Le elezioni dove a trionfare furono i programmi e le idee
In un clima elettorale che paradossalmente in nulla sa di elettorale, stiamo assistendo alla più totale mancanza di argomenti da parte dei concorrenti, o quanto meno all’assoluta elusione delle problematiche reali per concentrarsi piuttosto su un’immagine da scuderia in cui il candidato riflette aspettative non più legate all’idea di quale regione si vorrebbe che costui realizzasse, dando così alle idee una matrice causale di quanto si propone poi come obiettivo programmatico, quanto piuttosto assistiamo ad una proiezione di un “altro da sé” che attiene molto più alle argomentazioni generali della politica nazionale, che alla realtà strettamente locale ed alle sue problematiche peculiari di fatto messe da parte, come la polvere spazzata sotto il tappeto.
Riflessi di una bizzarra campagna elettorale che dall’ambito amministrativo è traslata con la consapevolezza degli attori principali alla questione politica nazionale, assumendo così un ruolo referendario sull’operato del governo, piuttosto che rimanere concentrata ai temi locali ed alle proposizioni delle singole parti politiche a riguardo.
Capita così che ai temi territoriali più fortemente sentiti, occupazione, sanità, petrolio, energia e problematiche ambientali, questione morale e tutto quanto sarebbe inutile ripetere poiché pane quotidiano dei lucani alle prese con una crisi sistemica locale nella più generale crisi economica globale non affatto finita, non si risponde con idee concrete che marchino differenze legittime di visioni politiche e così di soluzioni proposte, quanto piuttosto si palesano iconografie più o meno speranzose, più o meno contenenti la parola magica di “futuro” o quella utopica di “sviluppo” senza tuttavia entrare mai nel merito, rimanendo volontariamente sul generico non impegnativo.
Come sulla questione petrolio, dove tutti si affannano a dichiarare il loro impegno per l’aumento delle royalties, ma nessuno prospetta l’inserimento delle estrazioni – certo una questione di interesse nazionale resa ancor più centralistica dal decreto 1355 – in una seria cornice di vincoli stringenti posti a livello regionale che tengano prima di tutto in conto la salute umana, la preservazione dell’ambiente, la vocazione specifica dei territori e la loro destinazione a medio-lungo termine in una prospettiva temporale che arrivi fino al giorno in cui, terminato il greggio, rimarrà solo la damigiana.
Ovviamente nessuno che commenti il “fatto” di una regione che se altrove si è stabilito debba diventare un campo petrolifero ed una fabbrica di energia, localmente potrebbe trovare stimoli sufficienti a negare o quanto meno ricondurre in un alveo di ragione richieste energetiche non tollerabili dalla fragilità del territorio e che invece nel PIAR trovano una loro matrice legislativa che consacra la regione a divenire un unico campo energetico, ancorché di energie rinnovabili, un inceneritore per rifiuti assimilati alla legna ecologica, una piattaforma si sostegno per centinaia di pale eoliche.
Abbiamo più volte ripetuto che la deregulation che di fatto lo strumento programmatorio ed i suoi ultimi emendamenti autorizza è nei fatti il prologo di una tragedia che vedrà impianti di produzione energetica fino ad 1 mw autorizzati mediante la semplice presentazione di una d.i.a. (Dichiarazione di Inizio Attività) ai comuni nel cui territorio l’impianto sorgerà – poco si dirà, ma con un emendamento si consente ad impianti distanti
Abbiamo dichiarato che il P.S.R. (Piano di Sviluppo Rurale) in alcune sue misure rivolte alla produzione agricola no-food pare voler incoraggiare solo le produzioni bio-energetiche, fino al punto di prevedere un’azione specifica dello stesso, la 3.11, a sostegno dell’individuazione di terreni adatti ad ospitare sia l’agri-produzione che il loro passaggio da terreni incolti con contribuzione europea gestita dall’ARBEA a terreni idonei alla allocazione di impianti produttivi energetici (dobbiamo dire chi è il dirigente dell’ufficio?), in una logica dove basterebbe conoscere con qualche anticipo lo sviluppo delle linee di intervento del PSR per rastrellare sul mercato quei terreni a prezzi irrisori e lucrarne con la vendita o l’affitto dei suoli stessi ai costruttori degli impianti di ogni tipologia, in una tipologia di reato che se per ipotesi riguardasse un consigliere regionale o magari un assessore (che in anticipo quelle linee potrebbe conoscerle bene) il diritto anglosassone definirebbe insider trading ed il nostro diritto romano definirebbe invece aggiotaggio – per carità, parliamo per il momento di sole ipotesi!
Abbiamo parlato di un piano di contabilizzazione delle risorse forestali propedeutico ad un piano di forestazione produttiva che pare voler destinare al “pianta – cresci – taglia – brucia come bio-massa” buona parte del territorio lucano da rimboschire per ben altre motivazioni anche produttive e di protocolli di intesa per la quantificazione del carbonio detenuto nelle foreste lucane che fungerebbero da crediti regionali di emissioni di CO2 rispetto ai “debiti” che il PIEAR stesso ci consegnerebbe e che ci esporrebbero al rischio di multe devastanti dall’Unione Europea
Abbiamo detto che alla data attuale
Ed abbiamo detto ancora dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali e di come riportare in forma di opportunità ciclica il loro trattamento attraverso la legge regionale sulla reindustrializzazione, e dell’economia che crediamo la nostra regione possa supportare ben oltre le strenne dello sviluppo continuo (o meglio della sua icona a fini di facile consenso) in un modello territoriale basato sul turismo eco-compatibile, l’agricoltura tradizionale e più in generale sull’organizzazione delle fasi distributive, e via discorrendo in un lungo elenco di proposizioni tutte firmate Comunità Lucana – Movimento No Oil, ma che nessuno ha sentito e sentirà mai in questa campagna elettorale.
Il problema però non è la nostra mancata partecipazione per motivi che saranno a conoscenza e che vanno dagli ostacoli frappostici alla raccolta delle firme, alla strana concorrenza di liste erosive a livello di raccolta delle stesse, difficoltà “gestite” da parti politiche che vedevano in noi un pericolo alla stabilità dello status quo, il problema è nella constatazione che alla miriade di criticità macroscopiche si risponde con pochi argomenti, poche idee e soprattutto massicciamente general-generiche.
Queste elezioni potrebbero essere ricordate come le elezioni che da un oggi senza prospettive, condussero ad un domani inesistente, un domani fatto di promesse demagogiche di impegni che verranno “in futuro” nella constatazione che “tutto va bene, nonostante tutto”, di cavalieri della santa croce che inneggiano a valori pericolosi se declamati come vendetta divina del giusto sul malvagio con quel pizzico di populismo fatto di “più trippa per tutti”, di pseudo-bellicismi lealisti in salsa di comparizie spiccia (tanto il candidato presidente ha la sua leggina ad personam per entrare in consiglio a ripagarsi).
Queste elezioni potrebbero essere ricordate come quelle che riconsegnarono ai lucani un presidente uscente a garanzia di accordi fatti e di quelli ancora da fare proprio sull’energia.
Una noia mortale in un deserto programmatico da far rabbrividire e che ci porta a dire che queste elezioni non saranno ricordate come le elezioni in cui i programmi e le idee cambiarono il presente.
Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana – Movimento No Oil