pensieri

oggi cadeva il quarantennale dell’eccidio di kindu, che molti non ricorderanno o di cui non si ha menzione alcuna, ma che per chiunque vada al cimitero di potenza ed abbia occhio alle cose è ricordato dalla tomba di un militare lì sepolto…nessuna retorica, ma pubblico, da una nota fb e con il consenso dell’autrice, il pensiero non comune in questi tempi di retorica patriottarda…e credo sia il ricordo migliore…un grazie a cristina per i suoi pensieri e per il permesso di pubblicarli su questo blog

KINDU 11/11/1961 POTENZA 11/11/2001

 

Lutto privato e tributo di sangue alla Nazione. Pena d’intima familiarità perenne e spietata contabilità militare. Quella che seppellisce i compagni caduti nella storia ed è costretta ad andare avanti. Fedele nei secoli. Votati all’obbedienza. Quella che resta immobile per il tempo di un “silenzio”, che avvolge il tricolore in un fucile, e che è pronta all’azione un attimo dopo. 

E’ giusto che l’apparato militare non perda di vista l’obiettivo che i governanti assegnano ad esso. E’ giusto che ogni famiglia con un soldato caduto nell’esercizio del dovere si succhi il proprio dolore in silenzio nell’esercizio quotidiano  della dignità. Mi è difficile immaginare un cordone che tenga insieme nel tempo parenti, cittadinanza e militari che non sia la sola fusione di tutti questi uomini in un unico grande esempio. Altra strada è impraticabile e, forse, imperfetta di amorevole giustizia. L’unico rendiconto dei fatti che consegni alla memoria storica ed al dolore privato la consolazione che meritano. 

Personalmente, non concepisco che la pace arrivi da chi imbraccia un’arma, anche se il suo è un casco blu, soprattutto se gli hanno ordinato di farlo. Non me la bevo quando camuffano con l’imposizione della democrazia, la tenuta di equilibri politici ed economici internazionali che niente hanno a che fare con la libertà dei popoli e che molto meno hanno a che fare con i veri ideali nobili che muovono i nostri soldati. Non accetto il ringraziamento dei Governi a tutti i livelli per il così detto tributo di sangue versato dalla Basilicata alla guerra civile Congo-Belga nel 1961. Prima missione UNUC cui partecipò l’Italia.  

Quale tributo? Non c’era da pagare una tassa. Quale partecipazione alla storia? L’eccidio di Kindu non ha deviato il corso della guerra, non ne ha fermato gli orrori. I tredici aviatori della 46° brigata di Pisa sono stati smembrati e venduti al mercato come trofei di guerra, prima di finire ancora non si sa in che condizioni in due fosse comuni. E poi, non so in che percentuale, in Patria e nei sarcofagi che da 50 anni ne vegliano il sonno. 

Mi sono sempre chiesta da dove arrivasse il kalashnikov che ha ucciso mio zio. Chi l’abbia venduto o a chi sia stato sottratto per poi finire nelle mani di un guerrigliero congolese che  ha sequestrato, processato, condannato e ucciso mio zio Nicola e dodici suoi commilitoni nel giro forse di un paio di giorni. Magari di una manciata d’ore. Mi sono sempre chiesta perché l’abbia fatto, quali le  motivazioni, di chi le responsabilità. Domande inevase, giustizia mancata per chi vittima non fu e, per me, mai lo sarà. Mio zio ha scelto di servire la Patria. Si è arruolato per portare il pane in famiglia, aiutare il mio bisnonno malato, completare gli studi. Mio zio Nicola non è un eroe, né ha mai voluto esserlo.  

E’ il ciclostile di tante storie moderne del Mezzogiorno che nessuno vuole conoscere. Giovani che si scrollano dalle spalle la disoccupazione, indossando una divisa per mangiare. Non ci vedo niente di eroico in tutto ciò, solo tanta dignità. Meno ne trovo nelle medaglie d’oro al valor militare date da un Governo Italiano tirato per il bavero dai parenti delle altre vittime, manchevole esso sì del doveroso tributo di verità mai concesso anche chi, come me, ereditò memoria, ideali, esempio e con essi il dolore di famiglia. 

Gli eroi tendono ad essere vittima dell’idolatria. Spariscono i difetti, le paure ed i loro egoismi. Trascendono l’umana condizione, essi che l’hanno incarnata. Gli eroi non esistono e se non sono Ulisse se ne perde memoria delle gesta e del nome. L’esempio, la capacità di tenere la schiena dritta anche innanzi al proiettile che ti ucciderà, il senso del dovere e della coerenza quelli sono eterni e quelli dovrebbero essere ricordati su tutti i muri. Potenza, la storia dimentichino pure i 13 aviatori di Kindu. L’umanità non perda il senso dell’esempio. Questo il significato che do alla morte del Sergente Maggiore montatore, Nicola Stigliani. 

Cristina Ferrara

pronipote di Nicola Stigliani 

Un pensiero su “pensieri

  1. non si tratta del quarantennale ovviamente, ma sono trascorsi 49 anni dai fatti citati…l’equivoco nasce da una posposizione della cifra 2010 con 2001, così il calcolo fatto in automatico è risultato falsato…chiedo pertanto scusa ai lettori ed alla stessa cristina

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