l’autunno che verrà…

dopo un’estate turbolenta, definiamola pure così, e dopo qualche polemica da ombrellone (quella sul burkini, per intenderci), giunti al 20 agosto possiamo dire che le ferie sono quasi finite (ma per carità, continuate a godervele fino all’ultimo secondo!!!) ed è tempo che si cominci a fare qualche discorso serio sull’autunno che ci attende e che, per quanto mi riguarda, parte dall’impegno per il NO al referendum costituzionale di cui ancora non sappiamo con certezza la data, che tocca al governo stabilire e che presumibilmente fisserà per fine novembre questo fondamentale passaggio della vita del paese…

ovviamente la mia posizione è nota a tutti voi, quella di un No convintissimo a questa riforma pasticciata e barocca nella definizione di architetture istituzionali inefficaci, un NO frutto di ragionamenti che partono non da risentimenti contra personam (la mia avversione per renzi e la sua esperienza politica è altrettanto nota), e neppure da uno o più presupposti ideologici (e che pure entrano nella riflessione), quanto dal merito oggettivo di un ragionamento su una costituzione che qualcuno vorrebbe modificare per oltre un terzo (quindi non proprio una revisione, quanto uno stravolgimento) e che, a mio avviso, per la “freschezza giuridica” che ancora oggi conserva intatta dopo 70 anni, non avrebbe proprio alcun bisogno di essere modificata, dal momento che sono le leggi ordinarie che semmai non raggiungono gli effetti di governo della realtà, non certo un dettato che preordina la convivenza civile e politica tra gli italiani, tracciando linee di principio che tocca poi proprio alla legislazione ordinaria connettere alla realtà, ovvero al presente…

in sostanza la nostra costituzione traccia un modus operandi per la nostra democrazia parlamentare, frutto certo di una dittatura feroce e di una guerra cruenta che al loro termine necessitavano di un impalcato giuridico che potesse impedirne il riaffacciarsi alla storia del paese, ma al tempo stesso frutto di una riflessione sul futuro dell’italiano e dell’uomo, da fare in modo si potesse costruire nella democrazia, che i nostri padri costituenti vollero estendere in modo netto rispetto al passato, proprio per impedire che nel paese si riaffacciasse la tentazione di ricostruire esperienze drammatiche e fallimentari di “un uomo solo al comando”, si suonassero fanfare e agitassero gagliardetti, fez e pugnali o si volesse ridar fiato a quell’odioso sentimento che permea alcuni salotti buoni, che “in italia c’è troppa democrazia”…

ora, avremo tempo per entrare nei tanti dettagli tecnici, giuridici, politici, della riforma e del merito della stessa, per comprendere perché occorra dire NO a questa “follia” ai limiti della stessa democrazia, ma su un punto vorrei focalizzarmi per tentare un discorso che arrivi dritto alla sostanza delle cose, ovvero al perché gli italiani a cui preme la democrazia, dovrebbero bocciare questa deriva centralista che sposta troppo potere verso il presidente del consiglio, senza stabilire efficaci contrappesi istituzionali di garanzia e controllo, ma soprattutto cambiando surrettiziamente la forma di governo del paese, tanto da trasformarlo in una sorta di premierato forte (l’uomo solo al comando) che finora la carta costituzionale ed il senso democratico costruito intorno a questa e sorretto dai suoi principi, ha scongiurato, nonostante diversi tentativi di colpi di stato e nonostante un certo pensiero che dall’anticomunismo che faceva comunella con la mafia ed i fascisti alla P2, passando per la strategia della tensione, che continuava a ripetere quell’odioso “in italia c’è troppa democrazia”…

ed ha scongiurato proprio perché un dettato costituzionale forte e netto tracciava il limite invalicabile, oltre il quale non c’è più una democrazia frutto di un perfetto equilibrio tra i tradizionali poteri, esecutivo, ovvero il governo, legislativo, ovvero il parlamento, giudiziario, ovvero la magistratura, con elementi di garanzia corte costituzionale, presidente della repubblica, e, lasciamelo dire, i poteri decentrati, i territori, ovvero le tanto bistrattate regioni su cui occorrerà un discorso specifico, ma un’autocrazia travestita formalmente da democrazia (e dopo tutto quale è la prima cosa fanno i novelli uomini forti o meglio dittatori in fieri se non cambiare la costituzione a proprio piacimento, leggi putin, erdogan, chavez, morsi/mubarak/al-sissi e tanti altri?)…

ora qualcuno potrebbe obiettare che voler cambiare la carta serve a rendere più snello e veloce il paese, ma senza riflettere su quanto invece la velocità legislativa non dipenda affatto, o dipenda in minima parte, da quanto la costituzione prevede in termini di bicameralismo perfetto con i suoi doppi passaggi che confermano o emendano quanto una delle due camere ha stabilito e che per il sottoscritto se ben esercitato rappresenta una garanzia, soprattutto in tempi di premi elettorali che costruiscono maggioranze artificiose magari in una sola camera, ma dalle incongruenze e dagli appetiti smodati che spesso si scatenano con emendamenti che vanno a soddisfare questa o quella lobby, questa o quella cordata, senza entrare nel merito migliorativo, ma semplicemente aggiungendo, sottraendo, modificando strumentalmente particolari legislativi che, in tutta evidenza, rappresentano sempre non punti di merito politico, ma veri e propri grimaldelli per gli interessi di qualcuno verso qualcosa…

e mi sia consentito dire che, vista l’attuale tendenza del governo a presentare inusitatamente decreti leggi da approvarsi a colpi di fiducia, sorretta da maggioranze costruite sul porcellum prima e sull’italicum dopo, a misura della volontà di un segretario di partito (ovviamente anche con le annesse lobbies che lo sorreggono), entro 60 giorni dalla presentazione, di quale mancata velocità legislativa stiamo parlando?…se un provvedimento è urgente, la costituzione prevede già un iter, quello del decreto che consente di correre dietro alla realtà, quindi la questione velocità legislativa è strumentale e legata al fatto che al governo non interessa un confronto con il parlamento, ma una semplice ratifica, così si insiste su questa demolizione del bicameralismo, quando in realtà non solo il senato non solo non scompare, ma diviene un nodo gordiano che rende ancor più difficile il percorso legislativo, introducendo molteplici tipologie di iniziativa legislative rispetto alle attuali e complicando semmai ancor di più la questione della semplicità dell’iter legislativo…

no, agli estensori di questa riforma non interessa rendere il percorso legislativo più semplice, abolendo definitivamente il passaggio al senato, come pur apparirebbe ovvio a chi volesse il superamento del bicameralismo,  ma costruire indotto dal meccanismo di elezione dei “senatori”, una mera camera di conferma di una volontà legislativa ordinaria che il governo avoca a sé, ma che non appartiene al governo, ma al parlamento, che in questo modo viene “scippato” alla funzione che lo stesso rappresenta…altro che semplicità, qui si trasforma una camera che altrimenti avrebbe potuto essere uno strumento utilissimo all’espressione e partecipazione dei territori alle scelte del paese, in un punto di “ristoro e trastullo” per eletti, ma occorrerebbe dire nominati viste le modalità elettive, che all’occorrenza debbono sostenere il governo…

tutto qui e prova ne è il fatto che mentre si costruisce un senato che non sappiamo cosa rappresenti, si interviene massicciamente sul capo V della costituzione, tagliando notevolmente le prerogative legislative e di competenza delle regioni, costruendo un nuovo centralismo statale che non solo nega la riforma dello stesso titolo V, che certo poteva funzionare meglio con legislazione ordinaria ed una decretazione attuativa migliore su cui invece occorreva intervenire, ma la stessa costituzione che nel 1970 porta alla creazione delle regioni, ovvero alla delega locale di poteri, ovvero ad una maggiore vicinanza alla gente, ovvero ad una maggiore democrazia nelle scelte, ovvero, se volete, a quel federalismo solidale che tutti auspichiamo…oddio proprio tutti no, visto che molti sostenitori del si alla riforma, forse non lo sanno, ma sostengono il ritorno di molte funzioni di governo del territorio allo stato, con ciò favorendo un processo che è all’opposto della logica stessa della democrazia, ovvero distribuire più vicino possibile alla gente il governo delle cose…

ma tranquilli, pur apparendo il mio disquisire un salto nel merito tecnico della riforma, in realtà il passaggio serve per arrivare ad un punto nodale…

stante che questa riforma, in questi citati, come in altri esempi possibili, sembra voler produrre come effetto primario quello di un incontrovertibile accentramento di potere nelle mani di una figura esecutiva, quindi del capo del governo, l’esprimere un si od un no alla riforma richiedono a questo punto una considerazione profonda che pur dobbiamo porre come motivo della nostra scelta, ovvero se l’idea di democrazia che abbiamo è quella di uno solo che comanda e che fa arrivare i treni in orario (questa non prendetela come offesa, ma come una esagerazione dialettica per farci comprendere meglio la questione), allora voteremo si, perché crediamo che la democrazia rallenta gli affari (ma di chi?) e che in italia forse c’è troppa democrazia e confusione da governarsi in una unica sede, quella del governo (magari senza pensare che se oggi vi rassicura renzi, domani chi potrebbe seguire creato lo strumento?)…

se invece crediamo che la democrazia sia l’esatto opposto, qualcosa che non si lascia obbligare dai tempi degli affari di qualcuno, ma che pondera e condivide le responsabilità delle scelte, grandi o piccole che siano, qualcosa che non accentra, ma decentra, qualcosa che richiede una seria riflessione su come sia funzionata la democrazia nel paese finora per cambiare ciò che va cambiato, a cominciare da noi stessi, maturando tutti insieme ed uno per uno, e non gettare via il bambino con l’acqua sporca, allora voteremo NO a questa riforma, perché amiamo l’idea stessa della democrazia come collettività responsabile…

perché la democrazia significa se non tutti, almeno molti…

uno o pochi è invece altra materia…e nell’autunno che verrà dovremo scegliere proprio questo…

miko somma