comunicato stampa

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Più del governo delle cose contò il bilancino

Premettendo che nulla di personale mi oppone a Luca Braia, pur nell’evidenza di sostanziali, differenti retroterra culturali, politici ed antropologici, la sua nomina assessorile mi lascia perplesso non solo su competenze specifiche per ricoprire una carica che rappresenta poste finanziarie molto rilevanti per la regione (i fondi comunitari) e un fondamentale asse vocazionale del nostro sviluppo regionale, quanto sulle modalità che lo hanno portato a sostituirsi ad un “tecnico” vero, il pur criticabilissimo ottati, in un non meglio precisato rimpasto che, restando tale, non si comprende come rappresenti quel ritorno alla politica, auspicato da tanti, e non piuttosto una cencelliana spartizione delle postazioni che “farebbe” ritornare il sereno nella tormentata casa del Pd di Basilicata.

Che la nomina di Braia quindi si consumi non solo sulle promesse alla famiglia antezziana di ottenere “posti al sole” per i rampolli dopo il determinante appoggio alle primarie per la scelta del candidato alla presidenza della regione e sul debito accumulatosi alle primarie per la segreteria regionale Pd, dove il “povero” Braia è stato “bruciato” sula pira delle contingenze e dei numeri, quanto soprattutto sull’altare delle elezioni amministrative a Matera in un do ut des per assicurare sostegno a un Adduce in cui non si vorrebbe replicare quanto già accaduto a Potenza, dovrebbe essere chiaro a tutti.

Così chiaro apparirebbe il bilancino degli equilibri che salva una candidatura di peso – ma reggerà poi l’impegno degli antezza-renziani a Matera? – ponendosi però forte il tema di un eccesso di fungibilità della giunta regionale a “fatti” altri rispetto a quanto ragionevolmente ci si aspetterebbe, rendendola di fatto la merce di scambio per accordi di pace più duraturi dell’attuale tregua armata tra le astiose tribù familistiche del Pd lucano.

Tribù che, lungi dal condividere altro che l’ingresso di casa, sono tuttavia più pronte alla costruzione di sala mensa comune in cui “costringere” a capotavola il satrapo tardo-renziano Pittella, dividendo pane e companatico, che indurre il governatore a rivedere i suoi obiettivi ed i suoi metodi e così rilanciare la progettualità plurale di cui pure si sentirebbe la necessità.

Perché – triste ammetterlo per chi, come il sottoscritto, era entrato nel Pd per tentare di “usare” i suoi numeri per obiettivi più congrui alla natura reale di territorio e popolo lucano – il Pd di Basilicata non è un partito, ovvero luogo di dibattito e confronto anche aspro, ma un’accozzaglia di generi politici dove il cemento unificante è una continua mediazione sulle postazioni e mai sui temi, che la natura del Pd nazionale indirizza e governa secondo le logiche renziane di un partito-nazione come morte definitiva della politica e dei pensieri politici in nome di un consenso indifferenziato che trasla principalmente per il vero partito, quello degli eletti che fa da parterre ad un monarca, alla sua corte ed ai satrapi locali.

Non stupisce allora che la nomina di Braia, a cui comunque faccio gli auguri di ben operare, anziché scatenare putiferi di indignazione per i modi ed i tempi in cui è nata e per le sue competenze, invero scarse, in un settore dove la politica “deve” intrecciarsi con una “visione” del mondo agricolo per divenire reale governo del settore – e neppure voglio parlare dell’opportunità per altre cause – venga salutata con entusiasmi da social network ed obblighi di filiera dagli uni, i renziani convinti e i convertiti di comodo, e supinamente accettata dagli altri, perché probabilmente tutto verrà presto compensato in riedizione del racconto triste che al governo delle cose, in un momento di grave difficoltà economica e sociale per questa regione e per i suoi abitanti, preferisce il bilancino del riequilibrio delle postazioni.

Miko Somma