Comunicato stampa di COMUNITA’ LUCANA

Non un barile, non un centimetro quadrato in più o sarà rivolta sociale

Avendo sempre considerato che le lotte territoriali non possono essere piegate o distorte ad alcuna logica di parte, dopo anni in cui ho condotto una lotta per la trasversale presa di coscienza del pericolo che estrazioni e ricerche di idrocarburi rappresentano per l’interezza del territorio lucano, in termini ambientali, sanitari, economici e di programmazione del territorio, e dopo aver lasciato che altri attori se ne facessero carico perché consideravo la lotta appunto non personale o di parte, ma a carattere popolare, ed in quanto tale da svilupparsi liberamente, e dopo aver “contaminato” il PD regionale sulla questione, martellando in ogni direzione ed a mezzo stampa sulla necessità che quel partito regione si facesse carico di una situazione che volgeva all’insostenibilità, è giunto il tempo che riprenda la battaglia per fermare questa deriva che rischia, ad art. 38 del c.d. decreto sblocca Italia pienamente operante, di travolgere e stravolgere la nostra regione.

La questione è semplicemente vitale per il nostro territorio. Stanno giungendo al pettine, 72 sindaci su 131 della nostra regione farebbero bene, se già non lo fanno a considerarlo, i nodi irrisolti per anni da una politica regionale inconsulta che ha “galleggiato” tra la finta ignoranza con cui troppo spesso ha trattato la questione petrolio in termini di sole royalties, dimentica persino di responsabilità precise legali, legislative ed etiche in termini di controlli ambientali e sanitari, e l’irresponsabilità di “affidarsi” ad una parte politica, quella renziana per intenderci, per la “mitigazione” di vecchi appetiti di compagnie (profitti) e stato centrale (introiti fiscali) sul sottosuolo lucano che proprio quella parte ha invece portato alla tavola di una regione ricattabile, perché priva di un’“economia dell’altrimenti” in grado di maturare altre priorità.

L’atteggiamento pilatesco del consiglio regionale che, domandandosi se non fosse il caso di opporsi in sede costituzionale a quel combinato disposto, nonostante ben oltre 15.000 firme di cittadini lucani (il 3% della popolazione) che chiedevano un atto di dignità territoriale e di resistenza nell’alveo delle potestà attribuite all’ente dalla costituzione, e che il sottoscritto, dopo un’auto-organizzata raccolta di qualche giorno su una petizione popolare, aveva consegnato alla presidenza del consiglio perché fungesse da “facilitatore” di una decisione che altre regioni non avevano avuto dubbi ad assumere, non ha giovato al far testare a chi di quelle disposizioni di legge sembrava ispiratore, confindustria e assomineraria, quella “volontà dell’altrimenti” che, posta in essere, avrebbe forse riconnesso una  politica regionale sentita succube o complice (dipende dai punti di vista), forse le due cose insieme, di quegli appetiti ed un popolo di Basilicata stanco ormai di essere preso in giro.

Questo il passato, anche recente, sul quale si posa un presente che era chiaro da anni, la corsa agli idrocarburi lì dove è notorio essi si trovano in abbondanza tale da giustificare gli investimenti iniziali, ma di cui non si è voluto prendere coscienza per inerzia, ignoranza pressappochista o meschino calcolo di carriere nazionali da giocarsi con aperture graduali della regione verso il divenire un unico, enorme, hub petrolifero, che pure il sottoscritto recitava da anni come un destino segnato per questa terra se non si fosse corso da subito ai ripari con dei secchi ed inequivoci NO ad ogni richiesta, a cui accompagnare azioni reali di crescista economico-sociale “oil-free”, non condizionate dai proventi o attività di lobbyng di compagnie individuate come partner, inseguendo invece le enormi e reali potenzialità della regione.

Il punto è ora, nel declinarsi di un presente che si sapeva sarebbe arrivato e di una “fame” certificata di risorse dei comuni ed inoltrata ad un ente regione ingolfato in un bilancio difficile a chiudersi dopo lo stop di 9 mesi delle royalties della Val d’Agri, stabilire una strategia che però dubitiamo concluda altro che un possibilista NI concordato dalla giunta regionale con i sindaci verso i permessi meno “pesanti” a livello ambientale nascosto dietro un NO di circostanza verso esposizioni maggiori (il permesso Monte Cavallo e le copiose sorgenti idriche dei monti della Maddalena è tale), mentre è invece giunto il tempo di decisioni con l’occhio che guarda al futuro di una terra che oggi sa di non voler divenire una colonia.

Ed allora che la politica sappia che ogni seppellimento di testa sotto la sabbia od ogni presa di posizione che non sia “non un barile e non un centimetro quadrato in più” porterà questa volta dritti alla rivolta sociale della popolazione lucana, rivolta a cui il sottoscritto non mancherà di dare il proprio contributo.

Miko Somma, COMUNITA’ LUCANA.