verso un modello altro di piano energetico regionale – 2

2.  accorciamento delle reti di distribuzione

Accorciare le reti di distribuzione significa in primo luogo eliminare o limitare all’indispensabile i grandi elettrodotti o più in generale tutte le strutture di distribuzione che non afferiscono alla capacità di produzione energetica sviluppata in loco.

L’accorciamento delle reti distributive che dalla rete principale connettono le reti diffuse delle comunità ha il duplice scopo sia di diminuire sensibilmente la grande dispersione di energia trasportata lungo le stesse linee principali, dispersione inevitabile che si tramuta in un sensibile spreco energetico ed in un pericoloso inquinamento elettromagnetico, sia di rendere di fatto le singole comunità quasi del tutto indipendenti da fenomeni interrutivi generali ed anomalie energetiche, quali black-out ed abbassamenti di tensione, derivanti da accadimenti esterni alla comunità stessa (tutti ricordano quanto successe qualche anno fa in tutto il paese in conseguenza di un incidente di rete che per via dell’interconnessione massiva si riverberò anche in zone lontanissime e tutto sommato abbastanza autosufficienti in termini di produzione).

Appare ovvio che l’accorciamento delle grandi reti di distribuzione debba riguardare solo il trasporto massivo ed unidirezionale di energia, non certo il trasporto di quelle quantità rese minime, ma tuttavia sempre necessarie per assicurare la fornitura sia di quanto la comunità non riesce a produrre per scarsità oggettiva di fonti energetiche locali, sia degli eventuali picchi energetici derivanti dalla presenza di nuclei industriali ed attività sociali ad alto assorbimento che inflenzano notevolmente il consumo locale e la conseguente sovradimensione che gli impianti dovrebbero assumere per soddisfare tali esigenze produttive e sociali.

Per ciò che attiene il ritorno di energia in rete del superfluo energetico (i bassi consumi notturni o dei lunghi periodi di ferie e di esodo) e della produzione energetica locale eccedente i consumi stessi, tornerò in seguito in termini di bi-direzionalità dello scambio energetico.

Ovviamente gli elettrodotti, o le altre strutture distributive, alleggeriti della quantità di energia che oggi trasportano per via di quanto detto al punto 1. e che afferisce alla strutturazione verticale della produzione/distribuzione di energia, si troveranno nella condizione di dover necessariamente diventare più piccoli e quindi meno invasivi, meno strategici, meno costosi in termini di manutenzione, meno impattanti sia visivamente che fisicamente, in termini di costo ambientale della costruzione degli stessi, e di inquinamento elettromagnetico, meno vincolanti la struttura distributiva totale, in sostanza meno importanti per l’economia ed il vivere civile di quanto non siano adesso, costituendo di fatto l’ossatura necessaria o meglio il sistema arterioso intorno al quale e con il quale è organizzata la nostra società.

Ed è evidente che costituendo il sistema attuale di produzione/distribuzione organizzato in senso ortogonale verticale il sistema vitale attraverso cui passa l’alimentazione energetica dello stesso concetto di civiltà che oggi conosciamo, lo spostamento in senso orizzontale non può che non condurre verso una radicale e generale perdità di strategicità del mezzo fisico (l’elettrodotto o quant’altro) attraverso cui si arriva al fine pratico (il controllo non-democratico) dei consumi, in quanto affare per quelle strutture economico-politiche, da tutti conosciute come multinazionali, spesso travestite da enti di dubbio carattere pubblico, ma di sicura finalità privata (in italia vedi enel, eni, italgas, etc.).

L’accorciamento delle reti di distribuzione e la loro limitazione al ciclo locale favorisce inoltre la presa d’atto di una responsabilità politica sia delle popolazioni che delle amministrazioni alla gestione materiale del bene comune energia ed all’attuazione di scelte responsabili e mature di cui saranno le stesse amministrazioni a dover rispondere di fronte alla propria comunità, con un ritorno in termini di auto-gestione collettiva e di democrazia diretta di grande valenza politica e sociale per un futuro in cui non “possono” trovare più spazio quelle logiche di sfruttamento delle risorse, dei territori e degli esseri umani che li popolano, che appaiono sempre più ideologici di un certo sistema di organizzazione economica e politica le cui conseguenze sono ormai visibili a chiunque nelle forme dello stato di degrado dell’ambiente e della condizione umana attuale.  

miko somma (continua)