una riflessione amara

consentitemi qualche considerazione su un avvenimento triste accaduto ieri in città…tornavamo da viggiano con gli amici abruzzesi del locale comitato che si oppone al centro olii sulla loro costa, desideroso di capirne di più di quanto a loro veniva spacciato come “il miracolo lucano del petrolio” ed appena arrivati qualche voce, che richiedeva verifiche, parlava di un uomo, disoccupato da lungo tempo, che nell’atrio del comune di potenza si era cosparso di liquido infiammabile e si era dato fuoco…dopo qualche verifica la cosa risultava vera…ora non voglio parlare del fatto in sè, cosa che i giornali credo stiano già ampiamente trattando, ma riflettere alla luce di quanto accaduto su qualcosa…in questa città esiste un profondo disagio e sia esso causato dal dramma di non avere un lavoro o da altro, esiste un disagio che ormai si materializza in gesti eclatanti a cui la nostra città non era certo preparata…o forse faceva finta di non esserlo o magari era cieca del tutto…questa città è stata per anni propagandata sommessamente come una comunità dove forti erano ancora i legami di solidarietà e questo in un certo modo ci rendeva meno scontenti di vivere in una piccola provincia, quella piccola provincia di cui sentivamo tanti pesi, economici, sociali, di emarginazione dalle rotte dei saperi, le mille cose che tra un passo e l’altro lungo via pretoria tutti ci siamo sempre ripetuti, quasi consolandoci di non vivere in una “metropoli cattiva”, la metropoli come la si vede dalla piccola città…la metropoli è cattiva, inquinata, sporca, insensibile alle urla, tanto assuefatta al dolore ed alla violenza da conviverci con la noncuranza cinica della paura e della sopportazione, la metropoli è contraddizione lacerante, è contrasto che acceca ed induce a proteggere lo sguardo rivolgendolo altrove, la metropoli è tante cose, rapine, spazzatura, porte di casa che si chiudono velocemente alle minacce possibili di un pianerottolo, l’accortezza quasi maniacale nel dover scegliere il momento di attraversare una strada, la povertà, la disoccupazione…bene, mentre continuavamo a cullarci nel mito della città tranquilla, mentre qualcuno ci cullava ancora in questo mito, poco per volta i margini di sopravvivenza, di umanità, di solidarietà dei più deboli venivano impercettibilmente logorati anche qui da un sistema economico crudelmente darwiniano che necessità naturalmente delle sue vittime…tutti erano preoccupati, quasi asetticamente, mentre qualcuno pur denunciava lo stato di progressivo decadimento…tutti erano preoccupati, quasi da lontano, mentre lo sfilacciamento sociale proseguiva lentamente, ma inesorabilmente, fino ad arrivare, come in ogni processo della modernità, quasi d’improvviso al collasso…ma come è possibile, non c’eravamo accorti di niente?…e allora succede che un uomo si dà fuoco e la città si sveglia e comincia ad interrogarsi, qualcuno in profondità, qualcuno con la superficialità flemmatica del pantarei, qualcuno con la bonomia giullaresca del carpe diem, qualcuno non si interroga affatto, qualcuno se ne fotte e basta (me la permettete questa forzatura?)…e così il disagio, quello stato che per chi lo vive è il bisogno primario non soddisfatto e per il quale si prevede che non ci sarà mai realisticamente un soddisfacimento, poco per volta si è affacciato agli occhi della gente, è esploso fino a diventare finalmente visibile e quindi reale in questa nostra società fatta di icone e miti, e poi magari, passata la sorpresa che ci ha schiaffeggiati, tutto rischia di passare solo come una notizia, un dato percentuale, una fredda statistica, qualche riga sul giornale di quel giorno (e che il giorno dopo sarà la cosa più vecchia del mondo, diceva montanelli, carta straccia, esattamente come la notizia)…oggi ho preferito non leggere affatto di questo avvenimento penoso eppure così prevedibile nella disperazione di chi proprio non può farcela, per riflettere da me sulla radice delle cose e per non leggere alcuna prevedibile ipocrisia di qualche politico o di qualche benpensante, che a pancia piena riflette sulla fame altrui…e come sempre accade quando è la pelle che ascolta il senso del mondo di quel giorno, ho provato rabbia, tanta rabbia…rabbia per chi parlando di governance, di finanza, di strumenti normativi, di apparati industriali ed estrattivi, di royalties, di imprese, di distretti industriali e di tutte le sovrastrutture a cui siamo usi prestare sempre più stancamente rassegnati l’attenzione, dimentica che il primo dei compiti della politica è la sollevazione dal disagio, attraverso l’annullamento dei bisogni…checchè ne dica montezemolo e qualche destrorso-sinistrorso-centrorso molto più interessato al suo potere che alla vita vera della gente…ed è rabbia, non demagogia…miko somma.

credo di poter porgere a questo sfortunato, a nome di tutto il comitato no oil potenza, i più vivi auguri di una pronta guarigione delle ferite del corpo, se non di quelle dell’animo. 

2 pensieri su “una riflessione amara

  1. no, non è presunzione, ma la colpa di certi avvenimenti dorvemmo cercarla in ognuno di noi che non siamo abbastanza capaci ad essere degli ottimi imprenditori e garantire un posto di lavoro per tutti, la politica dovrebbe favorire l’imprenditoria locale con degli incentivi. Cerchiamo di porre l’imprenditoria davanti alla politica ! enrico langone

  2. cerchiamo di porre il lavoro, la sua sicurezza, la sua giusta retribuzione, la sua giusta valorizzazione davanti a tutto…l’imprenditoria organizza il lavoro e lo rende funzionale ad un progetto che da privato possa avere una sua funzione pubblica, come recita testualmente la nostra costituzione…gli imprenditori, quelli piccoli o comunque quelli che mettono la loro faccia in fronte al mondo e non un anonimo consiglio di amministrazione sono solo parte di un processo collettivo che attiene all’economia e che da vizioso deve diventare virtuoso.

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