Comunicato stampa

 

questo comunicato non è stato inviato al sito istituzionale basilicatanet

 

Una terra che ha il diritto di stabilire da se il suo futuro.

 

Non stupiscono tanto le dichiarazioni rese alla stampa nazionale dal premier Matteo Renzi a proposito  del raddoppio (mi sia consentito però insistere ancora sulla cifra di un 450.000 barili/giorno che appare più congrua rispetto alla Strategia Energetica Nazionale) delle estrazioni di idrocarburi in Basilicata e residualmente in Sicilia, dichiarazioni facenti parte di quella lunga linea rossa che ha attraversato molti governi del paese impregnati dal lobbysmo di certi settori vicini alle compagnie stesse e che cercano a più riprese di costruire un clima culturale volta per volta spacciato come “necessità” od “opportunità” in cui far maturare una scelta irreversibile per un territorio altrimenti vocato che alle trivelle, quanto quella palese e greve aria di superficialità che avvolge le parole del premier stesso quando cita dati irreali.

 

Dati che ben oltre quei millantati 40.000 posti di lavoro che qualcuno (tre-quattro comitatini) starebbe impedendo di creare rispetto agli ancor più millantati ed inesistenti 5.000 attuali – ed in realtà neppure con l’indotto si arriva a 1.000 – è nel dipanarsi delle grandi scelte di politica energetica internazionali che queste resistenze ostacolerebbero, facendolo tra l’altro vergognare, che il nostro premier rivela un certo grado di superficialità che l’Economist pure comincia a rilevare in disamine più approfondite sul fenomeno Renzi e sui suoi reali risultati nel processo di rinnovamento del Paese.

 

Il punto è purtroppo che tali dichiarazioni, ancorché pure dichiarazioni ad uso e consumo di una fronda da stadio che ancora crede che vi siano “gufi ed invidiosi” a remare contro un futuro meraviglioso che è lì da afferrare senza troppi pensieri, non tengono conto né dei valori numerici che pur dovrebbero far riflettere, a cominciare dal fatto che anche solo raddoppiare le estrazioni porterebbe la sola Basilicata a 1/10 della produzione giornaliera del Kuwait (che incidentalmente è un deserto non antropizzato) per proseguire con i prevedibili danni di immagine sui settori agricolo e turistico locale e nazionale che in tutta certezza vedrebbero diminuire sia valore aggiunto della produzione che occupazione relativa non compensati dall’aumento di valore aggiunto dell’aumentata produzione di greggio e gas.

 

Il paese trova beneficio e giacimenti con una seria opera di risparmio energetico che già solo al 10% porterebbe ad un risparmio di circa 180.000 barili/giorno equivalenti con un risparmio complessivo di 6 miliardi e mezzo di euro/anno, compensando così ampiamente ogni ipotesi di raddoppio di estrazioni nella quasi equivalenza del valore, mentre al contrario una piccola contrazione del valore aggiunto del solo settore del turismo nazionale del 2,5% costerebbe circa 3,6 miliardi/anno, contrazione prevedibile tra Adriatico, Sicilia e la nostra Basilicata alla sola notizia che si passerebbe ad un regime estrattivo di scarso appeal per qualsiasi turista. Immaginare poi il danno sul solo settore agroalimentare.

 

Il premier inoltre parla di grandi infrastrutture energetiche dimenticando che esse, ben lungi da essere ancora definite nelle strategie europee e nel quadro di instabilità geo-politica che di fatto le blocca, pur si aggiungerebbero in Basilicata come servitù di passaggio all’aumentare stesso delle estrazioni che, sfugge a pochi, interesseranno altri territori che i bacini attualmente conclamati della Val d’Agri e della Val Sauro, se è vero come è vero che le riserve stimabili e raggiungibili nel solo sottosuolo lucano superano di gran lunga i 3 miliardi di barili di greggio e, in percentuali forse anche maggiori, di gas naturale.

 

Ma ciò che infastidisce oltremodo è l’utilizzo della categoria “renziana” per dividere l’opinione pubblica lucana, in un’operazione di basso profilo politico che non manca però di cominciare già a produrre dei distinguo imbarazzanti tra chi “sarebbe disposto ad ascoltare” e chi “vorrebbe essere risarcito”, mentre l’evidenza acclarata è la necessità di un fronte comune che con maturità e senza eccessi nevrotici od utilitaristici, ponga il governo di fronte ad un motivato NO senza riserve di alcun genere, fede renziana compresa di un presidente della regione che deve ancora farci capire cosa vuole fare davvero.

 

Ciò vale a dire che comunque la si possa pensare su Renzi e sul suo governo, su una strana riforma del Senato che appare sempre più del fogliame mimetico sulla riforma del titolo V e sulle sue materie concorrenti, materie di cui una volta private le regioni, non si comprende in quale forma sarebbero poi compensate da una Camera delle Autonomie senza eletti e senza poteri reali, è necessità per questa regione e segnatamente per il Partito Democratico che ne è la maggiore espressione politica, trovare subito una posizione comune che salvaguardi il territorio, non solo il bilancio del maggiore ente locale, senza altri riferimenti fattuali ed ideali che alla Basilicata ed al suo bene che non è nelle estrazioni.

 

Al premier Renzi occorrerebbe dire che c’è una terra che, comitatini o meno (e non si dimentichi che il sottoscritto ha portato non solo se stesso, ma la sua esperienza e le sue battaglie di merito nel partito di cui è oggi segretario proprio il premier), non vuole divenire la damigiana petrolifera del paese in un progetto dal respiro cortissimo e dalle esigenze di fare cassa per il bilancio dello Stato, ma partecipare a pieno titolo ad una riforma del Paese che non può prescindere però dal comprendere che anche una piccola regione come la nostra Basilicata ha il diritto di stabilire da se il suo futuro senza passare dalle forche caudine della superficialità del “ghe pensi mi” e del lobbysmo mascherato da necessità.

 

Miko Somma