non siamo la vostra fogna-colonia

 (ANSA) – POTENZA, 13 APR – Per evitare che continui lo scarico nel mare Jonio di acqua contaminata proveniente dall’impianto nucleare Itrec di Rotondella (Matera), la Procura della Repubblica di Potenza ha fatto eseguire stamani il sequestro di tre vasche di raccolta delle acque di falda e della condotta di scarico. I reati ipotizzati nell’inchiesta sono: inquinamento ambientale, falsità ideologica, smaltimento illecito di rifiuti e traffico illecito di rifiuti. Ma lo smantellamento del sito potrà proseguire
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Storia

L’impianto dell’ITREC di Rotondella (Impianto di Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile) è un impianto per la conservazione e  sperimentazione del ritrattamento di combustibile nucleare di derivazione dal ciclo torio-uranio ed  è stato realizzato tra gli anni 1965-1970 dal CNEN, Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare. Tra  ’69 e ’71, in seguito all’accordo tra CNEN e la statunitense USAEC (Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti), sono stati trasferiti nell’impianto 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio provenienti dal reattore sperimentale Elk River (Minnesota) ed in seguito sono state condotte ricerche sui processi di ritrattamento e ri-fabbricazione del ciclo uranio-torio per verificarne la convenienza tecnico-economica come combustibile rispetto al ciclo uranio-plutonio.

Nel ’73 il CNEN diviene proprietario degli 84 elementi di combustibile di Elk River, ma nel 1987 dopo il referendum sul nucleare, le attività sono state interrotte. Nel 2003, SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari, società dello Stato con missione di smantellamento degli impianti nucleari italiani ovvero “decommissioning*, gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti da attività industriali, di ricerca e medicina nucleareha assunto la gestione dell’impianto con obiettivo lo stesso decommissioning (vedi sopra *), quindi la fuoriuscita del combustibile nucleare dall’impianto, decontaminazione e smantellamento delle strutture stesse e gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.

Pur non direttamente attinente al controverso impianto, tutti noi lucani ricordiamo che nel 2003 il comune di Scanzano Jonico, dieci chilometri dall’impianto di Rotondella, venne scelto dal consiglio dei ministri come deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi di “alta e media durata” (2ª e 3ª categoria),  circa 60.000 metri cubi, nel territorio  di Terzo Cavone e ciò scatenò forti proteste pacifiche dal 13 al 27 novembre dello stesso anno, che si conclusero solo con la cancellazione di Scanzano Jonico dal decreto ufficiale riguardante i rifiuti radioattivi.

Nel 2008, sono state ultimate le attività di sostituzione della condotta di scarico a mare, la stessa che oggi scopriamo (ma era noto a molti attivisti da tempo la sua anomalia) essere al centro dell’intervento della magistratura.

A luglio 2011 è stata presentata al Ministero dello Sviluppo Economico, l’istanza di autorizzazione per la disattivazione dell’impianto e nel luglio 2012 è stato avviato il decommissioning del deposito interrato di rifiuti radioattivi. Il deposito interrato, realizzato in cemento armato nei primi anni settanta ha un volume di 54 metri cubi e si trova ad una profondità di 6 metri. Al suo interno i rifiuti radioattivi sono conservati in fusti di tipo petrolifero da 220 litri, inglobati in malta cementizia e disposti in 5 livelli dentro 20 celle. 

Nel 2010 è stato approvato dall’ISPRA il progetto per la realizzazione dell’impianto per la cementazione di circa 3 metri cubi di soluzione liquida uranio-torio, denominata prodotto finito, derivante dalle attività sperimentali di ri-processamento del combustibile. Nel marzo del 2011, il progetto ha ottenuto la VIA, Valutazione di Impatto Ambientale, da parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare…

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…e potrei continuare a lungo con la storia di questo impianto che oggi viene posto sotto sequestro in alcune componenti primarie e con ipotesi di reati gravissimi che ancora una volta, dopo quanto accaduto in val d’agri intorno agli sversamenti di greggio da serbatoi sprovvisti di doppifondi (oltre 400 tonnellate di greggio disperse nel terreno ed in falda nell’arco di almeno 6 mesi) ed all’intera gestione della faccenda petrolio, pongono una questione enorme sugli interessi nazionali che sono posti a guardiania di attività a dir poco discutibili nei metodi di gestione e sulle stesse attività, ovvero se noi lucani dobbiamo continuare a sopportare ancora queste attività ed i disgustosi personaggi, aziende e metodi con cui scopriamo ci stanno avvelenando e con noi il nostro territorio…

personalmente credo sia arrivato il momento di dire chiaramente al paese, ai governi ed AGLI ENORMI INTERESSI che girano intorno a queste attività che NOI LUCANI NON SIAMO LA VOSTRA FOGNA-COLONIA!!!

 

 

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