Comunicato stampa

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Confilitto e termini, tra Machiavelli ed il Gattopardo.

Confesso che la spropositatamente lunga relazione del presidente Pittella sull’affaire degli idrocarburi connessa al decreto 133/2014 (meglio conosciuto come “sblocca italia”), che nella giornata del 23 u.s. ha occupato per ben 70 minuti il Consiglio Regionale, mi ha lasciato interdetto, non tanto in termini di pochezza argomentativa continuata su una questione che non è misurabile solo in termini economici o meramente legati al patto di stabilità –di ben altre valutazioni si dovrebbe tener conto –  quanto per la raffazzonata e annacquata spiegazione, quasi una scusa, per i comportamenti “solitari” e “relazionali” del presidente nel merito dei colloqui con il Governo, un comportamento questo che più volte ho avuto modo di stigmatizzare come non consono alla forma-sostanza della politica.

Ma il punto non è accusare Pittella di aver tentato una mediazione impossibile con mezzi non consoni, trattare con chi ha già deciso e senza che il Consiglio Regionale venisse informato formalmente della questione, lasciando così spazio a interpretazioni che molto male hanno fatto all’intera società lucana, e neppure di aver troppo tardi compreso il “trabocchetto”, essendo chiaro che i colloqui con il ministro Guidi ed il sottosegretario Vicari tendevano a verificare la “disponibilità trattante” più che riconoscere a Cesare ciò che ad Augusto non era stato riconosciuto, di avere “indorato” con comunicazioni scorrette una sconfitta come una vittoria, seppure al primo tempo.  

Il punto è che, dopo quanto accaduto con la presentazione del decreto, forse è pura patologia fideistica riporre ancora questa ostinata fiducia in un governo le cui intenzioni sono chiare – può essere possibile che, mutato di forza il quadro normativo con la surrettizia anticipazione del titolo V contenuta nel decreto, non si vada spediti verso aumenti di estratto che sono già quantificati dalla Strategia Energetica Nazionale in almeno il 15% del fabbisogno energetico del paese da ricoprirsi con idrocarburi estratti nell’appennino meridionale? 

Fiducia del nostro Presidente che a tratti ha raggiunto l’apoteosi ingenuistica, quando, schernendosi, ha tentato distingui fuorvianti tra raddoppio delle estrazioni correnti ad accordi chiusi (raggiungimento delle quote estrattive delle intese 1998 e 2006, più la quota aggiuntiva del Memorandum, per un totale di 180.000 barili/giorno, quindi il doppio dei 90.000 estratti giornalmente in Val d’Agri), argomento sulle cui ricadute in termini di ritorno economico indiretto avrebbe trattato prima dell’arrivo del decreto, e le intenzioni reali di un governo che certo non poteva, nell’astrattezza formale della legge, fissare quote di estratto che però è la norma che prepara, i decreti attuativi organizzano, la realtà tecnica sul campo consente di raggiungere. Quasi a dire che non è vero che il governo voglia raddoppiare l’estratto.

Fortunatamente, tra alti e bassi della discussione consiliare, giunge l’approvazione di una risoluzione condivisa che impegna in una corsia stringente il Presidente, sorreggendolo con appoggio trasversale, che in democrazia conta molto più delle supposte buone relazioni, in un tentativo di condivisione con la Conferenza delle Regioni, la Conferenza Unificata ed i parlamentari lucani, finora piuttosto silenti, dei temi che riguardano gli art. 36, 37 e 38 del decreto, allo scopo di intervenire in sede di conversione parlamentare del decreto stesso per modificarne la sostanza. Una buon inizio, si intenda.  

Due pecche però, l’una, il decreto porta con sé una miriade di argomenti distorsivi il corretto e leale rapporto tra stato e autonomie locali tali da non permettere lo stralcio solo di alcuni passaggi normativi che lascerebbero però irrisolti i nodi della fattuale privatizzazione delle acque (art. 7), dell’ingresso del privato nella gestione diretta della sanità pubblica (art. 16), della deregulation edilizia (art. 17), del commissariamento straordinario, quindi in capo al controllo verticistico del premier, ab origine di ogni intervento di bonifica, con annesso potere alle variante urbanistica (art. 33), della strategicità degli inceneritori nel ciclo dei rifiuti, superando i bacini di ambito (art. 35), tanto per citarne alcuni, punti che suggeriscono l’impugnativa totale o quasi totale del decreto che occorrerebbe portare alla condivisione delle altre regioni, l’altra, il pericoloso attendismo di modifiche emendative in Parlamento che potrebbero essere inficiate dalla più che probabile richiesta fiducia che o farebbe cascare il Governo in caso di no o lascerebbe inalterato il testo uscito dal Quirinale avente valore di legge dal giorno della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. 

E ciò potrebbe sollevare questioni di merito rispetto alla data di partenza del termine di opposizione presso la Corte Costituzionale, tema questo di carattere tecnico-giuridico appellabile dal Governo che, in caso di accoglimento da parte della Corte retrodaterebbe alla data della pubblicazione in Gazzetta, i termini per l’opposizione, ed in ogni caso allungandosi i tempi e fatti salvi gli atti compiuti dall’entrata in vigore fino all’eventuale giudizio di incostituzionalità, si darebbe così modo al Governo, nello specifico del nostro caso, di permettere il “rientro” in potestà ministeriale delle istanza di ricerca giacenti presso la regione, di cui al comma 4 dell’art. 38, un argomento questo che in ogni caso dovrebbe spingere gli uffici e la Giunta Regionale verso una più che rapida conclusione negativa degli iter stessi. Meglio così sarebbe stato l’impegno a proporre subito opposizione sia al decreto che al testo di conversione. 

Un decreto, lo sblocca italia, oggettivamente molto simile alla politica delle destre che ci siamo appena lasciati alle spalle, per non prefigurare nella filosofia dello stesso, come nell’ormai prossimo jobs act, un pagamento diretto a queste ed alle loro logiche per la conservazione del “potere per il potere” che ormai sembra essere lo stilema politico del governo Renzi. Altro che cambiar di verso, quindi, qui si va da Machiavelli al Gattopardo, passando sul cadavere del regionalismo e di una regione colpevole solo di galleggiare sul petrolio.

Miko Somma.