Comunicato stampa

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Il voto utile dei cittadini…

Sovvertendo qualsiasi attesa, il Pd stravince le elezioni europee con un 40,8% che stupisce forse più del flop di Grillo che, pur avendo nei fatto ottenuto ottimi risultati, viene doppiato, e del tonfo di Forza Italia o della misurazione finalmente realistica di Ncd, ed a scanso di ogni equivoco forzosamente fatto nascere in campagna elettorale sulla valenza nazionale del voto europeo, è invece alla stretta valenza di una rappresentanza dell’interesse nazionale nel contesto delle dinamiche parlamentari dell’Unione che, a mio a avviso, questo risultato deve essere letto.

Quindi non una misura dell’effetto Renzi in quanto tale, pur presente ed operante, quanto una maturità del voto degli italiani che premia la ben supponibile capacità fattuale del Pd di “contare” in un grande e prospetticamente omogeneo gruppo parlamentare europeo, il PSE, e da quella posizione determinare e guidare processi politici comuni in grado di innescare cambiamenti ormai ineludibili anche a fronte di euroscetticismi sempre più strutturati che, emblematicamente, pur rappresentano criticità di fondo che le future scelte di programmazione economico-sociale europea non potrà non tener di conto.

Il paradosso sarebbe così quello di un popolo che, nonostante tutto, ha compreso dinamiche politiche e modalità di esercizio della rappresentanza europea molto più di quanto non gli sia stato spiegato nel corso di una campagna elettorale davvero deprimente per contenuti tutti forzosamente incentrati sulle  dinamiche nazionali, deprimendosi con ciò il reale portato storico di un voto che eleggeva per la prima volta un parlamento capace di nominare senza altri filtri che la dialettica tra i gruppi, il Presidente della Commissione, per la violenza di ingiurie e attacchi personali degni di una repubblica delle banane, per la vacuità progettuale e l’identitarismo spiccio con cui si sono trattati argomenti di grande rilievo quali politiche monetarie, immigrazione, crisi e disoccupazione, equilibrio interno tra paesi, politica estera e via discorrendo.

Più quindi che l’effetto Renzi, sul voto che ha premiato in misura preponderante il Pd suppongo abbia pesato più la considerazione della solidità del portato politico e la capacità di relazione che l’ultimo dei partiti reali rimasti in Italia sarà in grado di mettere in moto per innescare cambiamenti di sistema nella sede europea, che la misura del gradimento per questo partito nell’ipotetica competizione nazionale in cui alcuni hanno strumentalmente tentato di derapare, misurandosi così non il bacino elettorale vero e proprio del Pd dell’era Renzi, quanto il grado di maturità politica di fondo di quella parte di popolazione italiana che, pur non essendo necessariamente coincidente storicamente ed idealmente all’elettorato potenziale Pd, come pure dimostrano le prime analisi sui flussi di voti, è su questo partito che dirige il voto, affidandogli un compito di rappresentanza non affidabile ad altri, a partire proprio dalle bizzarrie, dalle inconcludenze e da un genetico portato demagogico del 5 stelle, e dal trapassare alla storia della politica italiana di un centro-destra carismaticamente appoggiato sull’ex cavaliere.

Ma ovviamente sarebbe folle non considerare però che tale voto non abbia alcuna conseguenza sulla situazione politica italiana e così, pur escludendo lo stesso Presidente del Consiglio qualsiasi effetto di questo voto sulla composizione e gli obiettivi del Governo, è innegabile che sia la misura reale di Ndc, sia il forte ridimensionamento dei vari partiti di centro a sostegno dell’esecutivo e dello schema politico di cui questo stesso è figlio, pongono problemi di nuovi assetti e riequilibri non tanto a Renzi, quanto al variegato correntismo interno che chiederà spostamenti significativi dell’asse politico proprio a partire dal patto del Nazzareno come punto di riferimento per le riforme istituzionali e forse dalla tentazione di sovvertire un “frigorifero” parlamentare a cui lo schema politico è obbligato dai risultati elettorali 2103.

Cosa che non significa essere tentati da nuove elezioni in grado di rompere il freddo conservativo che avvolge la composizione del Governo, determinato in buona sostanza proprio dalla ghiacciaia 5 stelle e dal rifiuto preconcetto di questo di ogni ipotesi di dialogo politico con il Pd, pur richiesto dalla stessa base del movimento (cosa che avvalora ancor di più tesi di una sovra-determinazione del movimento 5 stelle del tutto funzionale al mantenimento del blocco politico che è stato imposto al paese dalla fine del 2011), poiché in mancanza di nuova legge elettorale a stampo maggioritario, il proporzionale puro consegnatoci dalla Consulta, anche riproponendosi gli stessi numeri delle europee, riporterebbe seggi ed alleanze conseguenti allo schema di Governo attuale, a meno non venga esaltata ben oltre numeri, seggi e percentuali del proporzionale che fotografa il paese nelle sue idee, una governabilità sorretta finalmente dalla qualità dell’accordo politico e non dalla necessità di mantenere uno schema imposto.

Eppure Renzi, che sa benissimo quanto questa vittoria epocale che in qualche modo gli è intestata sia stata consentita dall’impegno di tutto il partito democratico, comprese le correnti più ostiche, sa che la suggestione delle sue riforme ancora sulla carta non reggerà il Governo a meno non arrivi a modifiche sostanziali delle ratio delle stesse, a partire dalla legge elettorale che a questo punto diventa il punto nodale attraverso cui tentare il “colpo” di una mancata legittimazione elettorale che pesa molto sul suo governo ed i cui effetti non saranno del tutto assorbiti dalla vittoria del 25 maggio, legge elettorale che potrebbe così perdere molto del carico del porcellum sull’italicum.

Ma oltre le tattiche e le strategie, è compito ormai del Pd prepararsi ad un governo pieno del Paese in cui onorare la fiducia che è impossibile determinare quanto ancora potrà reggersi sul voto utile, non il voto utile suggerito spesso dai partiti a mortificare la democrazia in nome della governabilità, ma quel voto che i cittadini credono sia oggi, per disperazione o calcolo, utile e dovuto per la sopravvivenza di un paese bloccato ormai da troppi anni.

Miko Somma.