ad ogni costo ed a tutti i costi, giustizia per giulio regeni…

Giulio Regeni trovato con entrambe le orecchie mozzate

Fonti investigative: “Strappata unghia mano e piede. Piccoli tagli su tutto il corpo” Egitto insiste: “Mai arrestato. E’ un atto criminale, non era una spia”. Gentiloni: “Non ci accontentiamo di verità presunte”. Pm Roma ascolta i genitori.

ansa – Il passaporto e il cellulare spariti, entrambe le orecchie mozzate, decine di piccoli tagli sul corpo, fin sotto la pianta dei piedi, provocati da uno strumento che potrebbe essere simile ad un punteruolo, numerose ossa rotte, le unghie di un dito della mano e di uno del piede strappate: l’Egitto continua a smentire che Giulio Regeni sia finito nelle mani degli apparati di sicurezza e sia stato torturato, ma tutti gli elementi finora a disposizione dell’Italia sembrano andare nella direzione contraria.

Compresi gli ‘aggiustamenti’ che quotidianamente arrivano dal Cairo e che contribuiscono a infittire la nebbia che fin dal primo giorno è calata sull’uccisione del ricercatore friulano. In attesa che l’Egitto fornisca una versione quantomeno plausibile, e che decida se rispondere positivamente alle richieste italiane di poter esaminare i tabulati e le celle telefoniche, le videocamere della metropolitana e le testimonianze raccolte dagli inquirenti, l’Italia non può far altro che tentare di mettere in fila gli elementi a disposizione di una vicenda che ogni giorno che passa diventa sempre più complicata per entrambi i paesi, soprattutto sul piano diplomatico. E questo è stato l’obiettivo della riunione, svoltasi stamani a piazzale Clodio, tra il pm titolare dell’indagine Sergio Colaiocco e gli investigatori. Un incontro utile, se non altro perché dal team che ormai da venerdì scorso si trova al Cairo e che finora ha potuto fare poco o nulla, comincia ad arrivare qualche risposta. La prima e forse più importante è che altri testimoni – sentiti direttamente dagli investigatori italiani – smentiscono che Giulio, la sera della scomparsa, sia andato alla festa. Cosa che l’Egitto continuava ad accreditare anche ieri attraverso le colonne del quotidiano governativo Al Ahram

E dunque dopo Noura, la sua migliore amica, e Amr Assad, la persona che ha ricevuto uno degli ultimi sms del ricercatore, anche altri due ragazzi, stavolta italiani, dicono che Giulio non è mai arrivato al compleanno. Dove è finito dunque? Cosa è successo attorno alle 20 del 25 gennaio? Ma non solo. Agli investigatori sia gli amici sia i genitori hanno detto che l’attività di Giulio al Cairo non era poi così pericolosa. “Non ha mai fatto cenno a rischi imminenti per la propria incolumità, anche se era consapevole di trovarsi in una realtà difficile” hanno detto questi ultimi. Secondo gli amici, invece, da parte di Giulio “non c’era un forte impegno politico” e tutti i contatti presi erano finalizzati alla sua tesi: “il suo era solo il lavoro di un ricercatore“. Ma se Giulio non è sparito per via del suo lavoro, chi e perché lo ha preso? Da qualche giorno tra gli inquirenti si sta facendo strada un’altra ipotesi, in realtà mai scartata fin dall’inizio: il ragazzo è probabilmente finito in una qualche retata dalle parti di piazza Tahir e lì portato in qualche ufficio statale o parastatale.

La domanda è: è stato ucciso da qualcuno a cui è sfuggita la situazione di mano, e in questo caso la ‘pressione’ di Sisi è servita quanto meno a far ritrovare il corpo che altrimenti mai sarebbe apparso, oppure è finito nella mani di soggetti che avevano come obiettivo quello di colpire il governo egiziano? Un’ipotesi, quest’ultima, che ben si concilia con il cadavere fatto ritrovare in quelle condizioni. Ma su questo fronte, l’Egitto continua a negare ogni responsabilità. Come dimostrano ampiamente le parole del ministro dell’Interno Magdy Abdel Ghafar che più volte ha definito “allusioni” e “speculazioni” le tesi della tortura e dell’arresto da parte della polizia o di qualche apparato paramilitare. Peccato che sia stato un membro degli apparati di sicurezza del suo stesso paese – il procuratore capo di Giza Ahmed Nagy, titolare delle indagini – a parlare di tortura. “Su tutto il corpo, compreso il viso – ha detto subito dopo il ritrovamento del corpo alla Ap – c’erano lividi, tagli da accoltellamenti e ustioni da sigarette. Ha subito una morte lenta“. E sono stati sempre membri degli apparati di sicurezza a dire che a trovare il corpo in un fosso lungo la strada Cairo-Alessandria fu una squadra di operai. Oggi però il ministro ha aggiustato la versione: il corpo di Giulio non era nel fosso ma “sopra il cavalcavia”. E a trovarlo “è stato un tassista, la cui vettura era finita in panne”.

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troppe contraddizioni in questa vicenda tragica dove non vorrei si dimenticasse che un ragazzo di 28 anni ha subito indicibili torture (molte media si sono trattenuti dal descrivere lo stato del cadavere per non ferire ulteriormente una famiglia già distrutta), è stato barbaramente e lentamente assassinato ed infine abbandonato…il problema è che i segni inequivocabili di tortura sono tipici delle pratiche di uno stato di polizia e l’egitto è a tutti gli effetti uno stato di polizia (pur se piace tanto all’occidente questo egitto reso tranquillo da un colpo di stato)…ed i tentativi di depistaggio sono altrettanto tipici di uno stato di polizia, creare confusione sulle persone, i luoghi, gli orari e le date, le modalità…

ma tralasciando le indagini sulle quali non ho alcuna notizia se non le scarne cose che trapelano dai media ed appunto lasciandole agli investigatori, la mie domande sono: ma può l’italia, in un quadro di relazioni amichevoli di lunga data (e di affari che coinvolgono anche i giacimenti di gas recentemente scoperti da eni al largo della costa mediterranea del paese, occorre dire) accettare dalle autorità di un paese “amico” che si raccontino “balle” così plateali, quando un proprio cittadino viene massacrato barbaramente e quando la sua scomparsa è durata ben nove giorni senza che nulla, ma proprio nulla, fosse fatto?…e può invece il nostro paese cavarsela con generiche parole pronunciate dal ministro degli esteri senza mettere in campo attività diplomatiche dure e nette, a cominciare dalla convocazione dell’ambasciatore egiziano  per formalizzare non solo le proteste, ma anche una diffida vera e propria con conseguenze economiche, come il blocco dei pagamenti verso il proprio paese fintanto che non giunga una verità più accettabile?…e possono invece, ancora una volta, gli affari in ballo e le loro  intermediazioni politiche “condizionare” un atteggiamento italiano tanto morbido che quasi ricorda il famoso “non vorrei disturbarlo” di berluskoniana memoria?…

il fatto è che renzi se non è un premier di cartapesta dovrebbe fare il premier e chiedere conto con durezza e senza mezzi termini all’egitto non solo di cosa sia accaduto e chi abbia torturato ed ucciso un povero ragazzo, pretendendo la massima celerità nell’accertamento della verità e la massima severità nell’applicazione di una pena per questi assassini, ma del come e del perché siano state inflitte tante sofferenze ad un cittadino italiano le cui attività in egitto erano del tutto lecite e del perché si tenti di coprire con assurdità palesi un probabile evidente caso di eccesso della polizia, dei servizi o delle bande paramilitari che da qualche tempo, come in tanti denunciano, fanno “il lavoro sporco”…

ovviamente renzi non è un premier, ma un sensale per conto terzi, e gli affari da curare certo avranno il loro peso anche in una storia che fa indignare, per cui le mie speranze che costui realmente abbia a cuore la vicenda sono scarse…spero di sbagliarmi, ma le parole di gentiloni, se non accompagnate dai fatti sono come le vuote minacce di un ragazzino gracile verso un omaccione truculento e prepotente…

e nel mentre porgo le mie più sentite condoglianze alla famiglia di giulio regeni, vittima di un odioso gioco del potere dove vita e dignità umane hanno così poco valore, chiedo con forza alle nostre autorità che si faccia luce e si arrivi alla verità ed alla giustizia per giulio regeni, ad ogni costo ed a tutti i costi…

miko somma