comunicato stampa di comunità lucana

Quella ferrovia che ”non s’ha da fare”.

Ciò che colpisce durante la risposta del ministro Franceschini all’interrogazione dell’on. Latronico è quella sciatta tranquillità con cui, a fronte di tronco ferroviario quasi ultimato e di capitale importanza per la coesione regionale, questi risponde che altro si farà, ovvero l’ovvio collegamento ferroviario di Matera con Bari, certo doveroso in vista del 2019, ma che non sembra tenere affatto conto né delle somme ingenti spese finora per la Metera-Ferrandina, un collegamento visibile a chiunque nell’aavanzato stato di realizzazione, né della importanza strategica che un simile asse avrebbe sia nell’ottica di rendere più “meridionale” il sistema dei trasporti ferroviari italiani, sia di tenere unita una regione altrimenti destinata a ruotare satellitarmente verso la Puglia, da un lato, verso il sistema petrolifero dall’altro.

Risulta infatti evidente che a Matera “inglobata” de facto nella regione adriatica – si chiaro che l’unità di un territorio si fa con le infrastrutture di collegamento e non con le buone intenzioni o i perimetri regionali tracciati sulle carte geografiche – della Basilicata come oggi la conosciamo rimarrebbe, accorpamento delle regioni o meno, una provincia di Potenza, il cui principale assetto di interesse nazionale sarebbe appunto quello degli idrocarburi e della produzione energetica, tanto da poterla configurare come l’hub energetico del paese.

E che il ministro parli a nome di un governo le cui intenzioni più che chiare sono di smembrare l’entità amministrativa regionale della Basilicata e sfruttare le risorse petrolifere in modo massivo sino ad oltre quel 15-20% della percentuale di fabbisogno energetico nazionale garantito dal petrolio lucano, come alla dimenticata, ma ancora attiva strategia energetica nazionale del 2013 (fine governo Monti, quando avrebbe dovuto limitarsi al solo disbrigo degli affari correnti, in attesa del nuovo governo), ci può anche stare, vista la forte attività di lobbying che le compagnie da tempo intrattengono con questo esecutivo ed altri esecutivi prima di questi, ma ciò che non è tollerabile è la supina accettazione da parte di una giunta e del suo presidente renziano e di un consiglio regionale discutibile dunque nella sua capacità di comprensione delle dinamiche, di un vero diktat del governo che apre la strada alla macellazione di una regione ed alla scelta dei sui tagli migliori da porre sul bancone di un supermercato delle multinazionali del settore energetico.

L’asse Matera- Ferrandina, gentile presidente e gentili membri di giunta e consiglio regionale, è nei fatti l’unica possibilità di tenere unita la regione, anche oltre la celebrazione di Matera 2019, di fronte a sfide che si annunciano mortali per gli sciagurati governanti che non riescono o non vogliono tenere uniti i territori e le loro peculiarità di fronte alla rapacità di un sistema economico che omogenizza, metabolizza ed espelle i reflui delle risorse dei territori che incontra sul suo cammino di cacciatore-raccoglitore (a tanto è giunta la regressione antropologica di un sistema economico che si primitivizza sempre di più).

E se la risorsa Matera finirà nel tubo digerente di un sistema politico cultural-turistico che “se ne frega” della cultura dei territori e dei popoli, di cui è figlia anche la posizione amministrativa degli stessi, e che ad ogni costo persegue la sola maggiore appetibilità di una città meravigliosa rinchiusa in un facile hub che lascia già intuire chi guiderà e gestirà i flussi turistici, ossia la Puglia, la risorsa Potenza, ovvero gli idrocarburi, è meglio gestirla dopo aver rinchiuso questa in un isolamento di fatto che non sarà il freccia rossa per gli allocchi a mitigare, ed in una condizione di dipendenza assoluta del proprio bilancio dalle royalties, non essendo affatto difficile comprendere che per aumentare le proprie disponibilità finanziarie per ciò che della regione rimarrà, occorrerà se non più autorizzare delle nuove estrazioni (che già a leggi correnti ed a riforma costituzionale passata ancor di più ridurranno le regioni a comprimari consenzienti), quanto meno lavorare per diminuire o celare del tutto le contraddizioni e le opposizioni popolari che inevitabilmente si produrranno quando gli obiettivi di estrazione saranno chiari a tutti, compresi gli ingenui che credono ancora che questo presidente stia ben lavorando e non invece facendo da interessato assistente all’eutanasia programmata di una regione.

Ritengo che quella ferrovia che “non s’ha da fare” sia invece centrale per la sopravvivenza della regione e debba divenire l’oggetto di una forte presa di posizione di una comunità regionale che ripensa il proprio futuro e non lo subisce più, chiedendo a gran voce che quel tronco di ferrovia venga completato e messo in opera per consentire ad una comunità d’essere tale e non più una colonia posta in saldo.

Miko Somma, Comunità Lucana