Comunicato stampa di Comunità Lucana – Movimento No Oil

L’onda nera in Louisiana farà riflettere la Lucania?

  

La cronaca del disastro ambientale sulle coste della Louisiana in seguito al crollo della piattaforma petrolifera ed alla fuoriuscita dal pozzo sottomarino di 5.000 barili al giorno in estensione continua sulla superficie marina del Golfo del Messico e giunte ormai a toccare l’ecosistema irripetibile delle paludi alla foce del Mississipi, in un disastro dalle dimensioni maggiori perfino del crack ambientale causato dalla petroliera Exxon Valdez, dovrebbe far riflettere anche la nostra petrolifera Lucania.

 

Obietterà qualche strenuo sostenitore del petrolio-risorsa che da noi non ci sono piattaforme marine, ma si ricrederebbe costui di fronte al dato di due permessi di ricerca di idrocarburi in mare appena al largo della battigia metapontina?

 

Permessi di ricerca che posano su alcune certezze, che esistano cioè giacimenti di idrocarburi al largo delle coste lucane in continuità geo-morfologica con i giacimenti di Val d’Agri, Val Sauro e Val Basento, che vi sia per le esplorazioni in mare una sorta di by-pass da azioni di tutela da parte delle regioni visto che le coste sono territorio regionale, ma non le acque marine, che le royalties dovute allo Stato siano del 4%, che infine un recente decreto abbia di fatto espropriato le regioni di quasi ogni competenza in materia di estrazioni terrestri, figurarsi per quelle marine.

 

Per realizzare un pozzo in mare è ovvio che a trivellarlo non si possa che farlo dall’alto di una piattaforma, idem pompare petrolio da inviare a terra ad un centro olii per la desolforizzazione e di seguito immetterlo nell’oleodotto esistente per il suo trasporto fino alla raffineria di Taranto o caricarlo direttamente all’interno di navi-cisterna. Dal permesso alla piattaforma il passo è davvero breve.

 

La possibilità così di vedere presto al largo della costa metapontina qualche piattaforma petrolifera intenta a trivellare il fondo marino stagliarsi sull’orizzonte senza fine delloJonio è prospettiva dalla concretezza reale contenuta nei tempi brevi dell’accelerazione ai permessi che il ministero dello sviluppo economico sembra voler perseguire con caparbietà proprio nella nostra regione.

 

Dovrebbero aprirsi a rigor di logica democratica riflessioni in merito, anche a seconda della visione del bicchiere, mezzo pieno per gli ottimisti, mezzo vuoto per tutti gli altri, che porrebbero in un caso la prospettiva di un incidente ad una piattaforma o anche di “semplice” fuoriuscita di greggio come eventualità remota, statisticamente improbabile o comunque compensabile dai benefici relativi,  oppure come eventualità probabile e non soggetta che al caso od all’imperizia tecnica, statisticamente significativa rispetto anche al minimo danno eventuale che produrrebbe ad una zona a forte vocazione turistica ed agricola e ricca di evenienze ambientali da preservare (ricordiamo solo le cinque foci dei fiumi Bradano, Basento, Cavone, Agri, Sinni, oltre alle aree protette).

 

Danni eventuali per nulla compensabili dai potenziali benefici in termini di ricadute economiche dirette od indirette sul territorio prospiciente, benefici sulla cui sostanza e destinazione molto c’è da dire. In ogni caso rischi di incidenti la cui entità, sia pur rapportati alla doppia visione del bicchiere, sarebbero di gran lunga superiori a quelli osservabili in Val d’Agri, considerando che la natura sottomarina delle trivellazioni ed i movimenti ondosi a volte anche impetuosi lungo quella costa creerebbero situazioni potenzialmente critiche e molto più difficili logisticamente a controllarsi.

 

Non si deve essere necessariamente Cassandra per comprendere che, ben oltre i danni ambientali, anche il rischio minimo di incidente in fase di estrazione o trasporto del greggio avrebbe tali enormi ripercussioni sul turismo e sull’agricoltura locali – e sul turismo le avrebbe a prescindere, a meno non spunti qualche sindaco calvellese del mare a dire che si farà il turismo idrocarbur-balneare! – da dover stimolare all’ente regionale una tutela preventiva molto più cauta che in passato, attraverso negazioni da trasformarsi in atti politici nell’immediato, prima che si arrivi al fatto compiuto nel silenzio delle informazioni in merito, un sudario troppe volte steso su autorizzazioni in materia fatte passare come atti dovuti  – e ricordiamo le autorizzazioni concesse durante la vacatio elettorale!

 

Chiediamo pertanto alla giunta De Filippo ed al neo-assessore all’ambiente Agatino Mancusi di voler procedere da subito, non solo a fornire alla comunità esaustive informazione in merito, ma ad attivarsi al più presto presso tutte le competenti sedi ministeriali ed europee con ogni atto di diniego politico ed amministrativo circa i permessi per la ricerca di idrocarburi in questione, in una soluzione di continuità inequivoca con la facilità di delibera che ha finora contraddistinto le nostre giunte regionali a partire dagli anni novanta fino ad oggi e ci ha di fatto trasformati in una colonia.

Detto in soldoni, non vorremmo che dopo tutti gli incidenti, dall’esplosione del pozzo a Policoro ai ribaltamenti di autocisterne cariche di greggio, dopo le perdite, le sgasate di idrogeno solforato, benzene ed altro e dopo le sfiammate al centro olii di Viggiano, a sfiammare ora fosse anche il mare. 

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana – Movimento No Oil