinamento che sarà, il 22 agosto 1924, a 0,372 846 UA, il 24 agosto 2208 sarà di 0,372 79 UA e picco di questo millennio l’8 settembre 2729, quando si troverà a 0,372 004 UA dalla Terra.

Risultato immagine per marte

un’altra immagine di Marte dove appare ben visibile la Valles Marineris

Con l’osservazione al telescopio sono visibili già alcuni dettagli caratteristici della superficie. Basta un piccolo obiettivo da 70-80 millimetri per osservare macchie chiare e scure sulla superficie e le calotte polari; con un 100 millimetri si può riconoscere il Syrtis Major Planum. L’aiuto di filtri rossi permette inoltre di delineare meglio i bordi tra regioni di diversa natura geologica. Con un obiettivo da 250 mm e condizioni di visibilità ottimali sono visibili i caratteri principali della superficie, i rilievi e i canali. La visione di questi dettagli può essere parzialmente oscurata da tempeste di sabbia su Marte che posso estendersi fino a coprire tutto il pianeta.

Risultato immagine per marte

una immagine dalla missione Atmosphere and Volatile Evolution (MAVEN), lanciata nel novembre 2013 

Moto retrogrado apparente di Marte

L’avvicinarsi di Marte all’opposizione comporta l’inizio di un periodo di moto retrogrado apparente, durante il quale, se ci si riferisce alla volta celeste, il pianeta appare in moto nel verso opposto all’ordinario, (quindi da est verso ovest anziché da ovest verso est) con la sua orbita che sembra formare un ‘cappio’ (in inglese “loop”); il moto retrogrado di Marte dura mediamente 72 giorni.

Esplorazioni del pianeta

Numerose sono state le missioni, passate ed ancora in corso, verso Marte intraprese da Unione Sovietica, Stati Uniti, Europa e Giappone per studiarne geologia, atmosfera e superficie ma occorre ricordare che quasi i due terzi delle missioni sono risultate insuccessi per inconvenienti tecnici, cosa questa che risulta un’ulteriore motivazione per proseguire le ricerche, per trovare tracce di vita sul pianeta, possibilità ridotta dal clima, assenza di atmosfera e bombardamento cosmico, tuttavia non impossibile a livello microbico, visto che appare confermata non solo la presenza di acqua in tempi remoti, ma la presenza di acqua ancora oggi in forma ghiacciata, fusa o sotterranea

Le missioni spaziali sono però vincolate a finestre di lancio di 2-3 mesi ogni 780 giorni, corrispondente al periodo sinodico, con la seguente tabella fino al 2020

 

Anno

Lancio

Arrivo

2018

Apr 2018 – Mag 2018

Nov 2018 – Gen 2019

2020

Lug 2020 – Set 2020

Gen 2021 – Nov 2021

 

 Missioni passate

La prima missione che ebbe successo fu nel 1964-65 con il passaggio in prossimità di Marte del Mariner 4 della NASA, ma i risultati diversi dalle aspettative di un pianeta vivo portarono a riduzioni ingenti delle risorse per l’esplorazione del pianeta, con annullamenti e rinvii di missioni pianificate, pur continuando altre missioni del programma (mariner 6, 1969, 75 immagini, mariner 7 126 immagini, mariner 9, 1971, 349 giorni in orbita intorno a marte). Il primo atterraggio fu nel 1971 con la sonda sovietica Mars 3 (dopo i fallimenti del cosmos 419 e del mars 2, che aveva rilasciato un modulo schiantatosi al suolo) che 20 secondi dopo l’atterraggio però perse i contatti con la Terra. 

Risultato immagine per mariner 4 marte

sopra e sotto, 3 immagini della missione mariner 4 (1965)

Risultato immagine per mariner 4 marte

Fu il programma Viking della NASA (due satelliti orbitanti con un modulo di atterraggio che raggiunsero il suolo nel 1976) che aprì con successo l’esplorazione a terra. Il Viking 1 rimase operativo per sei anni, il Viking 2 per tre con le prime foto a colori della superficie marziana e mappature di qualità tale da essere ancora oggi usate.

Color image of rocky Martian surface with portion of Viking Lander in lower right corner

sopra la prima immagine a colori di marte scattata dalla viking 1

sotto un’altra immagine scattata dalla viking 1

sopra una immagine scattata dalla viking 2

sotto un’altra immagine scattata dalla viking 2

Risultato immagine per viking 2 marte

Nel 1988 i moduli sovietici Phobos 1 e 2 furono inviati per lo studio di Marte e delle sue due lune. Si perse il segnale di Phobos 1 mentre era in viaggio e Phobos 2 riuscì a inviare foto del pianeta e di Phobos ma un guasto impedì di liberare due sonde sulla luna e nè miglior sorte ebbe la missione Phobos-Grunt lanciata nel novembre del 2011 e precipitata a terra nel gennaio successivo, dopo che problemi tecnici occorsi hanno impedito la prosecuzione del viaggio verso l’obiettivo.

sopra il monte olimpo ripreso dal mars global surveyor

sotto  altre immagini riprese dal mars global surveyorRisultato immagine per mars global surveyor best images

Risultato immagine per mars global surveyor best imagesRisultato immagine per mars global surveyor best images

Dopo il fallimento nel 1992 del Mars Observer, la NASA nel 1996 inviò il Mars Global Surveyor; la missione di mappatura fu un completo successo e si concluse nel 2001. I contatti si interruppero nel novembre del 2006 dopo 10 anni nell’orbita marziana. Un mese dopo il lancio del Surveyor, la NASA lanciò il Mars Pathfinder che trasportava il robot da esplorazione Sojourner, atterrato nell’Ares Vallis, una missione di successo, famosa per le immagini inviate sulla Terra.

Risultato immagine per Sojourner marte

sopra e sotto l’uscita del rover Sojourner

Risultato immagine per Sojourner marte

Nel 2001 la NASA inviò il satellite Mars Odyssey. Il satellite, dotato di uno spettrometro a raggi gamma, ha identificato grandi quantità di idrogeno nella regolite marziana. Si ritiene che l’idrogeno fosse contenuto in ampi depositi di ghiaccio. La missione scientifica della sonda terminò nel settembre 2010 e da allora è utilizzato come satellite di collegamento nelle comunicazioni tra le missioni sulla superficie del pianeta e i centri di controllo a terra.

Nel 2003 l’ESA lanciò il Mars Express Orbiter assieme al modulo di atterraggio Beagle 2 che venne dichiarato perso agli inizi del febbraio 2004. Grazie al Planetary Fourier Spectrometer, alloggiato nel satellite, fu scoperto il metano su Marte. Nel giugno 2006 l’ESA inoltre annunciò l’avvistamento di aurore sul pianeta.

Il 12 agosto 2005 fu la volta del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA che arrivò a destinazione il 10 marzo 2006 per una missione di due anni. Tra gli obiettivi, la mappatura del terreno marziano e delle condizioni atmosferiche per trovare un luogo di atterraggio adatto alle prossime missioni. Il Mars Reconnaissance Orbiter scattò le prime immagini di valanghe presso il polo nord del pianeta il 3 marzo 2008.

Risultato immagine per Mars Reconnaissance Orbiter

Risultato immagine per Mars Reconnaissance Orbiter

sopra e sotto alcune immagini scattate dal mars reconnaissance orbiter

Risultato immagine per Mars Reconnaissance Orbiter

Risultato immagine per Mars Reconnaissance Orbiter

Il Phoenix Mars Lander, lanciato il 4 agosto 2007, raggiunse il polo nord marziano il 25 maggio 2008. Il modulo era dotato di un braccio meccanico con un raggio d’azione di 2,5 metri in grado di scavare per 1 metro nel suolo e disponeva inoltre di una telecamera in miniatura che il 15 giugno 2008 scoprì una sostanza che si rivelò essere acqua. La missione si concluse il 10 novembre con la perdita definitiva di ogni contatto, al sopraggiungere della stagione invernale marziana.

Phoenix Scoop Inverted Showing Rasp

sopra una foto scattata dal Phoenix Mars Lander

sotto una foto scattata dal Phoenix Mars Lander che rileva la presenza di ghiaccio d’acqua a pochi centimetri sotto la superficie del pianeta

Risultato immagine per Phoenix Mars Lander

Tra il 2007 e il 2011, l’ESA e la Russia condussero simulazioni del viaggio umano verso Marte e ritorno, nell’ambito del progetto Mars-500. La missione Dawn passò nell’orbita di Marte nel febbraio 2009 per poter proseguire il suo viaggio verso Vesta e Cerere, nella fascia degli asteroidi.

Missioni in corso

I due rover gemelli Spirit (MER-A) e Opportunity (MER-B), lanciati dalla NASA, raggiunsero il suolo marziano nel gennaio 2004. Tra le scoperte principali si ha la prova definitiva dell’esistenza di acqua allo stato liquido nel passato, grazie al ritrovamento delle sue tracce in entrambi i punti di atterraggio. I diavoli di sabbia (piccoli tornado) e le forti correnti inoltre hanno allungato la vita dei rover grazie alla continua pulizia dei loro pannelli solari. Il 22 marzo 2010 si persero i contatti con Spirit, mentre Opportunity è invece ancora attivo.

Risultato immagine per rover spirit

sopra una immagine del modulo di trasporto del rover spirit

sotto una immagine delle apollo Hills del scattata dal rover spirit

 Risultato immagine per rover opportunity

sopra e sotto immagini scattate dal rover opportunity

Risultato immagine per rover opportunity

Risultato immagine per rover opportunityRisultato immagine per rover opportunity

Il 6 agosto 2012 atterrò su Marte il rover Curiosity, il maggiore per dimensioni e complessità tecnologica sviluppato dalla NASA, con l’obiettivo di investigare sulla passata e presente capacità del pianeta di sostenere la vita. La sonda, nel suo cammino all’interno del cratere Gale, individuato come punto di passate condizioni atte ad ospitare vita teorica, ha trovato acqua, zolfo e sostanze clorurate nei primi campioni di suolo marziano, a testimonianza di una chimica complessa. La NASA ha precisato che il risultato è solo la conferma che gli strumenti della sonda hanno funzionato alla perfezione, e che sono stati trovati indizi di composti organici, ma che non è possibile escludere che questi possano essere stati trasportati su Marte dalla stessa Curiosity. La missione continua regolarmente.

Risultato immagine per rover curiosity

sopra un selfie scattato dal rover curiosity

sotto altre foto scattate dal rover curiosityRisultato immagine per rover curiosity

Risultato immagine per rover curiosity

Risultato immagine per rover curiosity

La Mars Orbiter Mission, nota anche con la denominazione Mangalyaan, fu la prima missione per l’esplorazione di Marte dell’Indian Space Research Organisation (ISRO), il cui vettore fu lanciato il 3 novembre 2013 per raggiungere l’orbita marziana il 24 settembre 2014. La missione fu ideata per sviluppare le tecnologie necessarie per la progettazione, programmazione, gestione e controllo di una missione interplanetaria. L’agenzia spaziale indiana fu dunque la quarta a raggiungere Marte, dopo la russa RKA, la statunitense NASA e l’europea ESA.

La sonda MAVEN fu lanciata con successo il 18 novembre 2013, per inserirsi in un’orbita ellittica attorno a Marte il 16 settembre del 2014, ad un’altezza compresa tra 90 miglia (145 km) e 3 870 miglia (6 228 km) dalla superficie.

Il 14 marzo 2016 l’ESA ha lanciato il Trace Gas Orbiter (TGO) e il Lander Schiaparelli, parte della missione ExoMars, un progetto in cui l’Italia è il primo finanziatore e italiana anche molta della tecnologia di bordo. Il Lander Schiaparelli ha tentato un atterraggio, purtroppo senza successo per via di un presumibile guasto all’altimetro.

Missioni future

Nella finestra di lancio del 2018 è prevista la sola missione fly-by statunitense InSight con un lander e due CubeSat, per condurre uno studio approfondito della struttura interna del pianeta.

Nella finestra successiva, a metà del 2020, è però previsto un numero maggiore di missioni, di agenzie spaziali private e pubbliche. Nell’ambito di ExoMars, verrà inviato un rover sulla superficie di Marte. Esso sarà il primo rover in grado di perforare il suolo fino a 2 metri di profondità per stabilire l’eventuale esistenza di vita passata su Marte. A tale scopo infatti i campioni forniti dalla perforatrice verranno analizzati da Urey, il rilevatore di materia organica e ossidanti finanziato dalla NASA, in grado di rilevare tracce di molecole organiche e stabilire se siano state originate da forme di vita o meno e, nel caso, quali condizioni ne hanno provocato la scomparsa. La missione Exomars avrà inoltre tra i suoi obiettivi la validazione delle tecnologie necessarie per l’esplorazione sicura del pianeta in prospettiva di una “Mars Sample Return”, ovvero una missione di andata e ritorno sulla Terra. La NASA prevede di inviare Mars 2020, rover gemello di Curiosity, ma con strumentazione scientifica differente, per studiare l’abitabilità di Marte, definire il clima e preparare future missioni umane, testando anche la produzione di ossigeno in situ.

Il NICT di Tokyo, National Institute of Information and Communications Technology, in collaborazione con l’Università di Tokyo ha progettato Mars Terahertz Microsatellite, un microsatellite dedicato allo studio degli isotopi di ossigeno presenti nell’atmosfera marziana, che verrà lanciato come payload (carico a pagamento) secondario in una missione ancora da specificare. Allo studio dell’atmosfera si dedicherà anche Mars Hope, una sonda degli Emirati Arabi Uniti che verrà lanciata dal centro spaziale di Tanegashima. L’agenzia spaziale cinese invierà una sonda ben più complessa, comprensiva di orbiter, lander e rover, con in dotazione un radar di profondità per mappare la crosta marziana fino a una profondità di 400 metri.

Nella finestra successiva, nel 2022, l’Indian Space Research Organisation, dopo il successo di Mars Orbiter Mission, prevede di inviare una sonda Mangalyaan 2 composta di orbiter, lander e rover, per progredire nell’indagine scientifica dell’atmosfera e del suolo marziano. Sempre nel 2022, l’azienda privata SpaceX ha annunciato di voler inviare una navicella per la produzione in-situ di risorse necessarie ad un’ipotetica missione umana nel 2024.

L’esplorazione con equipaggi di Marte è stata considerata come un obiettivo a lungo termine dagli Stati Uniti attraverso il Vision for Space Exploration annunciato nel 2004 da Bush, sostenuto successivamente da Barack Obama e Donald Trump. Una cooperazione tra NASA e Lockheed Martin a questo proposito ha iniziato il progetto Orion la cui missione di prova è programmata per il 2020 verso la Luna per poi intraprendere il viaggio verso Marte. L’ESA invece prevede di inviare astronauti su Marte nel periodo tra il 2030 e il 2035. La missione sarà preceduta dall’invio di grandi moduli iniziando con l’ExoMars e un’altra missione di andata e ritorno.

Idrologia del pianeta

La presenza di acqua allo stato liquido parrebbe impossibile su Marte a causa della bassa pressione atmosferica, salvo in zone di elevata depressione e per brevi periodi di tempo, eppure scoperta di recente in alcune zone del pianeta, sia come effetto di disgelo, sia per motivi anora da chiarire. Il ghiaccio d’acqua però è abbondante ed i poli ne sono ricoperti, con lo strato di permafrost che si estende fino a latitudini di circa 60º, tanto che la NASA nel 2007 ha ipotizzato che lo scioglimento totale delle calotte polari sommergerebbe l’intero pianeta con uno strato d’acqua di 11 metri.

Risultato immagine per acqua su marte

sopra e sotto foto scattate dal Mars reconnaissance orbiter che provano la presenza di acqua allo stato liquido sul pianetaRisultato immagine per acqua su marte

Risultato immagine per acqua su marte

Si ritiene che grandi quantità di acqua siano intrappolate sotto la spessa criosfera marziana. La formazione della Valles Marineris e dei suoi canali di fuoriuscita dimostrano infatti che durante le fasi iniziali della storia di Marte fosse presente una grande quantità di acqua allo stato liquido. Una testimonianza la si può ritrovare nella Cerberus Fossae, una frattura della crosta risalente a 5 milioni di anni fa, dalla quale proviene il mare ghiacciato visibile sulla Elysium Planitia con al centro la Cerberus Palus. Tuttavia è ragionevole ritenere che la morfologia di questi territori possa essere dovuta alla stagnazione di correnti laviche anziché all’acqua. La struttura del terreno e sua inerzia termica paragonabile a quella delle pianure di Gusev, assieme alla presenza di formazioni coniche simili a vulcani, avvalorano la seconda tesi. In più la stechiometria molare frazionaria dell’acqua in quelle aree è solamente del 4%, fatto attribuibile più a minerali idrati che alla presenza di ghiaccio superficiale.

sopra foto di una microscopica formazione rocciosa originata da interazione con acqua ripresa da Opportunity 

sotto nuovo deposito in un cratere nella regione Centauri Montes

 

Grazie alle fotografie ad alta risoluzione del Mars Global Surveyor, è stata riscontrata la presenza di complesse reti naturali di drenaggio, apparentemente dotate di affluenti e corsi principali. Sono inoltre frequenti elementi morfologici interpretabili come conoidi di deiezione e delta fluviali, che implicano un agente allo stato liquido con caratteristiche simili a quelle dell’acqua senza differenze significative rispetto agli analoghi terrestri. La missione del rover Mars Science Laboratory (Curiosity), ha consentito per la prima volta la ripresa di immagini ravvicinate di sedimenti marziani interpretabili senza ambiguità come depositi alluvionali e deltizi originati da corsi d’acqua, con caratteri sedimentologici del tutto assimilabili a quelli terrestri.

Il Mars Global Surveyor tuttavia ha anche fotografato alcune centinaia di esempi simili a canali di trasudamento presso crateri e canyon. Questi burroni (Gully) sono maggiormente presenti su altipiani dell’emisfero australe e tutti hanno un orientamento di 30º rispetto al polo meridionale. Non sono state riscontrate erosioni o crateri lasciando supporre una loro formazione piuttosto recente.

Un esempio evidente di questo fenomeno di trasudazione di acqua dal sottosuolo, che è possibile individuare in certi burroni è visibile nell’immagine qui riportata. Essa mostra un pendio interessato da gully ripreso in due momenti successivi: nella seconda immagine (a destra), appare un elemento di colore chiaro che si configura come un nuovo deposito di sedimenti. Michael Meyer, il responsabile del Programma di Esplorazione Marziana della NASA, asserisce che solo un flusso di materiali con un elevato contenuto di acqua allo stato liquido può produrre un sedimento di tale forma e colore. Tuttavia non è ancora possibile escludere che l’acqua possa provenire da precipitazioni o da altre fonti che non siano sotterranee. Ulteriori scenari sono stati considerati, compresa la possibilità che i depositi siano stati causati da ghiaccio di anidride carbonica o dal movimento di polveri sulla superficie marziana.

Altre prove dell’esistenza passata di acqua allo stato liquido su Marte provengono dalla scoperta di specifici minerali come ematite e goethite che in certi casi si formano in presenza di acqua. Ad ogni modo, contemporaneamente alla scoperta di nuove prove dell’esistenza di acqua, vengono confutate precedenti ipotesi errate grazie agli studi di immagini ad alta risoluzione (circa 30 cm) inviate dal Mars Reconnaissance Orbiter (MRO). Nel settembre 2015, su un articolo su Nature Geoscience, è stata annunciata, sulla base delle ricognizioni del MRO, la scoperta di acqua liquida sul pianeta, confermando le teorie di molti studiosi e astronomi; si tratta di piccoli rigagnoli di acqua salata, che si generano periodicamente.

Superficie

La topografia di Marte presenta differenze nette tra i due emisferi: a nord dell’equatore si trovano enormi pianure coperte da colate laviche mentre a sud la superficie è segnata da grandi altipiani segnati da migliaia di crateri. Una teoria proposta nel 1980, e avvalorata da prove scientifiche nel 2008, giustifica questa situazione attribuendone l’origine a una collisione del pianeta con un oggetto con dimensioni pari a quelle di Plutone, avvenuta circa 4 miliardi di anni fa. Se tale teoria venisse confermata, l’emisfero boreale marziano, che ricopre circa il 40% del pianeta, diventerebbe il sito d’impatto più vasto del Sistema Solare. La superficie di Marte non pare movimentata dall’energia che caratterizza quella terrestre. In sostanza, Marte non ha una crosta suddivisa in placche, e quindi la tettonica a zolle del modello terrestre risulta inapplicabile al pianeta.

l’Olympus Mons

L’attività vulcanica è stata molto intensa, come testimonia la presenza di imponenti vulcani. Il maggiore di essi è l’Olympus Mons, che, con una base di 600 km e un’elevazione pari a circa 24 km rispetto alle pianure circostanti, è il maggior vulcano del sistema solare e molto simile ai vulcani a scudo delle isole Hawaii, originatisi dall’emissione di lava molto fluida. Tali giganteschi edifici vulcanici sono presenti perchè la crosta marziana è priva della mobilità delle placche tettoniche, così i punti caldi da cui sale in superficie il magma sono sempre nelle stesse zone del pianeta, senza spostamenti nel corso di milioni di anni di attività. La bassa gravità ha agevolato la lava, che su Marte ha un peso di poco superiore a quello dell’acqua sulla Terra, rendendo più facile la sua risalita dal sottosuolo e una più ampia e massiva diffusione sulla superficie.

Un gigantesco canyon, lungo 5 000 km, largo 500 km e profondo 5 – 6 km attraversa il pianeta all’altezza dell’equatore e prende il nome di Valles Marineris. La sua presenza costituisce un vero e proprio sfregio sulla superficie marziana, e data la sua enorme struttura, non è chiaro cosa possa averla prodotta, ma certamente non l’erosione data da agenti atmosferici o acqua. (un equivalente terrestre sarebbe un canyon che partendo da Londra arriva a Città del Capo, con profondità di 10 km). Un altro importante canyon è la Ma’adim Vallis (dal termine ebraico che indica Marte). La sua lunghezza è di 700 km, la larghezza 20 km e raggiunge in alcuni punti una profondità di 2 km. Durante l’epoca Noachiana del pianeta la Ma’adim Vallis era un enorme bacino di drenaggio di circa 3 milioni di chilometri quadrati.

Marte presenta inoltre approssimativamente 43 000 crateri d’impatto con un diametro superiore a 5 km; il maggiore è il Bacino Hellas, una struttura con albedo chiara visibile anche dalla Terra. Marte, per le sue dimensioni, ha una probabilità inferiore della Terra di entrare in collisione con un oggetto esterno, tuttavia il pianeta si trova più prossimo alla cintura degli asteroidi ed esiste la possibilità che entri addirittura in contatto con oggetti intrappolati nell’orbita gioviana.

Il Thermal Emission Imaging System (THEMIS) montato sul Mars Odyssey ha rilevato sette possibili ingressi di caverne sui fianchi del vulcano Arsia Mons. Le dimensioni di questi ingressi vanno dai 100 ai 252 m in larghezza e si ritiene che la loro profondità possa essere compresa tra i 73 e i 96 m. A parte la caverna “Dena”, tutte le caverne non lasciano penetrare la luce rendendo impossibile stabilirne le esatte dimensioni interne.

Il 19 febbraio 2008 il Mars Reconnaissance Orbiter ha immortalato un importante fenomeno geologico. Le immagini infatti hanno ripreso una frana spettacolare che si ritiene composta da ghiaccio frantumato, polvere e grandi blocchi di roccia che si sono distaccati da una scogliera alta circa 700 metri. Prove di tale valanga si sono riscontrate anche attraverso le nubi di polvere appunto sopra le stesse scogliere.

La gravità su Marte

Marte ha una massa pari all’11% di quella terrestre, mentre il suo raggio equatoriale misura 3. 392,8 km. Sulla superficie di Marte l’accelerazione di gravità è mediamente pari a 0,376 volte quella terrestre.

La magnetosfera di Marte è assente a livello globale e, in seguito alle rilevazioni del magnetometro MAG/ER del Mars Global Surveyor e considerando che è stata constatata l’assenza di magnetismo sopra i crateri Argyre e Hellas Planitia, si presume sia scomparsa da circa 4 miliardi di anni, consentendo ai venti solari di colpire direttamente la ionosfera, tenendo così l’atmosfera del pianeta molto sottile per via della continua asportazione di atomi dalla parte più esterna della stessa. Sia il Mars Global Surveyor che il Mars Express hanno individuato queste particelle atmosferiche ionizzate allontanarsi dietro il pianeta.

La pressione atmosferica media è di 700 Pa, ma varia da un minimo di 30 Pa sull’Olympus Mons a oltre 1 155 Pa nella depressione di Hellas Planitia. Per un paragone Marte ha una pressione atmosferica che è meno dell’1% rispetto a quella della Terra. L’atmosfera marziana si compone principalmente di anidride carbonica (95%), azoto (2,7%), argon (1,6%), vapore acqueo, ossigeno e monossido di carbonio.

Tracce di metano rilasciate nell’atmosfera durante l’estate dell’emisfero nord

È provato la presenza di metano nell’atmosfera marziana, in alcune zone in grandi quantità; la concentrazione media si aggira comunque sulle 10 ppb per unità di volume. Dato che il metano è un gas instabile che viene scomposto dalla radiazione ultravioletta solitamente in un periodo di 340 anni, nelle condizioni atmosferiche marziane, la sua presenza indica l’esistenza di una fonte relativamente recente del gas. Tra le possibili cause vi possono essere l’attività vulcanica, l’impatto di una cometa e la presenza di forme di vita microbiche generanti metano. Un’altra possibile causa potrebbe essere un processo non biologico dovuto alle proprietà della serpentinite di interagire con acqua, anidride carbonica e l’olivina, un minerale comune sul suolo di Marte.

Durante l’inverno marziano l’abbassamento della temperatura provoca la condensa del 25-30% dell’atmosfera che forma spessi strati di ghiaccio d’acqua o di anidride carbonica solida (ghiaccio secco). Con l’estate il ghiaccio sublima causando grandi sbalzi di pressione e conseguenti tempeste con venti che raggiungono i 400 km/h. Questi fenomeni stagionali trasportano grandi quantità di polveri e vapore d’acqua che generano grandi cirri. Queste nuvole vennero fotografate dal rover Opportunity nel 2004.

Clima

Tra tutti i pianeti del sistema solare Marte è quello con il clima più simile a quello terrestre per via dell’inclinazione del suo asse di rotazione. Le stagioni tuttavia durano circa il doppio dato che la distanza dal Sole lo porta ad avere una rivoluzione di poco meno di 2 anni. Le temperature variano dai −140 °C degli inverni polari a 20 °C dell’estate equatoriale. La forte escursione termica è dovuta anche al fatto che Marte ha un’atmosfera sottile (e quindi una bassa pressione atmosferica) e una bassa capacità di trattenere il calore del suolo.

Una differenza interessante rispetto al clima terrestre è dovuta alla sua orbita molto eccentrica che crea un clima con una maggiore escursione termica nell’emisfero sud rispetto a quello nord, costantemente più freddo, tanto che le temperature estive dell’emisfero meridionale possono essere fino a 30 °C più calde di quelle di un’equivalente estate in quello nord.

Rilevanti sono anche le tempeste di sabbia che possono estendersi anche sull’intero pianeta. Solitamente si verificano quando Marte si trova prossimo al Sole ed è stato dimostrato che aumentano la temperatura atmosferica del pianeta, per una sorta di effetto serra che trattiene il calore dell’irradiazione solare.

Entrambe le calotte polari sono composte principalmente da ghiaccio ricoperto da uno strato di circa un metro di anidride carbonica solida (ghiaccio secco) al polo nord, mentre lo stesso strato raggiunge gli otto metri in quello sud, la sovrapposizione del ghiaccio secco sopra a quello d’acqua è dovuto al fatto che il primo condensa a temperature molto più basse e quindi successivamente a quello d’acqua in epoca di raffreddamento. Entrambi i poli presentano dei disegni a spirale causati dall’interazione tra il calore solare disomogeneo e la sublimazione e condensazione del ghiaccio. Le loro dimensioni variano inoltre a seconda della stagione.

Satelliti naturali

Marte possiede due satelliti naturali: Phobos e Deimos. Entrambi i satelliti vennero scoperti da Asaph Hall nel 1877. I loro nomi, Paura e Terrore, richiamano la mitologia greca secondo la quale Phobos e Deimos accompagnavano il padre Ares, Marte per i Romani, in battaglia. Non è ancora chiaro come e se Marte abbia catturato le sue lune. Entrambe hanno un’orbita circolare, prossima all’equatore, cosa piuttosto rara per dei corpi catturati. Tuttavia la loro composizione suggerisce proprio che entrambe siano oggetti simili ad asteroidi.

Phobos è la maggiore delle due lune misurando 26,6 km nel suo punto più largo. Si presenta come un oggetto roccioso dalla forma irregolare, segnata da numerosi crateri tra cui spicca per dimensioni quello di Stickney che ne copre quasi metà della larghezza complessiva. La superficie del satellite è ricoperta da regolite che riflette solo il 6 % della luce solare che lo investe. La sua densità media molto bassa inoltre ricorda la struttura dei meteoriti di condrite carbonacea e suggerisce che la luna sia stata catturata dal campo gravitazionale di Marte. La sua orbita attorno al Pianeta rosso dura 7 ore e 39 minuti, è circolare e si discosta di 1º dal piano equatoriale; tuttavia, essendo piuttosto instabile, può far pensare che comunque la cattura sia stata relativamente recente. Phobos ha un periodo orbitale più breve del periodo di rotazione di Marte sorgendo così da ovest e tramontando a est in sole 11 ore. L’asse più lungo del satellite inoltre punta sempre verso il pianeta madre mostrandogli così, come la Luna terrestre, solo una faccia. Poiché si trova sotto l’altitudine sincrona, Phobos è destinato, in un periodo di tempo stimato in 50 milioni di anni, ad avvicinarsi sempre più al pianeta fino a oltrepassare il limite di Roche e disintegrarsi per effetto delle intense forze mareali.

Deimos invece è la luna più esterna e piccola, essendo di 15 km nella sua sezione più lunga. Essa presenta una forma approssimativamente ellittica e, a dispetto della sua modesta forza di gravità, trattiene un significativo strato di regolite sulla sua superficie, che ne ricopre parzialmente i crateri facendola apparire più regolare rispetto a Phobos. Analogamente a quest’ultimo, presenta la stessa composizione della maggior parte degli asteroidi. Deimos si trova appena al di fuori dell’orbita sincrona e sorge a est impiegando però circa 2,7 giorni per tramontare a ovest, nonostante la sua orbita sia di 30 ore e 18 minuti. La sua distanza media da Marte è di 23 459 km. Come Phobos, mostra sempre la stessa faccia a Marte, essendo l’asse più lungo sempre rivolto verso di esso.

Sui punti Lagrangiani dell’orbita di Marte gravitano degli asteroidi troiani. Il primo, 5261 Eureka, fu individuato nel 1990. Seguirono (101429) o 1998 VF31, (121514) o 1999 UJ7 e 2007 NS2. Ad eccezione di UJ7 che si trova nel punto troiano L4, tutti gli asteroidi si posizionano in L5. Le loro magnitudini apparenti vanno da 16,1 a 17,8 mentre il loro semiasse maggiore è di 1,526 UA. Un’osservazione approfondita della sfera di Hill marziana, ad eccezione della zona interna all’orbita di Deimos che è resa invisibile dalla luce riflessa da Marte, può escludere la presenza di altri satelliti che superino una magnitudine apparente di 23,5 che corrisponde a un raggio di 90 m per un’albedo di 0,07.

Acqua su Marte

Nell’esplorazione moderna la Nasa si è concentrata nella ricerca di acqua sul pianeta quale elemento base per lo sviluppo della vita. In passato erano stati osservati i segni della passata presenza di acqua: sono stati osservati canali simili ai letti dei fiumi sulla terra. È tuttora oggetto di molti dibattiti l’origine dell’acqua liquida che un tempo scorreva sul pianeta; l’acqua, sotto forma di ghiaccio, costituisce una parte delle calotte polari. Altra acqua si trova sotto il suolo del pianeta, ma in quantità ancora sconosciuta. La presenza di acqua nel sottosuolo del polo sud di Marte è stata confermata dalla sonda europea Mars Express nel gennaio del 2004; nel 2005 il radar MARSIS ha individuato un deposito di ghiaccio dello spessore maggiore di un chilometro tra gli 1,5 e i 2,5 km di profondità, nei pressi della regione di Chryse Planitia. Nel luglio 2008 annunciò le prove della presenza dell’acqua su Marte.

Il 1º agosto 2008 la sonda Phoenix individua l’acqua sotto forma di ghiaccio, scavando di qualche centimetro la superficie di Marte, ma il ghiaccio è sublimato subito senza nessuna erosione.

Nell’ottobre 2008 è stata accertata dalla sonda Phoenix neve nelle nuvole marziane che si è però dissolta prima di raggiungere il suolo.

Il 17 dicembre 2014, il rover marziano Curiosity ha confermato la presenza di metano nell’atmosfera di Marte (addirittura con picchi superiori di 10 volte ai valori standard) e rilevato traccia di molecole organiche (quali composti dell’idrogeno, ossigeno e carbonio). Sebbene sia una scoperta importante, non è detto che la fonte di questi elementi sia biologica. Infatti, il metano potrebbe essere originato da processi geologici. Questa scoperta ha comunque aperto le porte agli scienziati, fornendo una pur remota speranza di trovare qualche forma di vita sul pianeta rosso.

Il 28 settembre 2015, la NASA ha annunciato di avere delle prove concrete che sulla superficie di Marte scorra acqua salata allo stato liquido sotto forma di piccoli ruscelli ma non si tratta di osservazione diretta.

Immagine in scala di Fobos (sopra) e Deimos (sotto).

Vita su Marte

Il 16 agosto 1996 la rivista Science annunciò la scoperta di prove concrete che suggeriscono l’esistenza della vita su Marte nel meteorite ALH 84001[132]. La ricerca venne intrapresa dagli scienziati del Johnson Space Center (JSC) Dr. David McKay, Dr. Everett Gibson e Kathie Thomas-Keprta assieme a un team di ricerca della Stanford University diretto dal Professor Richard Zare. Il meteorite fu rinvenuto presso le Allan Hills in Antartide e risulta uno dei 12 meteoriti rinvenuti sulla Terra che presentano le caratteristiche chimiche peculiari del suolo marziano. Dopo un’analisi che includeva microbiologia, mineralogia, geochimica e chimica organica si ritenne ragionevole affermare che in un periodo tra i 4 e i 3,6 miliardi di anni fa (periodo in cui il pianeta si presentava più caldo e umido) su Marte erano presenti forme di vita molto simili ai nanobatteri presenti sulla Terra. I risultati di tale ricerca vennero comunque presentati alla comunità scientifica con pareri discordanti sulla veridicità di questa tesi.

per ulteriori informazioni https://mars.nasa.gov/

n.b. il numero di immagini di marte è altissimo, quindi l’esposizione ha più la volontà di stuzzicare la vostra curiosità che di poter essere in qualche modo esaustiva…buona ricerca, dunque

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