Comunicato stampa

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Differenze tra un politico ed uno statista.

L’intenzione prima, come preannunciava il mio commento allo specifico post sulla pagina facebook del presidente Pittella, pagina da cui si lancia la proposta di indirizzare domande sulla questione dell’art. 38 ad un indirizzo di posta elettronica dal quale egli avrebbe risposto (nel dubbio irrisolvibile che fosse qualche testa d’uovo del suo staff di comunicazione a rispondere), era palesare riflessioni e critiche ad riguardo un ricorso in/di merito alla Corte Costituzionale che doveva essere suggerito più dalla ragion critica e dal cuore, che non dall’appartenere a sensibilità politiche, ma rigettando in toto l’idea che sia il social “il luogo del dibattito” e non un “luogo” qualsiasi, le mie riflessioni sono indirizzate a che ritengo ancora fortemente lo strumento più adatto alla comunicazione politica, la carta stampata.

Presidente, come saprà la mia posizione personale e politica sulla faccenda dell’art. 38 era quel netto, inequivoco addivenire all’impugnativa e ad altre azioni locali, che le oltre 14.000 firme di sottoscrizione di cittadini alla petizione lanciata a metà novembre avevano sostanziato politicamente e che anche le modalità con cui le stesse sono state consegnate al Presidente del Consiglio Regionale come garante dell’assetto democratico avevano sugellato come evento della democrazia, e se di quelle firme pure si è tenuto conto, non gli si è dato però conto con atti concreti, soprattutto in conseguenza della mozione del 4 dicembre u.s. a cui, a mio avviso, le modifiche intervenute al testo dell’art. 38 non hanno reso giustizia, non contenendo queste ripristini di prerogative regionali come richiesto, ma la dislocazione decisionale in un quadro di intesa che rimane sostanzialmente fatto “esterno” alle potestà regionali della regione più fortemente interessata al piano delle aree.

Ma il punto che volevo sollevarLe non è l’aspetto tecnico-giuridico della vicenda, tra le altre spesso da me trattata con dovizie e mai confutata da alcuno, quanto declinare quello stesso aspetto tecnico in un punto politico che pare essere stato del tutto dimenticato sia dalla politica che dalla piazza, che pure lo aveva evocato nella manifestazione del 4 dicembre, riuscendo però a sostanziar più proteste in forma di inutili “assedi”, che non di vertenzialità che indicassero richieste contenutistiche, tranne appunto la petizione che veniva consegnata e che in quella piazza pure viveva.

E il punto politico che non può essere eluso neppure dalla nuova formulazione dell’articolo rimane non la tecnica giuridica del suo cambiamento con cui oggi lo si suppone più costituzionale, tanto da evitare di impugnarlo con certa dose di ipocrisia e calcolo e dimenticare che il compito di un Presidente di una Giunta e di un Consiglio Regionale è, a diritto ed a prerogative evidentemente lese dal nuovo testo di legge, anche ricorrere sic et simpliciter alla Corte Costituzionale, senza considerazioni altre che non la semplice lesione del diritto, ma la valenza politica che quel dettato introduce sul futuro della regione.

In altri termini se il dibattito si sposta sui tempi dilatati che il nuovo dettato sembra assicurare, anche al di fuori della volontà esplicita del Governo di non privarsi della risorsa idrocarburi lucani, in una visione del testo modificato che sembra presupporre l’impaludamento della norma in meccanismi farraginosi, e si sposta così sull’immediato pericolo scampato, ciò non significa affatto che quei tempi domani non diverranno concreti in un quadro legislativo in cui nel frattempo saranno probabilmente intervenute la riforma del Titolo V della Costituzione e la “cancellazione” delle regioni e delle loro potestà legislative, e, divenendo concreti, materializzandosi nell’incubo “damigiana petrolifera” che, a volere essere seri, non è proprio quanto già autorizzato in Val d’Agri e Val Sauro, e che non richiede di essere novellato normativamente per arrivare ai quantitativi autorizzati, ma l’estendersi delle aree all’intera regione.

Il punto politico, Presidente, è se Lei considera quanto accadrà solo tra qualche anno, il tempo tecnico che occorre per passare dalla oggi contorte fasi di autorizzazione e disegno delle aree interessate alla produzione eventuale di idrocarburi all’esplorazione concreta e poi alle estrazioni vere e proprie, in prospettive di effetti trentennali, forse anche maggiori, o se considera solo quanto accadrà nel volgere di una esperienza amministrativa da cui ripartire per nuovi traguardi, l’orizzonte cioè di quei pochi anni di veduta politica che De Gasperi indicava come il distinguo tra uno statista che guarda al futuro ed un politico, o un politicante, come dicesi oggi, che guarda solo fino alle prossime elezioni.

E così l’unica domanda che le pongo è capire quale sia il suo orizzonte temporale in una vicenda che pone domande sul domani, quale domani avrebbe questa terra una volta ridotta a reservoir petrolifero, come è ben evidente nelle intenzioni di chi suggerisce strategie al manovratore ed al legislatore, forse meno chiaro a chi crede che barattare quel futuro per una propria posizione personale sia etica e non lordume da guerra di posizionamento in attesa degli eventi che verranno.

La Basilicata, Presidente, come tutti sappiamo, ha scarso peso demografico nei numeri nazionali per essere incisiva, ma se la supposta autorevolezza della classe politica lucana serve solo per decantare presunti successi (che tali non sono affatto nella lettura del testo e nella previsione degli effetti) a solo scopo interno rispetto all’esplodere dei dubbi e delle contraddizioni, mi permetta di dubitare che Lei sia parte di quell’ormai sempre più ridotta categoria degli statisti e che invece Lei non sia che la fotografia di un presente fatto di politici che tristemente costruiscono un domani niente affatto bello.

Miko Somma, partito democratico.