Comunicato stampa

Fatto un errore, se ne fa un altro

 

La decisione del tribunale del riesame di annullare la richiesta di sequestro del cantiere Tempa Rossa non ci coglie affatto impreparati ed in un certo senso ce lo aspettavamo tutti, per via forse di quell’abitudine ormai acquisita a guardare con attenzione alle cose lucane.

 

Attendiamo certo di leggere il dispositivo di annullamento della richiesta del g.i.p. Pavese e ribadiamo la più piena fiducia nella indipendenza della magistratura, ma alcune considerazioni di merito vanno pur fatte.

 Il tribunale era chiamato a decidere della validità dei presupposti per il sequestro del cantiere e non circa la validità dei procedimenti penali in corso che continuano a presentare elementi gravissimi di correità dell’intero estabilishment della Total impegnato in Basilicata nella gestione dell’appalto stesso e nel più ampio meccanismo di “svendita delle risorse lucane” che il pm Woodcock ha ben indicato nella sua richiesta di arresti nei confronti di alcuni soggetti implicati.

Elementi tuttora validi a far comprendere quanto sia l’intero sistema a monte dello sfruttamento del petrolio lucano ad essere ammantato di sospetti di irregolarità ed allegre gestioni che solo la cecità della ragione si rifiuta ancora di accettare come un dato di fatto.

 

A questo riguardo occorre dire che, sia esso un fatto culturale – si vuol far trivellare ed estrarre perché pare che questo per alcuni porti progresso e benessere che nessuno ha per la verità ancora mai visto – sia esso un fatto di intrinseca incapacità di opposizione che la politica lucana esprime di fronte alle pressioni del sistema delle multinazionali – incapacità che ha ragioni e motivazioni assai complesse, ma non per questo giustificanti atteggiamenti “passivi” della regione Basilicata di fronte al dato che la gran parte del territorio regionale viene e verrà ad essere interessato da permessi ed istanze di ricerca e coltivazione di idrocarburi ed altri progetti similari in quanto ad impatti sul territorio – si deve registrare la stanca reazione dell’opinione pubblica.

 

Opinione pubblica ostaggio ormai di un’informazione a senso unico che pilota il binomio cantieri – lavoro su una corsia posta quasi ad arte ad un livello superiore a quello legge – tutela dell’ambiente, fino a creare una sorta di imprinting culturale che porta il marchio dell’inevitabilità di alcuni progetti pur a fronte di palesi violazioni se non della legge stessa, almeno della ragione.

 

Quale sia infatti il senso di convegni, incontri e tavoli su turismo, agricoltura di qualità, programmazione del territorio, conservazione del patrimonio bio-tipico, valorizzazione delle risorse endogene, di fronte alla pervasività di alcune intraprese industriali estrattive che nei fatti limitano fino all’impedimento proprio quelle attività non ci è dato conoscerlo, a meno non si tratti o di ipocrisia ad uso e consumo di una pillola della felicità e del sonno del raziocinio o di schizofrenia di un sistema incapace di confrontarsi con la realtà.

 

Realizzato il sito di Tempa Rossa, nello spazio di soli venti chilometri in linea d’aria ci saranno ben due centri olli – Viggiano ed appunto Corleto Perticara – impianti che molti fonti considerano vere e proprie raffinerie, in una condizione di concentrazione industriale specifica forse unica al mondo, anche in virtù di enormi evenienze e peculiarità ambientali, ma soprattutto in una condizione di impatto sul territorio e rischio per la salute umana che, valutando tutte le perplessità che alcune conferenze stampa hanno lasciato, andrebbe forse spiegata meglio alle popolazioni della zona.

Che si dica chiaro allora, assumendosene tutte le responsabilità politiche e civili, che se a Viggiano ed in Val d’Agri qualcosa non ha funzionato, a Tempa Rossa due sono le possibilità, o che le cose vadano meglio perché ci si è impegnati sulla scorta delle esperienze pregresse – ed il buongiorno in questo caso si è visto dal mattino! – rappresentando un banco di prova della trasparenza, della tutela ambientale, economica, sociale e della democrazia, o che si è forse ancora una volta sbagliato a credere che, fatto un errore con l’accordo di programma del ‘98, il secondo poteva essere evitato in guisa di una maggiore conoscenza dei fatti – ed a questo punto se sbagliare è umano, perseverare non è solo diabolico, ma è anche molto stupido. 

Miko Somma,

 portavoce Comitato No Oil Lucania

coordinatore Comunità Lucana