verso un modello altro di piano energetico regionale-5

5.   logica dei piccoli impianti tarati sulle necessità locali

Chiariti alcuni aspetti teorici fondamentali, prima di passare alla fase pratica, analizziamo l’ultimo punto in elenco, un ultimo punto che appare una logica conseguenza di quanto già esposto precedentemente, la logica dei piccoli impianti tarati sulle necessità locali.

Risulta evidente che ad un sistema tarato sulle necessità ed i bisogni della comunità, corrisponda un dimensionamento degli impianti produttivi e distributivi strettamente proporzionato a questi e, d’altro canto, non potrebbe essere altrimenti in un modello generale che cerchi di attuare, a cominciare dal particolare via via fino al generale stesso, una politica energetica di stretto equilibrio tra quanto si produce e quanto si consuma.

Ovviamente viste quelle particolari esigenze energetiche che non potrebbero essere completamente soddisfatte in una singola comunità per via di una serie di motivi, quali picchi energetici in aree a forte antropizzazione civile e/o produttiva, mancanza oggettiva di fonti utilizzabili, esigenze di salvaguardia ambientale specifiche, vincoli idrogeologici pregiudicanti persino l’installazione di piccoli impianti, etc., è evidente che, nel rispetto di quegli stessi criteri di equilibrio ambientale, le dimensioni degli impianti potrebbero essere soggette ad ampliamenti che, pur andando oltre le reali necessità energetiche locali, facciano comunque riferimento ad una precisa programmazione sovraterritoriale e di comparto che tenga conto di esigenze solidaristiche e di un conto energetico generale, seppur ristretto all’ambito regionale, in una cornice più ampia di accesso democratico al bene comune energia.

Ciò vale a dire che se il comune x ha necessità pari a 10 unità energetiche (uso il termine unità a semplice esempio e non come reale unità di misura), è solo da una accorta programmazione generale che comprenda le esigenze e le capacità produttive generali, che può derivare la decisione di tarare le dimensioni dell’impianto di produzione del comune x su un numero di unità energetiche maggiore, allo scopo di riequilibrare in un ambito territoriale più ampio, gli squilibri produttivi generali, fatti salvi tutti i principi ambientali di salvaguardia.

Le eccedenze produttive energetiche quindi andrebbero reimmesse in una rete breve, prevedendo per il comune fornitore benefici non direttamente economici e ciò allo scopo di impedire una “rimercificazione” del bene comune energia.

Dopo questi cinque capitoli di esplicazione dei principi teorici che stanno alla base di un piano energetico che prevede, per sua stessa natura, una rivoluzione copernicana nel settore energetico e nell’approccio alla dinamica di comprensione collettiva del tema energia, svilupperemo passo per passo tutte le fasi pratiche, a cominciare dai processi produttivi e di rete, dai costi del sistema e dal reperimento dei finanziamenti, dai benefici concreti per le popolazioni e dalla rafforzata cura per le esigenze di una tutela generale del bene ambiente che non può più prescindere, per oggettivi motivi di sostenibilità del sistema, da interventi coraggiosi ed immediati che a partire dal locale e dai bisogni del locale, si estendano presto e sistemicamente ad un più ampio ambito comprendente l’intera idea di società, di ambiente e di sviluppo attualmente dominante.

miko somma (continua)