Comunicato stampa di Comunità Lucana – Movimento No Oil

Una prospettiva agghiacciante

 

 

11 ore di ascolto del dibattito in Consiglio Regionale sulle dichiarazioni programmatiche della giunta De Filippo bis, oltre alla prostrazione visibile di oratori e ascoltatori messi a dura prova dalla giornata, qualcosa hanno prodotto, il sostanziale via libera ad un programma di governo della regione basato su una visione economicista delle problematiche regionali che assurge a dogmatico pensiero unico.

 

 

Il clima “lucano” che si respirava dalle dichiarazioni, sia pur su toni e gradazioni ovviamente differenti, di preoccupazione per una già grave situazione economico-sociale della regione, esasperata da una politica nazionale di stampo leghista che pratica una secessione sui fondi statali dall’equivoco nome di federalismo fiscale, è stata l’unica nota davvero positiva di un dibattito che sembrando incentrarsi su una politica condivisa del fare, orchestrava però solo sterili contrappunti ad una totale incapacità – quella condivisa davvero – di prospettare per la regione scenari di futuro possibile in cui sia la nostra peculiarità di un rapporto tra popolazione e territorio che porta ad alti indice di “naturalità”, ad essere il vero brand per un rilancio dell’economia lucana con tutto ciò che ne consegue, se assumessimo a valore l’incontaminatezza del territorio usandolo come esoscheletro per l’intero sistema produttivo.

 

Si è abusata la citazione di analisi condivisibili sullo stato delle cose e che purtroppo sono i rapporti Svimez, Unioncamere, Bankitalia a palesare drammaticamente come la crisi di sistema a cui occorre trovare soluzioni forti, anch’esse di sistema, ma gli argomenti di De Filippo, nell’articolazione già nota delle proposte programmatiche che vedremo quanto e come saranno governo, e degli interventi dei consiglieri e relative parti politiche a cui è seguita la replica tombale del presidente, sanno di stantio, odorano cioè di visioni che paiono volere elaborare risposte alla crisi fondandosi soltanto sull’ulteriore sfruttamento delle risorse naturali, quasi fossero allocate su comodi scaffali da cui prelevarle e non contenute in un territorio da cui estrarle, e della cui cura in rapporto allo sfruttamento attuale non si è data menzione negli interventi, eccezion fatta per Mazzeo che ha posto il problema che da sempre si pone, se le risorse cioè vadano solo conteggiate economicamente o se non esista anche un rilevante prezzo sanitario, ambientale, vocazionale per il loro sfruttamento che già la regione paga.

 

Se infatti alla crisi di sistema regionale, stando alle parole del presidente sia nel documento che nella replica finale, sembra potersi rispondere anche attraverso la rinegoziazione degli accordi sul petrolio, e stante l’ammissione che rivedere le royalties è possibile solo ricorrendo a modifiche di leggi dello stato di cui maggioranze parlamentari che non vediamo dovrebbero farsi carico – cosa che contrasta con le demagogie elettorali – come giudicare le sue parole e quelle di Santochirico, ex assessore all’ambiente, di voler richiedere a compagnie il cui compito non è la misericordia per la regione, dei maggiori investimenti locali se non attraverso concessione di facilitazioni ed ulteriori pareri favorevoli alle loro attività, con buona pace di tutele sanitarie ed ambientali su cui in maniera ostinata (leggasi ARPAB) si continua a non fare accenni nella triste saga del tuttapostismo nostrano?

 

O credono presidente, ex assessore ed il gruppo dirigente intero del PD di avere tanta forza politica ed economica da poter minacciare ostacoli alle compagnie in cambio di atteggiamenti più generosi e meno padronali di quanto esse stesse non concedano oggi? O piuttosto, come da venti speriamo sia stata la nostra propensione alle teorie complottiste a creare da buone intenzioni altrui, non dobbiamo aspettarci mediazioni da parte dello Stato che finirebbero per regalarci si maggior vantaggi petroliferi, ma al prezzo di siti di stoccaggio di materiali tossico-nocivi comprese quelle scorie nucleari di cui si continua a pensare in certi ambienti debba essere proprio la Lucania a farsi carico?

 

Ma è in generale il tema energia – parliamo di PIEAR e SEL – che ci lascia perplessi su atteggiamenti che sembrano voler trasformare strumenti di investimento straordinari, i piani e le società strategiche, in strumenti di ordinaria manutenzione di una crisi che ad altri sbocchi dovrebbe far pensare che alla contrattazione di quei pochi posti di lavoro che alla fine il piano porterà in regione e alla miseria delle cessioni dei diritti di superficie in cambio del Far West energetico che si sta scatenando ed a risparmi per le bollette energetiche delle amministrazioni, quando si poteva orientarli entrambi alla costruzione di un sistema energia-bene comune tutto lucano.

 

Che il presidente De Filippo e con lui i mentori dell’internazionalizzazione dell’economia regionale sia preda di ansia da marketing energetico per attrarre investimenti in grado di rispondere al dramma occupazionale è noto – dovremmo ricordare la frase della bella donna che non sa vendersi? – e non stupisce che nella contingenza si ponga in primo piano il futuro da programmare perché diventi buon governo e non mai il passato da cui nasce l’oggi, quel passato di “errori” che parla di sprechi di miliardi di euro di gestioni clientelari dei fondi pubblici le cui conseguenze ora si scaricano su tutti.

 

Meno noto è che si sia deciso per quel futuro di svendere il territorio in un’agghiacciante prospettiva di trasformarlo trasversalmente in damigiana petrolifera, pila elettrica, forno e pattumiera da rifiuti.

 

Ma di tutto questo in consiglio regionale ieri non s’è parlato affatto, poteva “allarmarsi” qualcuno.

       

Miko Somma, coordinatore regionale di comunità lucana-movimento no oil.