Comunicato stampa di Comunità Lucana – Movimento No Oil

Il belletto prima degli sponsali

 

 

 

Fa ben strana impressione apprendere che a soli pochi mesi dalla trasformazione dell’acta in s.p.a., trasformazione che seppur a capitale per il momento interamente nelle mani del comune di Potenza, ha di fatto privatizzato il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti nel capoluogo, le tariffe della TARSU aumentino del 15%-17% motivate da un aumento del costo di raccolta e smaltimento.

 

Stando alle dichiarazioni di Domenico Iacobuzio, ex assessore con delega ai rifiuti alla provincia di Potenza fino alla scorsa consiliatura ed oggi proiettato ai vertici della s.p.a., tale aumento deriva dal costo degli smaltimenti presso la discarica di Salandra e da non meglio precisati aumenti dei costi di raccolta (peraltro non rilevabili almeno a partire dal momento della trasformazione della azienda in società di capitali) e non già dagli oneri della costituzione degli organi societari e dagli adeguamenti dei relativi stipendi alle condizioni dell’offerta privatistica, pur se in subordine ammessi chiaramente.

 

Detto in altri termini e riportando le parole dello Iacobuzio se l’acta-azienda era presieduta da un presidente e tale carica era di tipo politico, oggi la carica di presidente di acta spa non lo sarebbe più in maniera determinante e comporterebbe oneri e responsabilità fino ad ieri evidentemente minori e che oggi necessitano di essere retribuiti alle condizioni di mercato.

 

Peccato che la sua nomina a presidente della società sia stata di schietto orientamento politico e non certo frutto di un affidamento del compito sulla base di capacità manageriali che lo stesso non ha mai dimostrato nel settore in questione, essendo state le sue nomine sempre di tipo politico.

 

Ciò naturalmente pone una domanda, quella se il presidente si sentisse meno impegnato e responsabile nell’espletamento di un servizio strategico come la raccolta e smaltimento degli RSU ieri, da amministratore eletto, e non oggi, da presidente designato, ed in maniera tale da doversi proprio oggi compensare adeguatamente ciò che ieri non lo era? O almeno questa domanda pare al sottoscritto consequenziale alle dichiarazioni rese dallo Iacobuzio alle telecamere del TG3 regionale.

 

Ma nei fatti, oltre a tali dichiarazioni, vi è da rilevare che il costo materiale del funzionamento di una spa è enormemente maggiore di quello di una municipalizzata, dovendosi costituire un consiglio di amministrazione composto da un presidente, almeno un direttore e un numero consistente di consiglieri, oltre ad un collegio di revisori dei conti, un collegio sindacale e via discorrendo, senza che naturalmente questo debba in automatico portare ad un miglioramento del servizio, che rimane penoso come qualsiasi cittadino può notare dai cassonetti strapieni del multimateriale, che certo non prende la via di Salandra, ma bensì di Tito, sede dell’Ageco e della differenziazione a contratto che il comune intrattiene con questa, o ad una razionalizzazione dei costi che semmai continuano a salire.

 

Ai più smaliziati tra i lettori non dovrebbe però sfuggire il fatto che tutte queste manovre, ancorché di bassa lega, portano direttamente a S. Luca Branca e al suo inceneritore che mai potrà partire e per il cui collaudo la città posta una montagna di soldi solo per coprire procedimenti amministrativi degli anni passati che necessitano di un atto finale, il collaudo appunto, per evitare l’interessamento della corte dei conti, propedeutici ad una chiusura immediata dell’impianto ed alla costruzione di un nuovo, più moderno, ma sempre inutilmente dannoso, inceneritore la cui “necessità” si renderebbe palese per un problema di costi, di discariche piene e via discorrendo, in un’alimentazione coatta dell’opinione pubblica che incenerire sia una via obbligata.

 

Ma non dovrebbe neppure sfuggire che a privatizzazione ormai avvenuta, a casse comunali vuote e risonanti di vuoto, occorra rendere remunerativo l’affare per suscitare l’interesse di privati veri che rilevando quote di capitale porterebbero ossigeno ad un comune disastrato nelle sue finanze, e lo si fa ritagliando già da ora un margine operativo di due milioni di euro l’anno, tale almeno dovrebbe essere il maggior cespite rinveniente dagli aumenti annunciati. Fare impresa in condizioni assicurate di margini operativi è cosa ovviamente semplice e che si destina in genere agli “amici” delle proprie cordate politiche, alla faccia di ogni logica di mercato, nel solco delle privatizzazioni all’italiana, con l’aggravante della continua, ipocrita presa per i fondelli della cittadinanza e dell’intelligenza residua.

Perché non si ha il coraggio almeno di dire che acta spa è già in vendita, che gli acquirenti già esistono e che a pagare il belletto prima degli sponsali saranno comunque e sempre i cittadini?

 

Ci si ricordi almeno che i servizi, le aziende, i comuni, persino le sedie su cui alloggiano i deretani degli amministratori sono di proprietà di generazioni di cittadini che le hanno pagate con le proprie imposte e non certo degli “illuminati” di turno – ed a scorrere gli illuminati sindaci di Potenza negli ultimi 30 anni c’è da rabbrividire – prima di disporre del patrimonio cittadino come di cosa propria, magari ricordando anche che i cittadini non andrebbero mai considerati come semplici somministrati senza alcun diritto, ma piuttosto come soci del cui parere tener di conto.

 Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana – Movimento No Oil