il mondo che vorrei

il petrolio e gli idrocarburi rappresentano un’obsolescenza che, come Rifkin spiega, appartiene all’epoca della seconda rivoluzione industriale…aspettiamo, come lui dice, la terza, quella delle energie rinnovabili…perfetto, noi le amiamo, ma occorre dire un paio di cose sull’argomento che pare sfuggano a Rifkin…fino a quando la detenzione dei mezzi di produzione energetica rimane nelle mani di una ristretta oligarchia di soggetti e della loro rappresentanza politica, nulla di risolutivo, nessun cambiamento in discontinuità con un passato di rapina alla terra ed agli esseri umani potrà mai accadere…

la logica stessa della produzione verticale di energia e dell’imposizione di un modello di consumo non verrebbe affatto a modificarsi se eni, shell, total o chi altro cominciassero da domani a produrre bio o solare e neppure interessati ritorni ad improbabili scelte nucleari (sempre autoreferenzialmente sicure!) cambierebbero molto nel meccanismo di produzione-consumo-dipendenza…il mondo che noi vorremmo è un mondo fatto di autosufficienze energetiche cellulari unite in rete, cioè piccole strutture tarate sul territorio e sul suo numero di abitanti volte ad ottenere il soddisfacimento delle esigenze energetiche primarie (case, uffici, piccole industrie, fattorie) e capaci, ovviamente insieme a politiche culturali e tecnologiche sul risparmio energetico utili a diminuire gli sprechi, di concentrare i picchi energetici solo liddove le esigenze di forniture siano tali da non poter immaginare un’autosufficienza (grandi fabbriche, ospedali)…sulle prime, accorte politiche di isolamento termico unitamente all’installazione di sistemi misti di pannelli termico-solari e fotovoltaico statico e dinamico, microeolico ed impianti a biomasse (ove possibile) consentirebbero alla gran massa della popolazione di intervenire direttamente sulla composizione del consumo, riducendo la dipendenza generale dalle macroforniture e ricavandone immediati benefici in termici economici e, mi sia consentito dire, democratici…vale a dire che se ad ogni casa, condominio, unità agricola, ufficio o piccola industria corrispondesse un impianto di autoproduzione tarato sulle effettive necessità e di cui siano gli stati e non i singoli cittadini ad assumersi i costi (sia per un’onerosità che non è consentita a molti, sia per il carattere strategico-sociale che ciò implica), il sistema energetico si sgraverebbe dei carichi civili diffusi, concentrando la fornitura solo in casi specifici…l’intera società risparmierebbe non solo in termini di consumo di petrolio o equivalenti e quindi inquinamento, ma si libererebbe dalla dipendenza dai grandi gruppi….altro che paesi arabi o venezuela!…chi determina la produzione e quindi i prezzi (anche attraverso il meccanismo dei future principale veicolo della speculazione), di conseguenza gli assetti socio-economici dell’intero pianeta (leggi guerre e regimi a varia intensità antidemocratica) sono e saranno i grandi gruppi finanziari di cui il sistema petrolio è una delle componenti…considerare la produzione di energia come un bene comune da non assoggettare al sistema privato non significa la nazionalizzazione tout court del settore, ma la preminenza dell’interesse pubblico alla produzione di un bene essenziale ed alla sua distribuzione secondo criteri sociali ed economici al tempo stesso…vale a dire che, fatti salvi tutti i costi di gestione, distribuzione, sviluppo, ogni fonte energetica, se rinnovabile e non impattante, dovrà essere a disposizione di chiunque intenda usufruirne a costi al netto da ricavi per terzi…il mondo che vorrei è questo…niente impatto sulla natura, cambiamento degli stili di vita, democrazia energetica…ognuno dei tre parametri non sopravvive senza gli altri…questo è il mio sogno, la nostra lotta contro uno dei troppi pozzi di petrolio ne è forse una tappa…abbracci eco-compatibili a tutti. Miko….(sono a disposizione di chiunque per meglio chiarire il mio pensiero)