da trani ad ankara, passando per nizza…

…ed è certo che dagli avvenimenti di dacca ad oggi molto, soprattutto sangue, è scorso sotto i ponti del nostro quotidiano che si storicizza in un istante, visto il susseguirsi di eventi che ci ricordano che il nostro tempo non diviene mai del tutto un presente eterno scandito dal consumo, ma è uno slittamento continuo dell’oggi verso un passato storico…

e filosofia “spiccia” a parte, occorre osservare 3 principali accadimenti che dallo scorso articolo hanno, a mio modo di vedere, costituito punti di passaggio collettivi sui quali occorrerebbe farsi delle domande e cercare delle risposte…

fondamentalmente tutto si è consumato in quattro giorni in cui dolore, preoccupazione, angosce, hanno attraversato la nostra società in modo lacerante e profondo, sedimentandosi gli accadimenti uno sull’altro in una sorta di “rumore di fondo”, e mi riferisco alla tragedia ferroviaria in puglia, all’attentato mostruoso di nizza, al tentato e strano colpo di stato in turchia

chiaro che quelle angosce, per quanto tangibili negli accadimenti in se stessi e nel loro portato che agisce sulle nostre sensibilità individuali, sono state in qualche modo amplificate da un ormai solito atteggiamento dei media che, con la loro continua presenza che “allunga” a dismisura l’evento ed il suo portato, dilatandolo oltre ogni ragionevole confine logico di necessità di conoscenza della notizia, aumenta la percezione dolorosa e preoccupata, l’ansia e la paura, il senso di insicurezza, trasformandola da fatto individuale in fatto collettivo, ma è certo che gli avvenimenti in se avevano un portato tale che anche senza una simile ed inopinata presenza mediatica sul pezzo, l’attenzione si sarebbe spostata da un piano personale ad un piano collettivo, ovvero dalla paura all’ansia, in una mutazione percettiva di marca psicotica che i media “usano”, e così amplificano, al meglio per aumentare lo share (e così ricavare maggiori introiti pubblicitari), al peggio per seguire una pericolosa tendenza alla massificazione percettiva che è una precisa volontà di certa politica), ma che di fatto esiste quasi come una mutazione antropologica e che ben veniva descritta (qui mi ripeto) nelle prefazione di crash, di j,g, ballard, ovvero “sesso e paranoia saranno le veroniche del 21° secolo” e tralasciando il sesso, con tutto l’universo post-freudiano e consumistico che possiamo intravedere, sembra proprio che sia la paranoia a contraddistinguere questo addentrarsi in un secolo che parte da una data, l’11 settembre 2001, ed un luogo, new york e le torri gemelle, ovvero ancora la paranoia dell’essere sotto attacco, sempre comunque e dovunque…

ma torniamo ai fatti, non volendo fare disamine sociologiche che potrebbero annoiare e cominciamo dal disastro ferroviario che “uccide” 23 persone nell’assolata e riarsa campagna pugliese tra andria e corato di un 12 luglio (a proposito, era il mio compleanno) e che a tutti gli effetti apre una precisa domanda nell’opinione pubblica, “ma come è possibile che possano accadere ancora incidenti del genere?”, una domanda non peregrina, ma che non deve essere confusa con la principale delle domande che occorre invece porsi, ovvero il clamoroso ritardo infrastrutturale del mezzogiorno, dove le tratte a binario unico e completamente al di sotto di standard di sicurezza minimi sono la norma e non l’eccezione…

e se la domanda dobbiamo porcela per ricercare una risposta (come appare ovvio, d’altronde alla stessa logica delle domande), per la verità per ogni meridionale senziente quella risposta la conosce già, e risiede nella certezza assoluta che in più di 20 anni (tanto per rimanere corti nel tempo), il sud (e le sue necessità anche di concorrere al benessere generale del paese) è stato completamente dimenticato da una politica che diventata sempre più settentrionale, come evidenziano d’altronde le anagrafi personali e relazionali dei presidenti del consiglio dal 1994 in poi, dimenticato su tutto o quasi, ma soprattutto nelle esigenze di essere dotato di reti di trasporto efficienti, sicure, ma soprattutto utili, il tutto mentre si investiva massicciamente nell’alta velocità soprattutto al nord, dimenticando un semplice concetto, che per quanto utile e necessaria quell’alta velocità, è la bassa velocità (mi sia consentito il gioco di parole) del trasporto pendolare che condiziona la vita quotidiana di milioni di persone…

ed è evidente che se lo scorrere di quelle immagini non poteva che calare ciascuno di noi, per quella parte di individualità che ancora conserva in questo marasma emotivo e di giudizio massificante veicolato dai media, nel dramma di immaginare quelle morti ed il dolore dei parenti, proprio quel marasma ci spingeva però ad individuare quelle morti e quel dolore come parte di un io collettivo in cui identificarsi, lasciandoci però nelle nostre porzioni cerebrali ancora ragionanti la possibilità di farci una domanda che giocoforza non poteva che trasformarsi in identità, perchè cioè debba ancora il sud a portare il fardello insostenibile ormai di un sottosviluppo che non è solo economia e reddito minore del resto del paese, ma soprattutto non riuscire a vivere in un contesto di modernità e civiltà minimo che nei fatti è esclusione di una parte del paese del diritto a vivere il paese lì dove ognuno vive, ovvero nel suo sud nel caso specifico…

vorrei ora essere molto chiaro…non siamo ovviamente di fronte a colpe dei cittadini del nord del paese e, dovendo giudicare ormai la politica come una espressione dalla vista molto corta, più attenta al contesto elettorale del momento che ad una “visione” del paese da proiettare nell’oggi, quindi di fatto il paradigma di una mediocrità  incapace di pensare al progetto, e neppure ad un dolo specifico di coloro che hanno rappresentato la guida del paese per due decenni, non posso non pensare che forse la principale responsabilità è attribuibile proprio alle classi politiche meridionali, mediocri accumuli di interessi personali e di filiera, incapaci in senso stretto di immaginare un sud o dei sud ed incapaci così di rappresentare le istanze dei loro rappresentati, piuttosto interessati a se stessi ed ai propri destini politici che ad una coraggiosa lotta per destinare risorse, progetti e competenze al riavvio di un sud che se messo finalmente in condizioni di fare, potrebbe rappresentare il volano di rinascita dell’intero paese già soltanto nell’opera di colmare il divario esistente…

questi boiardi, vassalli, valvassini e valvassori della politica meridionale sono ormai da decenni, con le loro ramificazioni e filiere clientelari, mafiose e familistiche che drenano risorse e radicano inefficienze, il vero e principale ostacolo alla ripartenza del sud e pur se sembra che in questa “fatalità colposa” non abbiano responsabilità, al solo pensare che quella linea era stata finanziata dall’europa per raddoppio ed ammodernamento, ma dei progetti neppure l’ombra, la responsabilità appare invece evidente nel non fare, nel non attivarsi di fronte ai ritardi ed alle incongruenze burocratiche (queste ultime figlie certo di tanti fattori che solo qualche mentecatto viscerale potrebbe semplicisticamente attribuire solo alla “non voglia di lavorare”), di non stimolo, di non sorveglianza, di non trasmissione di un concetto semplice, quello che il sud riparte se tutti i meridionali – tutti – cominciano non solo a lavorare meglio, ma a pretendere a gran voce di essere dei cittadini italiani che sono uguali a tutti gli altri cittadini…nulla di tutto ciò, perchè a bari, come a napoli, a potenza come in sicilia, continua a prevalere il concetto protomafioso di un familismo amorale allargato e senza responsabilità morali verso cittadini intesi come sudditi…

così la tristezza ed il dolore per quel terribile incidente e per i sui morti e feriti diviene qualcosa in più della semplice tristezza e del dolore per le sofferenze umane…diviene rabbia per lo stato di abbandono in cui versa il meridione dopo 20 anni in cui alla parola meridionale non si è associato alcun significato, quasi non se ne sentisse la necessità, vista l’assenza del sud stesso dai tavoli di concertazione sul futuro del paese (se mai ve ne sono stati che non fossero altro che camere di compensazione d’interessi economici e di bandiera), e quei morti, quelle lamiere diventano in un attimo il paradigma della condizione dell’intero meridione e fa rabbia così anche quella prosopopea idiotizzante di un presidente del consiglio che in una quasi inutile visita pomeridiana simula la sua usuale boria menefreghista ed individualista (ricorderete le sue parole in occasione dei referendum sulle trivelle) con la compassione del potente, una forma di pietas lontana assai da quell’afflato di coscienza virgiliana e che confina piuttosto con la carità delle figlie di san vincenzo o delle signore annoiate di buona società…

quella inutile visita pomeridiana a cui non è seguita neppure la presenza ai funerali (mentre registro la doppia presenza meritoria del presidente della repubblica, anche perché meridionale anch’egli), zeppa di fumose frasi su “responsabilità da punire”, che solo un cretino vedrebbe come dei soli operatori ferro-tramviari, e quel “non vi lasceremo soli” che mi risuona ancora nelle orecchie come la presa in giro di un guitto da filodrammatica di provincia che recita il “padre” in un’operetta morale da quattro lire (e quindi non da tre soldi)…

ma non voglio annoiarvi con la nausea che mi procura questo figuro sempre pronto a dispensare retorica, ma che non c’è mai quando invece una figura istituzionale serve a far sentire che le istituzioni sono anche dei cittadini, e non caso anche al rientro delle salme dei connazionali trucidati a dacca, costui era assente per impegni che facilmente sarebbero stati rinviabili nell’ovvietà del ruolo che si ricopre che è prima di tutto verso i cittadini italiani che pone responsabilità…ma è appunto proprio verso i cittadini che costui è assente, figlio di una manovra di palazzo che non risponde agli italiani, quanto alle logiche di filiera delle sue lobbies di riferimento…

così mentre ancora erano negli occhi quelle immagini di ferraglia contorta che si spalanca di fronte al mondo intero la terribile mattanza serale di nizza durante  i festeggiamenti per la festa nazionale francese…ed anche qui il ruolo ossessivo-compulsivo dei media che, mentre ripropongono l’orrore con immagini che esaltano l’orrore e così fanno più il gioco del terrore come mantra ormai inevitabile della modernità che dell’informazione, sbattono in faccia a tutti l’insicurezza come una funzione fisiologica…

ed a meglio chiarire cosa intendo vi propongo un mio post del 15 luglio su facebook che credo ben fotografi la cosa…sono ancora attonito per quanto accaduto a nizza…è forse una nuova fase del terrorismo, colpire ovunque e con qualunque mezzo, persino senza sostegno logistico, anche da soli, ed è la compiutezza del terrore perchè raggiunge il suo scopo finale, l’insicurezza percepita infine da chiunque…

e se volontà del terrorismo (ancora da comprendere bene se e come l’attentatore fosse un affiliato all’is o se non fosse un isolato con qualche labile legame delle cui gesta lo stato islamico si appropri come di una succulenta pietanza servita su vassoio di argento, come più ritengo probabile) è creare terrore come insicurezza di chiunque, dovunque si trovi, questo atteggiamento ai limiti del voyeurismo macabro dei media fa il gioco del terrore, sparge cioè terrore, facendoci abituare il nostro sguardo alla feroce e quasi anatomica cura del particolare per la mattanza dei corpi, più che delle persone, in un rito tecno-medioevale quasi orgiastico dove non è più l’effetto tecnico, l’esplosione o l’ogiva, a dilaniare ormai le carni dei malcapitati, ma l’effetto meccanico di un peso, di un urto, di una trazione…

sia chiaro, la strage è stata orribile e segna davvero un cambiamento di strategia dell’is, che sempre più ti entra in casa, indisturbato e fondamentalmente indisturbabile (ma come pretendi, alla faccia di tutti i salvini, di poter bloccare alle frontiere chi è già nel tuo paese come cittadino?) e colpisce duramente ed in proporzioni sempre più “industriali”, operando ovunque in una suggestione di un franchising del terrore del cui marchio ciascun soggetto deprivato e socialmente marginale si può appropriare con le sue gesta, “cedendone i diritti” poi al califfato che “promette” così, attraverso un malinteso islam interpretato con tanatoforme sadismo bizzarro, di ridare un ruolo, il vendicatore, a chi mai ha avuto un ruolo, e quindi riportare un senso ad esistenze senza un senso…

ho molto detto in passato quali siano le presumibili origini di questo stato islamico che pare più un regno della morte fine a se stessa ed assunta come rito di passaggio, che una assurda deviazione teologica, e non voglio annoiare ancora (tanto ho paura che occorrerà ritornarci spesso), ma una cosa è chiara…se il messaggio che si voleva far passare attraverso quei corpi devastati ed ancora senza una nazionalità precisa, per assurdo puntiglio francese di non commettere gli stessi errori del bataclan, era quello della certezza dell’incertezza e della sicurezza dell’insicurezza, l’ossessione dei media che si affannano a cercare particolari senza alcun senso che il morboso racconto dell’orrore, sembra più rafforzare che demolire o stigmatizzare questi concetti…state a casa che è meglio, sembrano suggerire i media, ed in fondo è proprio ciò che vogliono gli strateghi dell’is, che la gente viva rinchiusa in se stessa e nei propri cubicoli abitativi, mentre tutto intorno la paura diviene regina incontrastata di un mondo che non deve più ridere, ballare, festeggiare, fare ed ascoltare musica, socializzare, ed in parte questo è proprio l’obiettivo condiviso con certa politica che fonda la sua esistenza con la paura ed il naturale bisogno di essere rassicurati e protetti…

neppure il tempo di abituarsi a quell’orrore che scoppia il tentativo di golpe in turchia, paese che, secondo il sottoscritto, ormai ha superato abbondantemente il limite di cosa sia una democrazia, se un fatto solo formale, si tengono elezioni, ed allora la turchia può ancora essere considerata un paese democratico, o un fatto anche sostanziale, si assicurano dei diritti civili, ed in questo caso la turchia è già saltata nella fase del sultanato personale di erdogan…

ed anche su questo avvenimento vi posto ben tre mie frasi in sequenza su facebook…

Colpo di stato dell’esercito in turchia…l’esercito turco è laico e kemalista (ovvero si ispira al laicismo di kemal ataturk), chiaro l’intento di bloccare erdogan ed il suo islamismo di comodo che ha armato l’isis e sta ora schiacciando ogni forma di democrazia, ma erdogan ha fatto proseliti tra i militari…possibili scontri tra reparti

Evidente che la u.e. doveva puntellare il costoso accordo sui migranti, gli u.s.a. l’alleato più fedele, il potere finanziario la stabilità dei mercati, evidente che un governo legittimamente eletto va sostenuto per principio democratico e che i ritorni al passato (5colpi di stato) sono sempre impossibili ed inutili di fronte al cammino delle cose, ma mi chiedo se tutto questo è vero, perchè nessuno ha parlato quando invece in egitto i militari hanno rovesciato morsi ed i fratelli musulmani, che pur avevano vinto delle elezioni?..e in algeria?…mah…ora erdogan avrà carta bianca per trasformare la turchia in un esarcato, ma non credo che durerà perchè la democrazia la ferisci, ma non la uccidi…

Ieri (ndr sempre 16 luglio) ore 15:16 ·

Questo fallito colpo di stato in turchia mi ricorda troppo l’operazione valchiria per non fare due ipotesi…1) i golpisti hanno sopravvalutato la propria forza ed il sostegno che poteva venirgli dagli alleati occidentali certo imbarazzati dalla spregiudicatezza di erdogan, ma senza prospettive altre di interlocuzione con una turchia la cui missione è fare “tappo” a migranti ed espansionismo russo 2) forse i servizi turchi sapevano del golpe, ne avevano già misurato la scarsa… forza ed hanno lasciato che accadesse per risollevare poi l’immagine di erdogan come unico partner possibile per gli occidentali per gli stessi motivi…ipotesi, certo, ma la politica in un medio oriente sempre più costretto ormai tra bisanzio e la mecca potrebbe anche essere odiosamente questo e sempre più mi convinco che l’unica chance per una vera pace siano un compiuto stato palestinese come deterrente causale dei conflitti e del terrorismo, uno stato kurdo come baricentro di stabilità effettiva e democratica nell’area, ma abbiamo classi dirigenti troppo mediocri per comprenderlo e praticarlo, come un renzi che plaude alla stabilità garantita da erdogan…

e credo sia chiaro come la penso…non credo che i militari siano mai una soluzione, ma certo erdogan ed il suo satrapismo opportunista non sono assolutamente la soluzione, come invece l’irresolutezza delle cancellerie occidentali sembra ormai, per mancanza di idee, volerlo accreditare, distribuendo una immagine realpolitik di male minore che però già fu causa di disastri peggiori in uno scacchiere mediorientale che mai come oggi necessita di coraggiose idee di largo respiro da parte proprio dei paesi europei…

e come nel post, continuo anche qui a ripetere che senza uno stato palestinese e senza uno stato kurdo, la pace e la stabilità nell’area non ci saranno mai e finchè non ci saranno entrambe, dimentichiamoci di poter riporre guerra e terrorismo nell’armadio della storia

miko somma

p.s. articolo scritto di getto, come al solito, e che non voglio correggere…perdonate quindi gli “orrori” ortografici che anche io potrei aver seminato nel tentativo di dar spazio ad un pensiero laico sulle cose…alla prossima