verso un modello altro di piano energetico regionale – 3

3.    autosufficienza energetica e modelli di consumo consapevole

Chiariti due concetti essenziali per la comprensione di un passaggio fondamentale, quello della trasformazione del concetto di energia dalla categoria “merce” alla categoria “bene comune”, proseguiamo verso i concetti di autosufficienza energetica e di consumo consapevole, premettendo che l’uno non può sopravvivere senza l’altro.

L’autosufficienza energetica è una condizione di entropia, di equilibrio, tra la conservazione ottimale di un territorio e dei  rapporti naturali che vi insistono, e dai quali l’uomo e le sue attività non prescindono, e quanto lo sviluppo delle sue fonti energetiche rinnovabili riesce a fornire in termini di energia assoluta per il soddisfacimento dei bisogni civili ed economici della popolazione residente, tenendo conto di quanto sviluppato ai punti 1. e 2. precedentemente illustrati.

Un modello di consumo consapevole è una pratica organizzativa ed operativa, preceduta da studi specifici sul territorio e le sue potenzialità energetiche, volta ad assicurare l’ulteriore equilibrio tra quanto ragionevolmente producibile in termini energetici, senza alterare i ritmi e le capacità di autorigenerazione naturali, e quanto ragionevolmente consumabile sempre in termini energetici, affinchè siano fatti salvi la conservazione del territorio e le vocazioni socio-economiche locali.

Ciò vale a dire che se un territorio è in grado, in termini assoluti e previ attenti studi, di produrre un certo quantitativo di energia da fonti rinnovabili, è sul quel quantitativo che si deve programmare il consumo energetico di quella comunità (fatti salvi alcuni principi di salvaguardia sociale già espressi al punto 2.). Vale ulteriormente a dire che spetta ad ogni comunità assicurarsi quei quantitativi di energia sufficienti ad i propri partecipati modelli di sviluppo e di consumo, nella logica della auto-produzione locale.

Su un piano immediatamente pratico è compito dell’ente sovraterritoriale mettere a disposizione dei singoli comuni, o insiemi territorialmente ed infrastrutturalmente omogenei di comuni, gruppi scientifici di studio che individuino in cooperazione con gli stessi enti locali, quali siano le risorse energetiche da mettere a sistema sulla scorta di un modello di gestione e consumo delle stesse risorse che non può non essere tarato, fatti salvi ovviamente i bisogni essenziali altrimenti non soddisfacibili, sulla possibilità che un territorio offre a forme di sviluppo che proprio a quel territorio, alla sua conservazione ed alle sue possibilità energetiche debbono fare assoluto riferimento…passiamo ad un esempio per così dire in negativo…come si può pensare ad un rapporto di entropia tra uomo e territorio nel comune x, se il sindaco del comune x non tiene conto delle vocazioni possibili del territorio, individuando modelli di sviluppo non sostenibili, come uno stabilimento di stampaggio di materie plastiche in una zona vocata all’agricoltura?…logica vorrebbe che se in quel territorio uno sviluppo industriale debba esserci, questo debba tener conto della vocazione primaria del territorio stesso e quindi allo stabilimento di stampaggio andrebbe preferito uno di trasformazione e/o conservazione di prodotti agricoli, o meglio ancora una serie di piccole attività artigianali consorziate che operino proprio su quei prodotti agricoli…ecco un caso di modello di sviluppo, e quindi di consumo consapevole, tarabile in senso quasi assoluto sulle vocazioni del territorio e sulle possibilità energetiche dello stesso, partendo dalle quali è possibile sviluppare piccoli impianti di produzione energetica, sufficienti ai bisogni reali ed il cui controllo sia direttamente nella mani dei consumatori, nella logica di una responsabiltà collettiva del bene comune.

Ovviamente simili dinamiche non riguardano solo l’economia, ma investono direttamente la vita quotidiana, a maggior ragione quando l’economia stessa, nei suoi processi produttivi, si integri quasi completamente nella vita quotidiana degli abitanti di una piccola comunità…continuando per esempi, un paese la cui economia ruoti principalmente sulla produzione, trasformazione, conservazione dei fagioli, vive la condizione di dover impostare tutti o quasi i suoi ritmi di vita proprio sulle scansioni temporali di queste fasi, individuando in esse gli eventuali picchi di consumo energetico ed il fabbisogno energetico totale a cui ottemperare direttamente sul luogo.

Ecco come si integrano perfettamente l’auto-sufficienza energetica delle comunità e quei modelli di consumo consapevole che non possono prescindere da modelli di sviluppo consapevoli, da favorire attraverso l’individuazione collettiva di ipotesi e percorsi sostenibili, democratici e condivisi, e non attraverso l’imposizione dall’alto di modelli che troppo spesso rispondono a logiche altre rispetto alle esigenze ed alle aspettative realistiche delle comunità.

miko somma (continua)    

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