Comunicato stampa di Comunità Lucana – Movimento No Oil

Un cambio di passo o un cambio di gambe?

 

Se configurino dei reati gli avvisi di garanzia sulle presunte indebite percezioni di contributi agricoli U.E. saranno i tempi tecnici di esame prima degli eventuali rinvii a giudizio e definitivamente tutti i gradi di giudizio a stabilirlo, se delineino poi anche uno scandalo saranno invece la memoria a volte corta e la coscienza civica collettiva a volte latitante dei lucani a dirlo, ma una riflessione sul settore primario e sulle relative politiche di programmazione e sostegno tocca pur aprirla.

 

Il reato di truffa nella percezione di contributi comunitari al settore agricolo è purtroppo un reato divenuto ormai comune e che coinvolge quasi sempre vere e proprie associazioni a delinquere che mettono sullo stesso piano sia alcuni imprenditori del settore, sia alcuni funzionari pubblici delegati agli esami delle pratiche ed ai loro controlli formali e sostanziali, ma spesso anche le categoria dei consulenti e dei tecnici redattori dei progetti per i quali si richiede sostegno pubblico.

 

Ed è proprio questo il punto, se cioè il sostegno pubblico all’intrapresa agricola privata intuita come l’elemento centrale nella filiera generale dell’alimentazione, necessitante di strumenti finanziari per sorreggerne lo sviluppo di idee e progetti, sia ancora in grado di riassumere nella sua essenza la cura che il sistema politico-economico le deve in virtù del suo ruolo o se non si debba, alla luce dei fatti, rimodularne principi e strumenti attuativi per valutarne efficacia, valore e naturalmente quella giustezza di attribuzione che è il grande punto interrogativo sotto il quale prospera il sottobosco del malaffare diffuso che intreccia controllori e controllati in una sodalità imbarazzante e criminale.

 

La Basilicata, come tutte le regioni individuate nell’Obbiettivo 1 delle politiche comunitarie di sviluppo rurale, ha usufruito di molte centinaia di milioni di euro, e ancor prima di migliaia di miliardi di lire, per il sostegno, miglioramento e sviluppo del proprio settore primario e per una serie di azioni collegate, scontando un sostanziale ed epocale fallimento di tutte le politiche agricole messe in campo finora.

 

Se è infatti vero che il settore agricolo lucano è in uno stato di crisi perpetua ciò è senz’altro dovuto ad una serie di fattori che dall’apertura dei mercati a produzioni estere a minor costo che penalizzano le aree produttive vocazionali alle intemperie divenute in questi anni devastanti nella estremizzazione dei fenomeni atmosferici, dallo spostamento d’asse dal produttore alla grande distribuzione della formazione del prezzo alla maggior incidenza dei costi fissi esterni, sarebbe ingiusto non considerare ma senz’altro la parte del leone in questo disastro è stata giocata da errori di programmazione e dal vizio di un certo familismo amorale che hanno trasformato la contribuzione agricolo da strumento di investimento basato sulla validità del progetto e sulla professionalità del proponente a strumento di rendita basato sulla proprietà fondiaria e sulla postazione nelle filiere del consenso clientelare.

 

Detto in altri termini, a beneficiare delle contribuzioni più che i progetti produttivi validi e che meglio si inserivano in cornici di una programmazione generale di medio-lungo periodo per altro assente ed i soggetti realmente attivi nel settore, sono stati i “progetti di carta” redatti da progettisti che miravano alle percentuali fisse di progettazione e studio previste nei finanziamenti stessi, preliminarmente esaminati con superficialità e spesso colpevole connivenza da più o meno zelanti funzionari regionali che poco di agricoltura reale conoscono, a volte controllati a consuntivo proprio dagli stessi, attribuiti infine a soggetti che più nell’attività agricola in sé, era nella proprietà di vaste estensioni di terreno ed in determinate postazioni politiche, sociali, economiche occupate nelle piramidi del consenso che reggeva e regge il sistema politico dominante che trovavano causale d’accesso ai finanziamenti.

 

Senza scendere troppo in antipatici dettagli, estensioni di terreni mai stati agricoli e che da decenni ormai usufruiscono dei contributi per la messa a riposo produttivo dei campi pesano come macigni su azioni del PSR che alla perequazione del reddito agricolo in zone di prossimità ad aree protette (non atte quindi alle coltivazioni intensive e soggette a rotazione colturale) pure dovevano andare per la quasi totalità – suggerire come proprio questi poi siano i più “vocati” alla destinazione a produzioni da bio-masse potrebbe allontanare troppo dal tema – o quelle strane coincidenze tra grandi percettori di contributi agricoli e consiglieri regionali, provinciali e comunali che inducono persino i cauti a pensare che chi detiene informazioni e potere decisionale diretto od indiretto ha una marcia in più nell’utilizzo pratico delle stesse informazioni, farebbero pensare più ad un sistema in cui la contribuzione agricola è “cosa loro” che ad un sistema in cui sia cosa pubblica, al netto ovviamente di ogni spreco.

 

E’ così necessario un cambio di passo che imponga legalità e trasparenza nella gestione di fondi che viene logico pensare se non sia anche necessario un deciso cambio di gambe per assicurare quella programmazione di settore che finora non si è neppure posta il problema di un mercato ortofrutticolo lucano come primo passo per garantire l’accesso protetto delle merci locali almeno al mercato locale.

 

Mentre ci chiediamo se in Lucania in agricoltura finora si sia fatta più programmazione o “gestione”, ci auguriamo che la magistratura questa volta vada davvero fino in fondo, ma proprio in fondo.

 Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana – Movimento No Oil