ma ne vogliamo parlare o che ne parliamo a fare?…

ansa- Il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato a febbraio di 3,3 miliardi rispetto a gennaio, salendo a 2.169,2 miliardi e raggiungendo il massimo storico, sopra il precedente picco di 2.167,7 miliardi del luglio 2014. Lo comunica Bankitalia nel supplemento al Bollettino statistico: ‘Finanza pubblica, fabbisogno e debito’.

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ma ne vogliamo parlare o che ne parliamo a fare?…no, perché se il debito pubblico continua a crescere, anche i piccoli decimali di crescita prevista (0,6-0,7% ma poi chissà davvero) si perdono nel mare magnum della vera palla al piede dell’economia e della società italiana, il nostro enorme debito pubblico…e guardate che qui non è più in ballo il discorso sul rigore si/rigore no, cosa che tra l’altro è stata trattata nel dibattito politico in maniera davvero stucchevole visto a qualsiasi “mamma” ti direbbe che quando hai debiti, la prima urgenza è metterli in sicurezza, poi pensare a guadagnare per coprirli, qui è in questione una politica di gestione dello stesso del tutto deficitaria nella sua parte politica, più che in quella tecnica – anzi, direi che tecnicamente si sono fatti e si fanno miracoli per gestirlo al meglio…

ed è deficitaria perché l’intervento di taglio della vera spesa pubblica inefficiente non è neppure cominciato, perché i proventi della lotta all’evasione vanno spostati dal becero populismo elettoralistico della retorica sul taglio delle tasse al rientro dal debito attraverso il riacquisto di porzioni di debito in scadenza all’asta, perché il debito pubblico deve essere spostato dalle sedi finanziarie in cui è stato allocato dalla fine degli anni 80 alle tasche dei cittadini (dove producendo piccolo reddito da interessi, produce anche una sua re-immissione nel circuito economico con tutto ciò che ne consegue), perché se è vero che il deficit prodotto rappresenta quasi per intero la crescita del debito pubblico è sulla riduzione dello stesso deficit che occorre intervenire drasticamente per tagliarlo ulteriormente e così ridurre l’aumento del debito pubblico e non spenderlo per dubbie operazioni di facciata, quali le idiozie sul come spendere il “tesoretto” prodotto dal differenziale dello 0,1% del deficit concessoci dall’europa in cambio di riforme che ci massacrano nelle sicurezze acquisite (quelle che poi muovono il paese per ovvi motivi), dopo aver già “bruciato” 10 miliardi (più i 6,4 dell’anno prima) per i famosi 80 euro che nulla hanno prodotto, che potevano essere invece spesi per riacquistare porzioni significative di debito in scadenza annuale e semestrale che da subito, con l’annullamento degli interessi, avrebbero portato maggiore disponibilità in bilancio per interventi di crescita, perché in europa la battaglia sul debito pubblico la si è lasciata NELLE MANI del solo draghi (che essendo un banchiere centrale, mica può fare troppo l’italiano), mentre il premier si gingillava in edonismi politicistici di dubbio gusto ed bassissima efficacia (ma a lui cosa importa dei risultati, quando può gestire potere ed accumularne altro?), perché si è preferito prendere in giro gli italiani con promesse di ripresa a breve legate a riforme che con la gestione del debito, la crescita economica e l’occupazione nulla hanno a che vedere (stai a vedere che con la riforma del senato o del titolo V riparte il paese?…o non piuttosto si accentra il potere nelle mani del premier proto-presidenziale che questo paese si ritrova senza neppure averlo votato – ah, pardon, ha vinto quelle primarie taroccate da chissà quanto voto destrorso dell’ex amico silvio), che non raccontare a tutti che il taglio del debito ed il suo rientro era la vera operazione da lacrime e sangue, ma i cui effetti positivi si sarebbero visti a breve, perché infine l’intervento sull’economia generale ha dimenticato un piccolo particolare, quello che la vera crescita la fa la domanda interna e non solo l’export, domanda interna che, come ho avuto modo di scrivere precedentemente in un lunghissimo articolo, la si stimola solo con il senso di sicurezza dei lavoratori (e non solo delle grandi imprese) e non con la precarietà che rende tanto flessibili da divenire come giunchi in preda a qualsiasi venticello di mercato…