sindrome italia

(ANSA) – ROMA, 9 MAG – Quando le donne abbandonano il loro Paese per andare a lavorare all’estero spesso lasciano a casa mariti, figli, genitori anziani. Per chi resta, lo strazio della separazione può tradursi in gesti estremi: in Romania dal 2008 sono una quarantina i minori che si sono suicidati a causa della lontananza dalla madre emigrata. Ma anche chi parte soffre: il 75% delle immigrate ha lasciato i figli a casa, e molte di loro soffrono di una grave forma di depressione denominata “Sindrome Italia”.

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ecco una di quelle considerazioni che pur dovrebbero fare coloro che troppo facilmente si scagliano contro gli immigrati, come fossero loro e la loro necessità di lavorare per mantenere una famiglia e tenere accesa una fiammella di speranza di poter migliorare il proprio futuro la causa dei mali di un paese…

emigrare non è facile, non è facile soprattutto quando alle tue spalle lasci una famiglia ed il sogno di potersi un domani, un domani che non si è davvero mai in grado di calcolare quando arriverà sul calendario, ricongiungersi…emigrare è strappare una parte di sé e lasciarla a casa, nel carico di ansia e di paure per chi, soprattutto quando bambini, si è lasciati a casa…

questi sono dati che dovrebbero far riflettere, senza pietismi o facili ed abbastanza ipocrite considerazioni buoniste, sulle dinamiche personali di chi è costretto ad una emigrazione che di individuo in individuo si tinge di motivazioni differenti…

personali…ecco, troppo spesso si tende ad identificare nel nostro paese l’immigrato come un numero, un pezzo di una dinamica che oltrepassa il concetto stesso di individuo, e non come appunto una persona con la sua sensibilità e le sue debolezze, con i suoi affetti, con la sua naturale incompletezza che è la stessa che viviamo qui…

ed è evidente che il nostro paese viva in una condizione di razzismo, un razzismo ormai neppure troppo silente o latente, un razzismo tinto della profonda ignoranza civile ed umana che affligge buona parte della nostra popolazione e che qualcuno utilizza strumentalmente per il più bieco dei fini, fare numero visceralmente indotto per la propria istanza politica e per la propria sopravvivenza personale in una condizione tutto sommato facile, un razzismo che appunto trasforma culturalmente in massa gli individui, gli immigrati, per poter meglio inserirli in una casella da utilizzare in un gioco al domino dove però i prezzi li pagano sempre e soltanto gli individui…

dinamiche che altre volte hanno trasformato interi popoli in vittime di un dramma nato altrove, nelle pieghe irrisolte culturali, economiche e sociali del proprio io nazionale, impedendone, prima ancora di massacrarli nel macello della storia e delle sue follie umane, di distinguere le persone come individui…pensate agli ebrei europei durante il nazismo e comprenderete quanto più facile sia stato il loro massacro, avendoli prima trasformati da individui in massa indistinta e poi in semplici numeri per la statistica produttiva ed organizzativa del massacro stesso…

davvero non saprei cosa suggerire per impedire che accadono simili drammi, suicidi per affetto strappato, mi limito senza enfasi a far riflettere sulla condizione umana, personale di chi è costretto (costretto, e se lo ficchino bene nella testa i razzisti) a lasciare qualcosa di se stesso lontano da se stesso…

ogni immigrato, regolare o clandestino che sia, è prima di tutto un individuo da guardare negli occhi e riconoscere appunto come individuo, per scoprire che non è affatto altro da noi stessi e che come tale deve essere rispettato…