100 anni dalla fine della prima guerra mondiale

L'immagine può contenere: pianta, notte, albero e spazio all'aperto

100 anni dalla fine della prima guerra mondiale, un anniversario che per molti storici e commentatori segna la fine del periodo risorgimentale, un anniversario su cui, nel bene e nel male, fonda un pezzo importante della storia del paese e sul quale in tempi e modi diversi la retorica patriottarda ha costruito sensi e significanti, un anniversario da ricordare e far ricordare perché la storia è fatta anche di date…

ma le date, come in questo caso contengono storie, storie di uomini, di giovani (pensate ai ragazzi del ’99 mandati al fronte dopo caporetto, 18 anni, e pensate ai nostri 18enni – quale salto, quale differenza), di giovani italiani che spesso hanno imparato d’esserlo divenuti solo al fronte, sotto le bombe di una guerra che diviene tragicamente moderna per truppe comandate come un esercito dell’800…

e vorrei con voi ricordare quei ragazzi, quegli uomini, quei contadini giunti al fronte per difendere una patria la cui lingua parlavano appena, con ancora i sensi pieni degli odori, dei sapori, dei suoni della propria terra…

ecco, io vorrei ricordare ben oltre la data, proprio quegli uomini perché la loro vita non sia diluita in una data, ma perché ritornino in vita nella nostra memoria e nel nostro saluto al loro sacrificio…

e mi rivolgo a ciascuno di voi ed in particolare agli insegnanti… vi propongo di scattare foto ai monumenti ai caduti della vostra comunità, concentrandovi non sul monumento, ma sui nomi impressi su di esso, e provare a cercarne le tracce, ricostruendone le vite attraverso i parenti, i documenti di archivio, le foto, ogni segno tangibile, anche lieve della loro presenza e di riunirle in una pagina fb per ciascun luogo, in una ricerca scolastica, in un volume, in una mostra o in qualsiasi modo vorrete, affinché quei nomi non siano più un triste elenco di morti, ma una viva presenza nell’oggi…

grazie per quello che vorrete fare per riportare in vita questi italiani

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piccole storie di infamità

vi racconto una piccola storia di infamità tutta a 5 stelle…un amico, preoccupato, mi posta una foto di almeno 6 anni fa, se non di più, del sottoscritto seduto ad un tavolo di un bar (pasticceria milanese) in compagnia di leonardo pisani, aurelio pace, maurizio bolognetti ed un altra persona, intenti a prendere un caffè e fare due chiacchiere (durante una pausa del consiglio regionale), foto mandatagli via messaggistica fb appunto da un grillino che sobillava di mie “pericolose” frequentazioni con aurelio pace che, a suo dire, minavano la mia credibilità come possibile candidato governatore…che lobby, eh?…foto pubblicata d’altronde su fb illo tempore

beh, dopo aver rassicurato l’amico che dopotutto non era preoccupato affatto, dico semplicemente che tra me ed aurelio pace, bolognetti e pisani (che poi è un giornalista a voi noto) ci sono distanze politiche enormi, non colmabili eppure tutto ciò non ci impedisce di prendere un caffè e fare una chiacchiera da persone civili quali siamo e saremo, perché la politica non è odio, ma rispetto delle differenze, cosa che ho sempre praticato, vantando amici di centro, di destra, di sinistra con cui possiamo anche scornarci per una idea, ma della cui fede democratica sono convinto ed in quanto tali li reputo miei amici…

sono dopotutto amico di buona parte della politica lucana…

semplicemente non saranno mai miei amici e mai berrò un caffè con chi predica odio, sobilla infamità, racconta balle, posta link come verità assolute, ovvero con la buona parte dei soldati web grillini…

sono comunque vittima di alcune altre infamità commesse da costoro riguardo l’attività economica di famiglia, ma è altra storia, patetica e che poco può contro un’attività economica (una agenzia di viaggi 😉 ) che se esiste dal 1932 una qualche ragione pure dovrà averla… 😀
#songrullinimicaumani

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più vero che mai…

“I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi. Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni, rispose: «Li conoscerete quando verranno a vendicarmi», e altro non disse. Non sanno chi fu quel vecchio contadino che, vedendo dal suo campo i tedeschi che si preparavano a fucilare un gruppo di giovani partigiani trovati nascosti in un fienile, lasciò la sua vanga tra le zolle e si fece avanti dicendo: «Sono io che li ho nascosti (e non era vero), fucilate me che sono vecchio e lasciate la vita a questi ragazzi». Non sanno come si chiama colui che, imprigionato, temendo di non resistere alle torture, si tagliò con una lametta da rasoio le corde vocali per non parlare. E non parlò. Non sanno come si chiama quell’adolescente che, condannato alla fucilazione, si rivolse all’improvviso verso uno dei soldati tedeschi che stavano per fucilarlo, lo baciò sorridente dicendogli: «Muoio anche per te… viva la Germania libera!». Tutto questo i ragazzi non lo sanno: o forse imparano, su ignobili testi di storia messi in giro da vecchi arnesi tornati in cattedra, esaltazione del fascismo ed oltraggi alla Resistenza”.

Piero Calamandrei

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olof palme 1984

“…La concezione liberale della democrazia comportava al contrario una limitazione secondo la quale lo Stato democratico non poteva intervenire nell’economia di mercato neppure per garantire lavoro e sicurezza ai suoi cittadini. La soluzione che attuammo mostrò chiaramente che la democrazia aveva superata questo limite.

Ora ci troviamo di nuovo di fronte alla stessa problematica. Le differenze di reddito minacciano di ingrandirsi. È in corso un enorme processo di trasferimento della popolazione e di concentrazione di capitale e uomini. Lavoratori perdono il loro posto di lavoro. Il nostro ambiente è minacciato da una crescente distruzione. Questi sono problemi essenziali della nostra vita di ogni giorno che possono generare facilmente un senso di insicurezza nel futuro. Nel caso che la democrazia non riesca a risolverli, esiste il pericolo dell’anarchia, il pericolo che si sviluppi una coscienza elitaria o che forze antidemocratiche si impadroniscono del potere.

È necessario ravvivare e rinnovare la democrazia alla base. La struttura decisionale democratica corre il rischio di disgregarsi: in seguito alla trasformazione tecnologica, alla concentrazione economica, al rapido trasferimento della popolazione, alla lentezza burocratica. Lo sviluppo della democrazia industriale diventa la questione centrale. La democrazia anche a livello nazionale deve essere estesa a nuovi settori.

Le forze tecniche ed economiche sono decisive per la configurazione del futuro. Se questo compito deve essere assunto dalla collettività allora queste forze devono essere democraticamente guidate e controllate. Il che significa che dobbiamo contare su una più ampia economia di piano. In Svezia attualmente stiamo elaborando un piano, lo ricordo come esempio, di come utilizzare nel suo complesso il territorio e la proprietà terriera.

L’economia di mercato, secondo me, non può offrire alcuna soluzione a questi problemi, che sono di estrema importanza per lo sviluppo della società. Le decisioni da prendere non possono essere affidate all’economia privata. Non possiamo consentire che la corsa al profitto e la logica della concorrenza decidano sulla modificazione dell’ambiente, sulla sicurezza dei posti di lavoro o sullo sviluppo tecnico. La questione non è se vi debba essere economia di piano e più democrazia nella vita economica, ma come elaborare la prima ed organizzare la seconda

tratto da un discorso del 1984 di OLOF PALME, primo ministro svedese  (30/01/27-01/03/1986), assassinato a Stoccolma in circostanze tuttora largamente misteriose

 

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