il 2019 e l’uomo del destino…

mi ero riproposto di non commentare in alcun modo, se non con sporadici stati di riflessione del tutto personale, quello che sin dal 4 marzo (ma in realtà già ben intuibile prima) appariva come un percorso impossibile per la formazione di un governo dopo il “terremoto” elettorale, anch’esso dopotutto ben annunciato, che ci ha lasciati un quadro incomponibile – attenzione – non certo per l’impianto semi-proporzionale di una brutta legge elettorale, quanto per la sostanziale divisione de facto in tre tronconi non comunicanti della lettura degli umori degli italiani sul destino politico del paese…

questo il punto, a mio avviso, l’incomunicabilità sostanziale tra loro di ben tre differenti istanze, quella grillina che divide eticisticamente in buoni e cattivi (è sembra ancora questo il vero punto dirimente delle rivendicazioni pentastellate, un noi o voi che oltre la ridicola presa per i fondelli al proprio elettorato che basti cambiare suonatori per cambiare musica, rivela un velleitario progetto sanculotto di costruzione di nuove referenzialità politiche ancora non del tutto note), quella di una destra a trazione lega-sovranista che tuttavia proprio non può fare a meno del rapporto con il “padrone del vapore” della destra italiana, quella di un pd che lungi dal rappresentare ancora una qualche flebile declinazione residuale della parola sinistra si presenta sempre più come un partito a deriva macroniana…

e sia chiaro che ciascuna di queste istanze non si è raccontata affatto agli elettori in campagna elettorale in maniera chiara ed inequivoca, necessitando anzi per tenere dentro il consenso, di sempre maggiori ambiguità, promesse irrealizzabili, in sostanza di una perversa demagogia, così non raccontandosi mai con chiarezza per non consentire alcun discernimento che non fosse appunto un noi o loro basato sulla necessità di un nemico mortale verso cui ogni forma di dialogo era inutile, dannosa, non necessaria, quasi che il vero leit motiv della stessa campagna elettorale fosse un “non prendiamo prigionieri” del tutto avulso però dalla evidenza che in un sistema proporzionale, che nel nostro paese per motivazioni culturali non avrebbe mai dato origine a maggioranze tali da consentire un governo da soli, o sei disponibile ab origine a forme di dialogo o non sei o sarai in grado di intessere alcun discorso che conduca alla formazione di maggioranze in grado di consentire al presidente della repubblica l’individuazione di un assetto politico in grado di condurre ad un governo…

voglio cioè asserire, da sostenitore convinto del sistema proporzionale puro, che, anche oltre il pregresso importante di cinque anni di veleni parlamentari che pur hanno pesato, giocare da parte di tutte le tre “chiese” una campagna elettorale in toni e modi che facevano pensare più ad un impianto maggioritario della legge elettorale, dove puoi recitare lo spettacolo del nemico mortale, che ad un sistema proporzionale, dove sai che dopo il voto che ha “fotografato” il consenso degli elettori avrai bisogno di dialogare con altre forze politiche a te più o meno idealmente e programmaticamente vicine, è stato il vizio di fondo che ha “minato” qualsiasi possibilità di un vero dialogo, che significa, nello specifico della ricerca di convergenze concrete, non certo una messa in comune di parti di programma, un copia-incolla per approssimazione, ma dialettica reale alla ricerca di una sintesi, che non vi è stata da parte dei due principali attori, ovvero la destra ed i grillini, con una certa responsabilità anche da parte di un pd affatto derenzizzato, come pure molti auspicavano, compreso il sottoscritto per quello svelenimento della situazione che solo avrebbe consentito un dibattito serio per il bene del paese…

dibattito che ha avuto due mesi per essere intavolato su argomenti seri e che tuttavia si è incanalato quasi subito, salvo quelle oggettive necessità di composizione degli organi parlamentari che sono una forma di politica tutta interna al funzionamento delle stesse camere, su argomenti fuorvianti che hanno proseguito la deriva di una campagna elettorale fuori da ogni logica che pur dovrebbe animarla in un sistema ritornato proporzionale, ovvero un forma di dialogo più fondata su pregiudiziali reciproche che su elementi sostanziali di dialogo, e ciò nonostante due differenti tentativi del quirinale affidati all’istituzionalità delle presidenze del senato prima, cercare un quadra all’interno delle parti che apparivano vincenti e numericamente più consistenti, centrodestra-5stelle, poi della presidenza della camera all’interno di un asse diverso tra gli stessi 5 stelle, primo partito, ed un pd che pur perdente, è ancora il secondo partito nei numeri parlamentari più rappresentato…ineccepibilmente corretto, posato e maturo il ruolo giocato dal quirinale, in una direzione del tutto opposta, ossia, scorretta, umorale e fanciullesca, quella dei partiti coinvolti in queste “trattative” dove però nulla si è trattato…

non voglio annoiare o apparire ripetitivo di dinamiche credo chiare a qualsiasi cittadino non sia un beota ed acritico pasdaran di quelle forze politiche, ma nei fatti ciò che ha minato sin da subito quei due tentativi sono nell’ordine:

  1. la pretesa di di maio di voler e dover essere a tutti i costi il presidente del consiglio, dimenticando persino che, secondo la costituzione, è il presidente della repubblica che individua tale figura e le camere che concedono o meno la fiducia al governo da lui guidato…e si sa che dovendo intavolare una trattativa tra pari (37% il cdx, 32 il 5 stelle) si deve essere disponibili al passo indietro personale come precondizione essenziale all’apertura di un dialogo sereno
  2. la pretesa di di maio di “espellere” forza italia e berluskoni da qualsiasi patto di maggioranza, pretesa che se del tutto comprensibile in termini di opportunità politica e morale verso il personaggio deteriore rappresentato proprio dall’ex cavaliere, non ha però tenuto conto sia della realtà di un salvini che di berluskoni non può fare ora a meno se domani vuol “papparsi” tutto il centrodestra, sia di una forma di lealtà, pelosa o meno che sia, che pur una coalizione in parte porta con sé (e a conti fatti questa lealtà rimane)
  3. la pretesa di di maio di voler infornare la pizza in due forni senza tener conto della differenza tra i forni, quasi che gli stessi fossero solo necessari alla composizione numerica del governo e non alla sostanza del mettere in comune i programmi e le intenzioni di governo…e nonostante io abbia del pd una idea pessima, tuttavia è facilmente riconoscibile che il forno del pd non abbia la stessa temperatura del forno del cdx, ovvero è stato ed è del tutto assurdo che “uno o l’altro per me pari sono”…
  4. la stupida arroganza di renzi di volersi giocare la carta di un aventino offeso nel quale ritirare un partito dalla cui segreteria pur dovrebbe essere lontano dopo le sue dimissioni, puntando più alla carta di un governo del presidente per rientrare nei giochi che alla possibilità di una seria interlocuzione, certo difficile, ma non impossibile, non tra lui e di maio, ma tra il pd, comunità politica, ed un 5stelle che forse così poteva essere messo con le spalle al muro della realtà, ovvero “dimostrami adesso che sai governare, a cominciare da quale accordo quali-quantitativo metti in campo per  arrivare al governo”, ma renzi continua a credere – forse non a torto – che il partito sia suo, come forza italia è di berluskoni, e così influenza la direzione pd, minacciando conte che le minoranze temono, perché si chiuda ogni porta al 5stelle…

e se oggi, al programma della annunziata, di maio annuncia, con le terga che bruciano e tanto, che è disponibile a mettersi di lato nella formazione di un governo di “transito” con la lega, temo che ciò non influenzi affatto la decisione del presidente della repubblica nelle sue scelte di voler dare comunque un governo, pur a tempo, al paese per impedire “sommovimenti” finanziari che mirino la stabilità del debito pubblico a partire dall’autunno…

signori, si va verso un governo del presidente, più per la stolta piccineria degli uomini e dei movimenti e partiti, un dato ormai antropologico a questa italia, che per l’impossibilità alla composizione di un quadro politico di maggioranza che pur avrebbe potuto comporsi, e bene o male che sia, la scelta del presidente sarà una mossa in attesa del 2019, quando mario draghi, per quella data libero da impegni in sede europea, potrebbe diventare “l’uomo del destino”…

e credo sia inutile aggiungere altro…sia sul senso che prenderanno le cose in questa direzione, sia sulla sostanziale dannosità che il 5 stelle comporta ad ogni serio tentativo di usare il dissenso per cambiare il paese…ancora una volta voti in frigorifero?…

se son rose fioriranno, se son rovi pungeranno… 

 

 

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