se un precario su 7 statali vi sembran pochi…

ansa – Nella Pubblica amministrazione si contano quasi mezzo milione di precari su un totale di lavoratori che sfiora i 3,5 milioni. E’ quanto emerge dai primi risultati del censimento permanente dell’Istat sulle istituzioni pubbliche. “Al 31 dicembre 2015 sono attive 12.874 istituzioni pubbliche che impiegano 3.305.313 lavoratori dipendenti, di cui 293.804 a tempo determinato, pari all’8,4%, e 173.558 non dipendenti (collaboratori, altri atipici e lavoratori temporanei)”, spiega l’Istat. Quindi in tutto tra contratti a termine ed atipici nella P.a. ci sono 467.362 lavoratori precari.   

Oltre la metà degli occupati nella P.a. è donna ma sono ancora poche quelle che ricoprono le posizioni più alte. Lo rileva l’Istat diffondendo i primi risultati sul censimento permanente delle istituzioni pubbliche. La presenza femminile è pari infatti al 56% ma negli organi di vertice “è limitata e pari al 14,4%”, sottolinea l’Istat…

e tanto per sfatare qualche mito, vi fornisco altri dati…

IN ITALIA 58 IMPIEGATI OGNI 1.000 ABITANTI. Un recente studio dell’Eurispes ha reso noto che in Italia si contano 58 impiegati nella Pa ogni 1.000 abitanti contro i 135 della Svezia, i 94 della Francia, i 92 del Regno Unito, i 65 della Spagna e i 54 della Germania. Inoltre, segnala sempre il rapporto, negli ultimi 10 anni l’Italia ha visto diminuire i propri dipendenti pubblici del 4,7%, mentre tutti gli altri hanno assunto: +36,1% in Irlanda, +29,6% in Spagna, +12,8% in Belgio e +9,5% nel Regno Unito.

In Italia i dipendenti pubblici ‘pesano’ per l’11,1% del Pil. In Danimarca il dato è pari al 19,2%, in Svezia e Finlandia al 14,4% mentre Francia, Belgio e Spagna spendono, rispettivamente, il 13,4%, il 12,6% e l’11,9% del Pil.

Distribuiti principalmente al Nord – con 409 mila addetti la Lombardia è la Regione con più dipendenti pubblici, seguita da Lazio e Campania.

INSEGNANTI E VIGILI DEL FUOCO: Raffrontando i salari di insegnanti e vigili del fuoco italiani con i loro omologhi britannici, il quadro che viene fuori è tutt’altro che esaltante. Nel primo caso, scrive Perotti (economista e docente alla Bocconi di Milano), «le remunerazioni medie degli insegnanti sono più basse in Italia, sia in termini assoluti che in rapporto al Pil pro-capite».
Nel nostro Paese lo stipendio di un docente delle scuole elementari, nel quale sono incluse le indennità e le spese accessorie, è di 24.849 euro contro i 37.400 (in media) degli inglesi. Stesso discorso vale per gli insegnanti della scuola superiore: 28.547 euro è ciò che percepiscono i nostri, 41.930 quelli di Sua Maestà.
Non va diversamente se l’analisi si sposta sui vigili del fuoco. «Anche in questo caso», sostiene l’economista, «le remunerazioni britanniche sono nettamente maggiori, sia in valore assoluto sia in rapporto al Pil. In questo caso la differenza, sia assoluta sia percentuale, aumenta con il grado».

Perotti ha però confrontato le retribuzioni dei vertici di quattro ministeri italiani (Politiche agricole, Esteri, Economia e Salute) con quelle degli omologhi britannici. Nel primo caso, l’Agricoltura, guidato da Martina, un capo di gabinetto italiano guadagna 275 mila euro contro i 192 mila del permanent undersecretary britannico: una differenza del 43%.
Al dicastero guidato dalla Lorenzin, invece, un direttore di dipartimento percepisce circa 294 mila euro, il 45% in più del permanent secretary inglese (192 mila)….

«I dirigenti di vertice italiani sono troppi, e iperpagati», sottolinea Perotti. «Non esiste alcuna giustificazione per remunerazioni così alte. Semmai, ci si aspetterebbe l’opposto»