passaggio alla città…

Ho perduto la schiavitù contadina,

non mi farò più un bicchiere contento,

ho perduto la mia libertà.

Città del lungo esilio

di silenzio in un punto bianco dei boati,

devo contare il mio tempo

con le corse dei tram,

devo disfare i miei bagagli chiusi,

regolare il mio pianto, il mio sorriso.

 

Addio, come addio? Distese ginestre,

spalle larghe dei boschi

che rompete la faccia azzurra del cielo,

querce e cerri affratellati nel vento,

pecore attorno al pastore che dorme,

terra gialla e rapata,

che sei la donna che ha partorito,

e i fratelli miei e le case dove stanno

e i sentieri dove vanno come rondini

e le donne e mamma mia,

addio, come posso dirvi addio?

 

Ho perduto la mia libertà:

nella fiera di Luglio, calda che l’aria

non faceva passare appena le parole,

due mercanti mi hanno comprato,

uno trasse le lire e l’altro mi visitò.

Ho perduto la schiavitù contadina

dei cieli carichi, delle querce,

della terra gialla e rapata.

La città mi apparve la notte

dopo tutto un giorno

che il treno aveva singhiozzato,

e non c’era la nostra luna

e non c’era la tavola nera della notte

e i monti s’erano persi lungo la strada.

rocco scotellaro, passaggio alla città, 1950