come ti cambio forma di governo con legge ordinaria…

vi riporto dal link del www.manifesto.info questo fin troppo chiaro articolo a firma di andrea fabozzi che intervista il professore d’alimonte, gran consigliori di renzi nella prima tranche del patto del nazareno, che spiega chiaramente ciò che fino ad ora è stato sempre negato dagli estensori e supporter di questo “schifo” di legge elettorale (e come volete la si possa definire una legge elettorale che cambia per via ORDINARIA la forma di governo del paese?)…e contrariamente a quanto faccio di solito, vista l’importanza di quanto dichiarato e raccolto, per motivi di maggiore chiarezza della lettura riporto qui, non rimandando al link specifico che comunque indico http://ilmanifesto.info/il-padre-dellitalicum-e-elezione-del-premier/, l’interezza del suo contenuto…mi vogliano scusare i compagni del manifesto e l’autore dell’articolo di questa appropriazione, ma ritengo l’argomento troppo importante per rischiare che nel salto al link qualcuno dei miei lettori si faccia prendere magari da pigrizia

 

Il padre dell’Italicum: è elezione del premier

—  Andrea Fabozzi, ROMA,

Legge elettorale. Il professor D’Alimonte, che ha consigliato Renzi al momento del primo patto del Nazareno, ascoltato in commissione alla camera riconosce quello che il Pd nega: con la riforma del sistema del voto cambia anche la forma di governo

Vee­mente con­tro i cri­tici, spe­cie gli edi­to­ria­li­sti del Cor­riere ai quali non piace molto l’Italicum, pole­mico anche con i depu­tati della mino­ranza Pd ai quali rim­pro­vera l’incoerenza. In com­mis­sione affari costi­tu­zio­nali alla camera, ieri, è stato il poli­to­logo Roberto D’Alimonte il pro­ta­go­ni­sta del primo giorno dedi­cato alle audi­zioni di «esperti» (ma si è visto anche Fran­ce­sco Sto­race) sulla legge elet­to­rale. Del resto è stato lui a con­si­gliare Renzi, quando si trattò di tra­durre in for­mula il «patto del Naza­reno». Poi, nel corso dell’anno tra­scorso dalla prima appro­va­zione della legge alla camera, il pro­fes­sore della Luiss ha tro­vato qual­che difetto alla pro­po­sta: non gli è pia­ciuto che sia stata ridi­men­sio­nata a legge elet­to­rale della sola camera e non gli piace il mix di plu­ri­can­di­da­ture bloc­cate e pre­fe­renze, lo con­si­dera un «brutto pastic­cio». Ma ieri, con verve ren­ziana, il pro­fes­sore ha difeso la sua crea­tura dalle cri­ti­che della poli­tica e dell’accademia. E ha riven­di­cato il colpo grosso: «Sì, avremo l’elezione diretta del pre­si­dente del Consiglio».

La vera riforma delle isti­tu­zioni, ecco l’ammissione, sta cioè nella legge elet­to­rale e non nella revi­sione costi­tu­zio­nale par­cheg­giata al senato. E ci sta nean­che troppo nasco­sta, visto che il bal­lot­tag­gio tra le prime due liste è «il cuore della pro­po­sta», come cer­ti­fica il pro­fes­sore. Pec­cato però che l’Italicum pro­ponga un bal­lot­tag­gio tra liste e che la stessa legge ipo­cri­ta­mente pre­veda (arti­colo 2 comma 8) che «restano ferme le pre­ro­ga­tive del pre­si­dente della Repub­blica», al quale spetta di nomi­nare il capo del governo. E così, dopo la porta aperta dall’indicazione del nome del capo par­tito sulla scheda, la modi­fica «impli­cita» della forma di governo può dirsi com­piuta. E riven­di­cata, pro­prio quando l’ultrarenziano capo­gruppo Pd in com­mis­sione Ema­nuele Fiano tenta di spie­gare che «non c’è modi­fica della forma di governo per­ché sul punto la Costi­tu­zione non è stata toccata».

D’Alimonte ha il pre­gio di non nascon­dere le reali inten­zioni della riforma. E dice che la soglia bassa per i pic­coli par­titi (al 3%) non è un pro­blema per­ché il sistema, gra­zie al riparto nazio­nale dei seggi e al bal­lot­tag­gio, arri­verà molto pre­sto al bipar­ti­ti­smo (almeno così pro­mette la regola di Cox). Pro­prio sul bal­lot­tag­gio, e sulla pos­si­bi­lità che alla fine con­qui­sti il pre­mio di mag­gio­ranza un par­tito che ha rac­colto una esi­gua mino­ranza dei voti nel primo turno, si sono con­cen­trate le cri­ti­che di quasi tutti gli altri esperti ascol­tati ieri. Dalla pro­fes­so­ressa Lara Trucco, secondo la rispo­sta che è stata data alla Corte costi­tu­zio­nale (dopo la boc­cia­tura del Por­cel­lum) è ingan­ne­vole per­ché viene pre­vi­sta una soglia per l’assegnazione del pre­mio di mag­gio­ranza (il 40% al primo turno) ma si pre­vede anche che quella soglia non serve nel secondo turno, al pro­fes­sor Mas­simo Vil­lone i cui argo­menti i let­tori del mani­fe­sto ben cono­scono. Al pro­fes­sor Roberto Zac­ca­ria e al col­lega Vin­cenzo Tondi della Mura, secondo il quale è un para­dosso che nel refe­ren­dum abro­ga­tivo sia richie­sto un quo­rum per abro­gare una dispo­si­zione di legge e nel bal­lot­tag­gio invece non si pre­veda una soglia minima di par­te­ci­pa­zione per for­mare l’organo legi­sla­tivo. Men­tre il costi­tu­zio­na­li­sta Mas­simo Luciani ha di nuovo segna­lato il rischio che la Con­sulta possa giu­di­care irra­gio­ne­vole la distor­sione del pro­por­zio­nale in favore della gover­na­bi­lità, se nel frat­tempo la riforma costi­tu­zio­nale non sarà appro­vata e dun­que si dovrà votare con un altro sistema (il «Con­sul­tel­lum») per il senato. E anche un soste­ni­tore dell’Italicum come il costi­tu­zio­na­li­sta Augu­sto Bar­bera non ha nasco­sto più di un punto debole della legge. Ma ha soste­nuto che la riforma è troppo impor­tante per bloc­carla adesso. Un po’ la tesi di Gior­gio Napo­li­tano. Assai poco «tec­nica», molto in sin­to­nia con la politica.